Era bello sapere che mia madre mi aveva accettato per quello che ero, mio padre mi avrebbe letteralmente buttato fuori di casa se fosse rimasto ancora con noi. Ne sono certo.
Lei invece all'inizio mi era parsa offesa, sconvolta da quella notizia, ma poi, dopo un pomeriggio di paure e paranoie inutili, mi aveva semplicemente chiesto scusa e che le serviva solo un po' di tempo per analizzare e chiarire meglio in se stessa questa novità.
Durante la cena, aveva avuto modo di conoscere Tom, e lui mi è sembrato veramente molto dolce. Rispondeva a tutte le domande, raccontava piccoli dettagli della sua vita e non faceva altro che toccarmi la gamba da sotto al tavolo e avvicinarla a sè, come se da un momento all'altro potesse venire qualcosa o qualcuno in grado di portarmi via, lontano da lui.
Mi guardava, quando parlava di noi e di come era nato il nostro rapporto i suoi occhi si illuminavano, e io arrossivo ogni volta.
Ovviamente aveva tralasciato il fatto che durante il nostro primo incontro alla festa alla confraternita io avevo bevuto qualche bicchiere di troppo, e per essersi risparmiato questo piccolo particolare, gliene ero veramente grato.
A piccoli passi, stavamo uscendo allo scoperto, superando le nostre insicurezze e rompere quel guscio che ci eravamo costruiti per far sí che nessuno venisse a scoprirlo. E lo stavamo facendo insieme.
Mia madre lo aveva accettato, lo trovava davvero un bravo ragazzo, e tutta la preoccupazione che avevo accumulato in questo tempo dentro di me, stava piano piano svanendo.
Quella mattina, era sabato e io fortunatamente non avevo scuola. Mi sarei voluto svegliare accanto a Tom, guardando la sua faccia da angioletto ancora con gli occhi chiusi, ma mi ero dovuto accontentare di passare una semplice cena in sua compagnia.
Mi alzai, e senza neanche il tempo di guardarmi allo specchio, il mio telefono incominció a suonare.
Sospirai, e pensai al fatto che la gente oltre che stare dalla mattina fino alla sera davanti al telefono non avesse proprio nulla da fare.
Sbadigliando e strofinandomi un occhio, con la mano libera afferrai il dispositivo e notai che avevo diverse chiamate perse dal mio migliore amico, quindi, anche se appena sveglio non ero proprio dell'umore adatto per parlare, gli risposi.
"ciao" dissi semplicemente.
"finalmente mi rispondi" ridacchió lui.
"stavo dormendo, sai, non tutti passiamo il nostro tempo a rompere le scatole alle persone come te"
"che simpatico" ironizzó lui.
"sí infatti" gli risposi io, accennando un sorriso oltre lo schermo "perchè mi hai chiamato?"
"per sapere la risposta"
"la risposta a cosa?"
"Fred non te l'ha detto?"
"Detto cosa? Di che stai parlando?"
Lo sentii lievemente sospirare.
"È un cretino"
Ridacchiai.
"Che cosa doveva dirmi?"
"Ti ricordi quando ti ho detto che stavamo pensando di organizzare una piccola festa alla confraternita?"
Solo a sentire la parola "festa", il cuore mi balzó in gola.
"s-sí.... mi ricordo" affermai, immaginando già il motivo per cui aveva tentato di chiamarmi per tutta la mattina.
"abbiamo deciso di farla stasera. Mi dispiace avvisarti cosí tardi, ma avrebbe dovuto pensarci Fred"
"Se ne sarà scordato"
"sí infatti.... comunque, so già la tua risposta, ma ti chiedo lo stesso se hai intenzione di venirci, come ti ho già detto non sarà niente di esagerato"
Nella sua voce traspariva un tono di speranza. In effetti non accettavo spesso di partecipare ad una festa, poi alla confraternita, per accontentare tutti, se ne facevano molte, e ciascuno invitava qualcuno. Di solito andava a finire che George insisiteva e io per paura di deluderlo, mi arrendevo e finivo per acconsertire.
"Io...... ehm....."
Stavolta peró, era diverso.
Lo avevo promesso a Tom, e non potevo rifiutare all'ultimo momento. Dovevo resistere per una serata sola, potevo farcela.
"d'accordo"
"Ti prometto che sarà una cosa semplice"
"ho detto di sí"
"E che non inviteró gente strana"
"George, io...."
"e che non ci sarà troppa confusione"
"Ho accettato!"
"oh.... davvero?"
"sí"
"scusami, non ti ho sentito, non sono abituato a te che accetti subito, ho dovuto persino prepararmi delle motivazioni valide per convincerti"
"Se non la smetti cambio idea"
"Non è necessario" si affrettó a dire "Ci vediamo stasera, intesi?"
"sí mamma" dissi scherzosamente.
"Non chiamarmi cosí idiota"
"va bene, scherzavo"
"ciao" disse amichevolmente.
"ciao" ricambiai io, e riattaccai.
Non potevo già a prima mattina sentirmi lo stomaco cosí sottosopra per la notizia di una stupidissima festa, inoltre non avevo niente di decente da mettermi.
