CAPITOLO 24

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Da quando avevo confessato quel segreto a George, mi sentivo davvero piú sollevato e in pace con me stesso, e anche se non bastava dirlo solamente a lui, mi ero tolto un gran peso ed era comunque un passo avanti.
Dato il mio buon umore, dopo averci riflettuto per un po', decisi di dare ascolto al suo consiglio e andare a trovare Tom alle sette al campo da calcio, dove sapevo che si tenevano i suoi allenamenti.
In effetti ero nervoso, non sapevo nemmeno quale scusa avrei potuto usare per dirgli il motivo per cui mi trovavo lí, ma mi sarei inventato qualcosa. Sentivo semplicemente il bisogno di vederlo, e volevo ricevere una spiegazione plausibile da lui riguardo alla faccenda dei messaggi. Se avevo sbagliato, se gli avevo dato fastidio, oppure se avevo fatto delle azioni che non gli andavano bene tanto da arrabbiarsi e non rispondermi nemmeno, volevo saperlo.
Mentre mi incamminavo, chiamai George al cellulare per dirgli che ero diretto al campo da calcio. Mi auguró buona fortuna e poi, per non farmi perdere altro tempo, riattaccó.
Una volta rimasto in silenzio, dove si udivano solo i passi delle mie scarpe che toccavano il suolo, iniziai a ripensarci.
Sentivo una sensazione spregevole di nausea farsi strada nel mio stomaco e non era particoarmente piacevole, forse era meglio rimandare oppure farla finita.
Mi ricordai poi della rabbia e delusione che ebbi provato quando vidi per la prima volta il visualizzato e non risposto, quando mi bació, quando mi guardó per la prima volta, e quando mi disse che ero bellissimo. Di solito, anche se mi fanno piacere, non do mai retta a complimenti di questo tipo, perché nella mia testa mi viene spontaneo ripetermi più e più volte che in realtà non sono veri, ma quando me lo disse Tom... beh, ci credetti veramente.
Non avrei buttato al vento le mie speranze in quel modo, quindi, deciso, ripresi a camminare.
Giunsi davanti ad una grande struttura bianca, fredda e all'apparenza poco accogliente, a piú piani con grandi finestre e i muri scrostati. Sapevo che si trattava di un istituto tecnico e probabilmente era la scuola che frequentava Tom. Lí di fianco vi era il campo da calcio, circondato da un'alta rete che lasciava intravedere le panche che lo circondavano, le porte e i giocatori che correvano.
Entrai piano piano, con il cuore che batteva a mille e la paura di essere visto da qualcuno.
C'era una ragazza dai capelli biondi che non avevo mai visto prima, probabilmente era la fidanzata o l'amica di uno dei ragazzi che si stavano allenando, ma apparte lei, gli spalti erano completamente vuoti.
Me ne rimasi per un po' in disparte, analizzando per bene l'ambiente. Non conoscevo bene i campi da calcio, visto che è uno sport a cui non avevo quasi mai giocato e nemmeno mi interessava, per questo motivo mi sentivo anche decisamente fuori luogo, come se in quel contesto, fossi un intruso.
Lanciai un'occhiata ai giocatori, erano tutti con una maglia bianca a maniche corte e pantaloncini con alcune strisce viola, e li osservavo mentre correvano alla ricerca della palla. Poi ne intravidi uno, che conoscevo benissimo. Capelli neri scompigliati al vento e un sorriso meraviglioso da lasciarmi incantanto. Tom superó un suo compagno e si tiró indietro il ciuffo che gli ricadeva sulla fronte, solo in quel momento realizzai quanto mi fosse mancato vederlo, e quanto fosse stupendo.
Il ragazzo con la palla segnó un goal, e un uomo apparentemente piú grande, vestito interamente di nero (supponevo fosse l'allenatore) fischió e annunció la fine della partita.
Vidi tutti i ragazzi dirigersi verso un'altra porta che non avevo notato, probabilmente gli spogliatoi, e io, seguii la ragazza fuori dalla struttura, per aspettare che uscissero.
Non le rivolsi nemmeno una parola, e me ne stetti silenziosamente in disparte con le mani in tasca ad aspettare Tom.
L'attesa sembrava durare in eterno, quando poi alla fine, li vidi tutti uscire.
Appena il mio sguardo si incroció con i suoi occhi, mi sentii invadere da un'energia calda che se avessi potuto, avrei preso letteralmente fuoco. Mi sforzai di mantenere un'espressione seria per dimostrargli fin da subito che qualcosa non andava, ma le mie guance paonazze mi tradivano, dimostrando invece che la sua presenza mi faceva effetto.
Tom venne immediatamente nella mia direzione, con un sorriso misto fra lo stupore e la sua spensieratezza di sempre.
Indossava una t-shirt e dei jeans neri, si era cambiato ma il suo corpo ben scolpito risaltava lo stesso anche attraverso il tessuto.
"ciao principessa" mi disse arrivandomi di fronte. Dovevo sforzarmi di non sbavare e arrossire troppo, ma dopo questo saluto affettuoso come se non fosse successo assolutamente niente, era davvero difficile, praticamente impossibile.
"ciao" gli dissi cercando di sembrare freddo, fallendo miseramente.
"come mai sei qui?"
"io..... ehm...."
