CAPITOLO 22

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Gli scrissi altre volte in seguito, in piú momenti della giornata, fingendo che non mi importasse il fatto che ogni volta visualizzava e non rispondeva, ma piano piano, tutte le mie speranze di rivederlo svanirono.
Il giorno dopo, non avevo per niente voglia di alzarmi, abbandonare il mio comodissimo letto e uscire per andare a scuola.
Di solito era questa la situazione la mattina, e finiva sempre che mi infastidivo, spegnevo la sveglia irritato e mi rassegnavo all'idea che non potevo proseguire stando con la testa sotto al cuscino sperando in cinque minuti in piú di pace in eterno e iniziavo la mia giornata, ma quella notte, non avevo chiuso occhio.
Ero rimasto la maggior parte del tempo a girarmi e rigirarmi sul materasso a fissare il soffitto buio continuando a pensare alla mia chat con Tom. Mi frustrava il fatto che aveva visualizzato e non mi aveva risposto, soprattutto mi innervosiva che ci avevo riflettuto cosí tanto per prendere il coraggio di scrivergli per poi scoprire che non gli interessavo minimamente. Come poteva dire Jo che lui aveva voglia di continuare ad avere un rapporto con me?
Non lo incontrai piú nemmeno in giro, e ci rimasi veramente molto male.
Succede sempre cosí con le persone a cui tieni di piú: inizi con il credere che l'amore sia soltanto un'illusione, visto che ti chiudi in te stesso non provando niente per nessuno, ma poi arriva qualcuno all'improvviso che entra nella tua vita e te la migliora completamente, e a quel punto, ci speri. Inizi a pensare che forse sia tutto vero, e che forse hai pure qualche possibilità di essere felice. Ma la gente lo fa continuamente. Ti illude e poi sparisce, come se tutto ció che è stato non avesse nessuna importanza.
Pensavo a quel bacio, ai suoi occhi che mi guardavano, alla pelle d'oca che mi veniva quando mi sfiorava, alle guance rosse, al fatto che con lui, mi sentivo davvero bene, come se per tutto questo tempo fossi stato spento e qualcuno mi avesse riacceso, ma perchè doveva scomparire? Proprio ora?
Forse ero stato troppo fiducioso.
Se gli sarebbe interessato qualcosa di me, non mi avrebbe ignorato, non sarebbe sparito, non mi avrebbe abbandonato in questo modo.
Non sapevo che fare, mi sentivo smarrito.
Purtroppo, nonostante avrei preferito starmene chiuso in camera a deprimermi, mi alzai e senza nemmeno preoccuparmi di accendere la luce o scendere al piano di sotto per vedere se mia madre si era giá svegliata, andai in bagno, mi vestii con le prime cose che trovai nel cassetto, cercai di dare un ordine ai miei capelli e dopo essermi infilato una delle mie felpe più calde, presi lo zaino e me lo misi in spalla, per poi scendere in cucina.
"ciao" dissi a mia madre cercando di sfoggiare il sorriso piú falso di cui ero capace. Era indaffarata come al solito a siatemare alcuni documenti che le servivano per il lavoro, ma si degnó comunque di augurarmi il buongiorno regalandomi un sorriso.
"buongiorno Isak, perchè ti sei già preparato? È presto per la scuola"
"devo vedermi prima con George. Dobbiamo parlare di.... di un compito" mentii.
"oh, ehm... d'accordo, vuoi qualcosa da mangiare?"
"no grazie, prenderó dei biscotti alle macchinette"
"ma-"
"non voglio niente, non ho molta fame" le confessai interrompendola. Capitava spesso che io non avessi fame, quindi non avrebbe mai sospettato che ci fosse qualcosa che non andava.
La salutai, e anche se non la vidi particolarmente tranquilla, non mi soffermai piú di tanto poichè sapevo che aveva molto da fare e con tutte le cose che le erano capitate, non volevo diventare per lei un problema.
In effetti peró, aveva ragione. Era piuttosto presto e fuori da scuola c'erano solo qualche ragazzo intento a farsi la solita canna mattutina e degli anziani di passaggio.
Iniziai a gironzolare per le strade fredde della città, avevo il naso rosso e congelato ma rispetto a qualche settimana prima si stava già molto meglio. Almeno non diventavo un cubetto di ghiaccio appena mettevo piede fuori dal portone di casa.
Improvvisamente, mi appariva tutto triste, ma non era la prima volta che ero deluso da qualcuno. L'avrei superato, prima o poi.
"hey amico" disse una voce alle mie spalle che mi riportó alla realtà. Stavo riflettendo ancora a ció che mi stava capitando, e non mi accorsi che George mi stava ricorrendo forse da qualche minuto.