Scesi frustrato al piano di sotto, notai che era abbastanza tardi, quasi l'ora di pranzo, e mia madre era già uscita per andare al lavoro. Mi aveva lasciato del riso dentro un piatto, che riscaldai e mangiai.
Capitava ormai che restavo piú tempo del dovuto alla confraternita, ma da quando mi ero trasferito momentameamente lí succedeva spesso e lei non si preoccupava se non tornavo all'orario prestabilito, mi chiedeva semplicemente di chiamarla e di tenerla informata.
Alla fine, dopo aver svuotato l'intero armadio e aver passato il pomeriggio a disperarmi e camminare avanti e indietro nel tentativo di tranquillizzarmi, optai per dei jeans stretti e una camicia nera. Mentre mi guardavo allo specchio, mi venne quasi da piangere nel vedere il mio corpo che tanto disprezzavo. C'erano giorni in cui desideravo tanto strapparlo a pezzetti, tagliarlo, farlo sparire. E quella dannata camicia non faceva altro che aumentare le mie paranoie. Ci stavo ripensando, forse era meglio rimanere a casa a guardare un film, avrei potuto continuare Harry Potter, ma poi mi tornarono in testa gli occhi di Tom, e il fatto che gli avevo promesso che ci sarei venuto, e per lui, questo sacrificio potevo farlo. Non ne indossavo spesso, di camicie.Forse addosso agli altri ragazzi stavano bene, ma non mi era mai passata l'idea di paragonarmi a loro, io non ero adatto per indossare certi indumenti. Piuttosto mettevo felpe larghe in grado di coprirmi per bene, mi stavano decisamente meglio.
Mi feci una doccia, e cercai di pettinare i miei capelli meglio che potevo, poi, una volta pronto, aspettai l'ora giusta per avviarmi.
Era una serata fresca, e dato che in autobus fortunatamente la sera non incontravo gente a me conosciuta, decisi di tenere la giacca aperta, lasciando vedere l'abbigliamento di sotto. Grosso errore.
Due ragazze dai vestiti molto corti, probabilmente preparate per una discoteca, mi notarono, e iniziarono a parlare fra di loro.
Mi girai dall'altra parte fingendo di non notarle e pregando che quel breve viaggio terminasse il prima possibile. Mi sentivo debole, volevo andarmene, seppellirmi sotto le coperte e non uscire mai piú.
Il mio stomaco fece una capriola all'indietro quando notai che scesero alla mia stessa fermata, e mi seguirono fino all'edificio a cui ero recato. Mi sentivo a disagio, misi le mani in tasca e sperai di nascondermi sotto la giacca, ma da dietro, durante quel breve tragitto che mi separava dal cortile, percepivo i loro occhi colmi di mascara scrutarmi dall'alto verso il basso.
Da fuori non c'era tanta gente, nella mia testa mi aspettavo decisamente peggio, ma appena suonai il campanello, venni accolto da un baccano assurdo e spintonato verso ogni direzione da perfetti sconosciuti che occupavano ogni angolo dell'abitazione. Nonostante il mio continuo imbarazzo e l'ansia di stare in mezzo a cosí tante persone, entrai per seminare le due ragazze.
"hey amico" disse George accogliendomi con una leggera pacca sulla spalla e offrendomi un drink che rifiutai perché avevo lo stomaco giá abbastanza sottosopra, ed ero appena arrivato.
"ciao George, bella questa.... festa fra amici" dissi, ironizzando sul fatto che poteva benissimo essere presente metà città.
"io ho invitato poca gente, i miei coinquilini hanno fatto il resto"
"sí.... capisco"
"mi hai stupito, sai?"
"mh?" dissi, non avendo capito bene ció che mi stava dicendo.
"alla telefonata di stamattina. Hai accettato subito" urló sporgendosi verso di me.
"oh...." dissi arrossendo al solo pensiero che ci ero venuto per vedere Tom.
"te l'avevo promesso" dissi sperando che fosse una motivazione valida per evitare altre domande e riferimenti a quel discorso.
"giusto"
"Isak, benvenuto" disse una voce proveniente alle nostre spalle.
Sussultai, non avevo molta voglia di parlare con troppe persone, ma quando mi girai, mi resi conto che si trattavano semplicemente di Alice e Fred, che teneva un braccio avvolto sulla spalla della mia amica.
Si erano fidanzati da poco, e entrambi non avevano molta esperienza riguardo a relazioni, ma li trovavo davvero carini insieme.
"ciao ragazzi" dissi girandomi verso di loro per salutarli.
"scusami, dovevo avvisarti io ma l'avevo completamente dimenticato"
"sei sempre il solito" ribattè George.
"Non fa niente" gli dissi "tanto non avevo niente da fare"
"oh, allora ok"
Mi guardai attorno, alla ricerca di Tom, ma da quella prospettiva non riuscivo a vedere granchè, soprattutto avendo i miei amici davanti e non potendo neanche alzare troppo il collo per evitare di farmi notare eccessivamente.