Mi ero scordato di quanto fosse complicato parlare con qualcuno di cui sono perdutamente innamorato. Sentii il mio cuore battere a mille, se avesse potuto mi sarebbe schizzato addirittura fuori dal corpo, ne sono certo, ma per evitare di fare una figura da perfetto idiota, avrei dovuto almeno riuscire a formulare una frase di senso compiuto senza balbettare pateticamente come un deficiente.
"Respira Isak" pensavo.
"volevo solo chiederti se.... cioè.... perchè non rispondevi ai messaggi" gli dissi infine, rendendomi conto di sembrare davvero stupido.
"messaggi? guarda che non mi è arrivato niente"
A quell'affermazione mi sentii ancora piú stupido.
"ma io..... io sono sicuro di averti scritto.....un po' di volte" gli spiegai.
"sei sicuro di non aver sbagliato numero?"
Aver sbagliato numero.
All'improvviso mi sembró tutto cosí chiaro.
Ovvio che avevo sbagliato numero, mi ero fidato di Jo e lei era l'ultima persona sulla faccia della Terra a cui bisognava dare fiducia.
Tirai fuori il mio telefono, andai sulla chat e glielo mostrai. Lui, interessato e insospettito allo stesso tempo, me lo prese dalle mani e inizió a scorrere un po'. Successivamente, prese anche il suo cellulare dalla tasca, lo accese e senza spiegarmi ció che stava facendo, li mise uno accanto all'altro come se li stesse confrontando. Io, incuriosito, lo guardavo e cercavo di capire.
"Questo non è il mio numero" mi disse poi, ridandomi il mio dispositivo.
"i-io...."
"è quello di Jo, una mia amica" mi spiegó come se fosse la cosa piú ovvia del mondo, e lí, a quel punto, potevo benissimo considerarmi un idiota a tutti gli effetti. Avevo cancellato il numero di Jo tempo fa, quando ci eravamo lasciati, me l'ero dimenticato e non avevo neanche lontanamente immaginato che potesse ridarmelo al posto di quello che mi aveva promesso. Cosí era lei che manipolava i messaggi e non mi rispondeva, facendomi credere che fosse Tom. Che persona spregevole, e io che avevo persino pensato che forse forse un cuore ce l'aveva. Ero deluso e imbarazzato.
"oh..... s-scusami" dissi abbassando lo sguardo. Mi sentivo cosí a disagio che desideravo sparire all'istante.
"fa niente" mi disse sorridendomi e accarezzandomi dolcemente sulla testa.
"credevo fossi tu" riuscii a precisare a fatica, visto che sotto il suo tocco mi sentivo impotente e non riuscivo a fare granchè.
"com'è che conosci Jo?" mi chiese. Non volevo dirgli tutta la verità, quindi mi limitai a rispondergli inventando una scusa.
"Eravamo amici, poi abbiamo litigato e ora non ci parliamo più"
Gli risposi cercando di sembrare il più credibile possibile, visto che non volevo ancora accennargli nulla riguardo alla faccenda della nostra relazione finita male.
"e come mai avevi ancora il suo numero?"
"me l'ha dato lei dicendomi che fosse il tuo"
"si sarà sbagliata"
Sí certo, come no. Quella strega aveva architettato tutto.
"comunque se volevi il mio numero potevi chiedermelo, non ti mangio mica"
Sorrisi, ma non gli dissi che mi vergognavo di domandarglielo, ero felice e il solo parlare con lui mi aveva fatto dimenticare tutti i miei problemi.
Mi guardai intorno per un attimo, incerto su come proseguire quella conversazione temendo di dire qualcosa fuori luogo, e mi accorsi che tutti gli altri giocatori si stavano allontanando e che eravamo gli unici ad essere rimasti davanti all'uscita del campo da calcio.
"mi sei mancato" mi disse passando le sue mani dolcemente sui miei fianchi.
Sentivo un rigonfiamento nei miei jeans. Tempismo pessimo cazzo.
"anche tu" riuscii a confessargli timidamente. Avrei voluto dirgli di piú, avevo cosí tante cose da raccontargli che alla fine non gliene dissi nemmeno una, mi accontentai di rispondergli e godermi il più possibile quell'attimo che desideravo durasse all'infinito.
"a questo punto.... vorrei chiederti una cosa"
"sí?" gli risposi, per incitarlo a continuare.
"ti va ancora di uscire?"
"c-con.... con te?" Chiesi per un'ulteriore conferma, entusiasta di quella richiesta.
"sí"
"sí.... sí mi va"
Riuscii a stento a trattenere la mia emozione.
Era una proposta? Un appuntamento? Una semplice uscita tra amici?
"d'accordo. Domani sei libero?"
"sí"
"allora passo a prenderti sotto casa tua, va bene?"
"va bene, dove andremo?"
"possiamo farci un giro qua attorno, oppure vieni a casa mia a guardare un film"
"ma non ci sono i tuoi coinquilini?"
"purtroppo sí, ma chiudo la porta a chiave cosí non ci disturbano"
"non preoccuparti, per me non sono un disturbo"
"ma per me sí. Voglio stare solo con te, senza rotture di palle"
Ridacchiai leggermente. Anche io volevo stare solo con lui, e lo volevo con tutto me stesso.
"ok, come vuoi" dissi sorridendo dolcemente.
"ci vediamo domani allora"
"a domani"
Prima di andarsene mi regaló un'altro dei suoi sorrisi, il miglior saluto che mi potesse mai dare.
E cosí il giorno seguente avrei avuto una specie di appuntamento con Tom.
Cavolo, non ero pronto psicologicamente.

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