"oh... ciao, non ti avevo visto" lo salutai, sforzandomi di accennare un sorriso. Con mia madre piú o meno aveva funzionato, ma con George non cercai nemmeno di mostrare allegria, tanto lui non ci sarebbe cascato. A volte pensavo che avesse qualche potere soprannaturale in grando di interpretare le persone. Era difficile nascondergli qualcosa.
"sei in anticipo"
"lo so, non avevo voglia di stare a casa"
"ah, capisco"
"e tu?"
"Ho fatto colazione al bar vicino alla scuola con Lisa, sai, la ragazza con cui mi sto frequentando"
"ah sí?"
"sí, voleva vedermi prima di andare alle lezioni"
"e quando vi mettete insieme?" dissi per scherzare, ma non ero proprio dell'umore adatto.
"non esageriamo" mi rispose lui con un sorriso stampato in faccia.
"piuttosto, a te come va?"
"bene.... abbastanza"
"ma dai, non sono mica nato ieri"
Beh, almeno ci avevo provato.
"in che senso?"
"si vede che c'è qualcosa che non va. Sembri un cadavere"
"grazie per il complimento" dissi sarcastico.
"dai Isak, abbiamo tutto il tempo per parlarne"
"no, non credo, dobbiamo iniziare ad andare a scuola"
"tu sei piú importante"
"non è vero, e poi sto bene"
"a che cosa pensi?"
"a niente, te l'ho già detto"
"a me non sembra"
"hai finito con l'interrogatorio?"
"va bene la smetto, ma lo sai che se hai qualche problema io sono qui apposta" mi rispose leggermente seccato. Non lo biasimavo, nel momento in cui cercava di farmi parlare e sfogarmi io lo respingevo chiudendomi in me stesso. Ma non lo facevo di proposito o per cattiveria, mi veniva spontaneo. Avevo un dono per non avere rapporti sociali con le persone e capitava persino con il mio migliore amico.
Camminammo in silenzio fino al cancello della scuola, dove già vi erano alcuni piccoli gruppi di studenti.
Mi dispiaceva davvero per George, non si meritava di essere trattato in questo modo.
Per evitare quella quiete imbarazzante scesa tra noi, desideravo con tutto me stesso di scomparire, o venir risucchiato con forza in un vortice derivante dal suolo e che mi trascinasse al suo interno.
Ci mettemmo in un angolo, piú isolato rispetto al resto dello spazio che ci circondava ma comunque accanto alla scuola, poi, il mio migliore amico si appoggió al muro situato dietro di noi e si accese una sigaretta che poi mise in bocca.
"non volevo risponderti in quel modo" riuscii a dire dopo qualche secondo.
Già avevo appena perso Tom, non avrei retto anche un'atmosfera così fredda con George.
"non importa, capita" Mi rispose con un'alzata di spalle.
A rompere quei minuti di silenzio disagiante che seguirono, fu la voce di Alice, che arrivó piú sorridente del solito seguita da Fred.
"ciao ragazzi, siete in anticipo oggi"
"ciao" dissi guardando a terra. Volevo ritornare a casa. Ma perchè dovevo sempre rovinare tutto? Una persona si offriva di aiutarmi e io la ripagavo rispondendole in modo poco cortese allontanandola. Non riuscivo a controllarmi, e ci soffrivo parecchio. Gli altri non si meritavano una persona come me, e pensavo, che se non fossi mai nato sarebbe stato decisamente meglio.
Lo sguardo di George mi penetrava nel profondo, facendomi pentire di esistere.
"sí, siamo in anticipo" affermó lui.
"io e Fred ci siamo incontrati lungo la strada e siamo venuti insieme" disse la mia amica arrossendo leggermente.
Persino quei due, che litigavano in continuazione, erano riusciti ad avvicinarsi.
Probabilmente Alice aveva chiamato Fred e si erano chiariti, visto che appena un po' di tempo prima mi aveva detto che non le rispondeva ai messaggi.
Forse era quello che dovevo fare anche io, chiamare Tom e chiederglielo di persona.
Cosí peró sarei sembrato troppo disperato.
Non lo sapevo, ero confuso e mentre ci riflettevo, non mi accorsi nemmeno che i miei amici stavano parlando dei vari test che avevano in queste settimane.
Entrai in classe senza dire una parola, tranne per salutare Alice e Fred che andavano in aule diverse, e cercai persino di ignorare gli sguardi preoccupati che George mi lanciava ogni tanto, ma sapevo che lui aveva intuito che c'era sicuramente qualcosa che non andava e avrebbe fatto il possibile per aiutarmi.

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