"Visto George?" gli disse Fred con un'occhiata soddisfatta, come per usare le mie parole per giustificare la sua sbadataggine.
"taci" lo richiamó George.
"vado.... a mangiare qualcosa e a farmi un giro qui intorno...... " dissi, abbassando lo sguardo e sperando di non incuriosirli troppo.
"va bene, stai attento ad Ethan, oggi ha deciso di ubriacarsi come se non ci fosse un domani"
"ok" risposi ridacchiando, poi, dopo che Fred e Alice mi ebbero lasciato andare con un cenno della mano, andai verso la cucina.
Tutte quelle persone incominciavano a darmi la nausea, e mi sentivo sempre piú a disagio, soprattutto perchè indossavo pure una camicia e non potevo rifiugiarmi nel pesante tessuto delle mie solite felpe. Una vera tortura, e del mio ragazzo, non c'era nemmeno l'ombra.
Decisi di bere un bicchiere di Coca Cola, prima di continuare il mio giro, quando due persone si posizionarono davanti a me. Mi venne quasi da sputare la bevanda, quando notai che erano di nuovo le ragazze incontrate precedentemente sull'autobus. Si toccavano i capelli e se li arrotolavano a piccole ciocche attorno al dito, e mantenevano un sorriso compiaciuto che mi mise tremendamente in imbarazzo.
"Ciao, come ti chiami?" Mi domandó quella a sinistra. Aveva i capelli biondi lisci, un vestito rosa e un rossetto rosso acceso che temevo potesse accecarmi da un momento all'altro.
"I-Isak" risposi, cercando di mantenere la calma e realizzare che stavo realmente parlando con delle sconosciute ad una festa.
"Io sono Mary, e lei è Luna" disse indicando la ragazza a destra, che indossava un vestito nero e i capelli a boccoli castani le ricadevano delicatamente sulle spalle.
"c-ciao" dissi diventando paonazzo.
"Ti abbiamo visto prima sull'autobus, sai?"
"oh..." risposi io, indietreggiando di qualche passo.
"Ti sta veramente bene questa camicia"
"grazie...."
"forse peró dovresti aggiustartela un po' "
"i-io...."
"Non ti preoccupare, facciamo noi, ci impiegheremo un attimo"
Le cose stavano prendendo una strana piega, e sussultai quando le vidi entrambe avvicinarsi a me e posare le loro mani sul mio petto.
"non serve...."
"rilassati" Disse la bionda guardandomi maliziosamente.
Una mi sistemó la parte superiore, mentre l'altra inizió a stendermi meglio il tessuto per farlo aderire meglio al mio corpo, anche se credo che volesse semplicemente toccarmi un po'. Iniziai a sentire caldo, se avessi potuto, sarei andato letteralmente a fuoco. Ero nel panico, non sapevo che cosa fare e desideravo tanto scansarmi da lí, se solo le mie gambe non avessero preso a tremare e a rimanere perfettamente immobili.
"ragazze...."
"tranquillo"
"solo un'altro po' " disse la mora, quasi in un sussurro. Non sapevo se questa fosse una tecnica usata dalle ragazze per sembrare seducenti o robe simili, ma mi metteva tremendamente a disagio e volevo solo che finissero il prima possibile.
Provai ad allontanarmi, ma loro aumentavano ogni volta la pressione, e ogni volta mi sentivo costretto a tentare di reagire.
Le sentivo, le loro mani, le loro unghie, i loro occhi scrutarmi con maliziosità, e non lo sopportavo, non ero abituato a cose del genere, mi sentivo incapace, impotente.
"ferme!" disse una voce al mio fianco.
Capelli neri, grandi occhi intensi. Tom.
Mi sentii quasi sollevato nel vederlo, ma capii subito che era arrabbiato.
Le due si fermarono di colpo, e aspettarono che lui si mise di fronte a loro, accanto a me.
"Non toccatelo"
"stavamo solo-" inizió la mora.
"non mi interessa, è con me"
Mary e Luna mi fulminarono con lo sguardo, sembravano infuriate e rassegnate allo stesso tempo, e io, mi limitai ad arrossire e abbassare lo sguardo, sperando di sparire per davvero.
"vaffanculo, andiamo" disse la bionda, e una volta che si fu allontanata, Luna la seguì. Ero mortificato.
Tom mi prese con piú forza del solito per il polso, e spingendo chiunque si trovasse davanti a lui, ignorando i richiami o il rimbombo della musica, mi trascinó nella sua stanza, chiusa rigorosamente a chiave, e rifugiandoci lì dentro, in modo tale che nessuno potesse entrarci.
Avevo già un brutto presentimento, e ignorando i sensi di nausea, riuscii a sospirare e ingoiare la poca saliva che mi era rimasta in gola.
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PICCOLO TULIPANO🔐❤️
ContoLa madre di Isak, un ragazzo dai capelli biondo platino timido e introverso, subisce un incidente e lui è costretto a sistemarsi in una confraternita insieme al suo migliore amico George. Qui, divide la stanza con Tom, un ragazzo a modo suo misterio...