CAPITOLO 4

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Erano passati un paio di giorni, di pura noia.
Avevamo mangiato il cibo delle macchinette del reparto e ogni tanto i miei amici uscivano fuori per fumarsi qualcosa. Guardandoli, mi sentivo ancora piú in colpa, pensavo a loro, che  erano tranquilli e allegri a divertirsi alla festa e avevano dovuto interrompere tutto per precipitarsi da me in ospedale. Gli chiesi piú volte di andarsene, non volevo disturbarli troppo, ma insistettero per rimanere dicendo che non mi avrebbero lasciato solo. Non dormivo da quando eravamo arrivati e Alice incominció a ripetermi che avevo bisogno di un po' di riposo, e probabilmente aveva ragione. Le occhiaie erano piú evidenti, la pelle piú pallida e i capelli piú spettinati del solito.
In compenso, avevo iniziato a calmarmi, poichè i dottori non mi dissero piú nulla ma almeno non arrivavano cattive notizie.
"hai bisogno di farti una dormita" mi suggerí per l'ennesima volta Alice, porgendomi una crostata confezionata appena presa alla macchinetta. La afferrai e iniziai a prenderla a morsi, non era il massimo ma stavo morendo di fame.
"no.." sussurrai tra un boccone e l'altro.
"i dottori hanno detto che te ne puoi anche tornare a casa" continuó Fred.
"non lo so.... tornare a casa....."
"Isak" disse poi George. Lo riconoscevo quel tono di voce, lo usava ogni volta che doveva dire qualcosa di importante, ed era serio.
Lo guardai preoccupato, per invitarlo ad andare avanti con quello che mi stava per dire.
"Non puoi continuare cosí, a stare qui e mangiare queste robe, tu devi andare in una casa e riposarti, devi stare tranquillo, tua madre guarirà presto"
"io...."
"guardati, sembri un cadavere"
"non che di solito non lo sia" disse Fred accennando un sorriso forzato.
"Fred!" lo rimproveró Alice, tirandogli una gomitata.
"scusa" rispose lui alzando le spalle.
"Io...... ehm..... sí, tanto non ho niente di meglio da fare" dissi alzandomi.
"quindi vai a casa?" mi chiese Alice.
"beh.... sí"
"non da solo" affermó George cogliendomi alla sprovvista.
"posso arrivare fino a casa mia da solo" dissi, come se fosse la cosa piú ovvia del mondo. Ero sempre tornato da solo, avrei preso un autobus e sarei arrivato, non capivo il motivo delle sue parole.
"no amico, non ti lasciamo da solo in questa situazione" continuó il rosso "puoi venire a stare da me"
"cosa? Io? oh... beh... ehm... non lo so...." non sapevo proprio cosa rispondere, colto alla sprovvista. Non avevo mai vissuto con altri ragazzi sconosciuti apparte George, pensavo che sarei stato di troppo e non volevo dare fastidio.
"dai, ti troviamo un letto dove dormire e sei apposto"
"Non è necessario" dissi arrossendo.
"invece credo proprio di sí, io non voglio che tu..... insomma.... senza nessuno intorno saresti capace di fare di tutto"
Non sapevo con esattezza a cosa si riferisse, ma ormai ero cresciuto, sarei stato in grado di superare anche quello, e poi, quanto poteva essere faticoso vivere per un po' in totale autonomia?
"me la caveró" risposi.
"George ha ragione, noi vogliamo aiutarti" insistette Alice.
"stai da lui, cosí non ci pensi" concordó Fred.
Sospirai. Capii che non sarebbe servito a nulla continuare a rifiutare, e per farli contenti avrei dovuto accettare.
"va bene, se ne sei sicuro.... vengo da te"
"ottimo, passiamo a casa tua a prendere le tue cose"
"ok....."
Salutai Alice e Fred, che uscirono dall'ospedale con noi ma proseguirono per un'altra strada, e io salii nuovamente sulla macchina del mio amico e proseguimmo verso casa mia.
Era strano vederla cosí vuota, con tutti i post-it attaccati al frigo e i fogli sparsi sul tavolo.
Mentre mettevo dentro ad un borsone i libri di scuola e qualche vestito, pensai che stavo davvero andando a "vivere" insieme ad altre persone che non conoscevo, e inizió a venirmi l'ansia. Non sapevo che fare o come comportarmi, non sono mai stato granché in queste cose. Potevo fingere di stare male e non andarci piú, ma forse avevano ragione, se fossi rimasto solo sarebbe stato peggio.
chiusi la cerniera, mi sistemai il borsone in spalla e uscii, dove George mi stava aspettando.
Mi fece uno strano effetto entrare a casa sua, c'erano oggetti sparsi ovunque, cartine, cappelli, rifiuti di tutti i tipi, lattine,... insomma, tutti i residui di qualche altra festa fatta in precedenza.
Vidi Alex, intento a litigare con qualcuno al telefono nella cucina, un paio di ragazzi tra cui anche il cugino del mio amico, che raccoglievano bottiglie vuote di birra dal tavolo gettandoli in un sacchetto nero, sembravano divertiti per qualcosa, e infine Tom, che puliva il pavimento del salotto.
Alzó lo sguardo, e appena mi vide fece una strana espressione che non riuscii a decifrare, pareva che stesse arrossendo sulle guance e di conseguenza io mi sentii in imbarazzo.
"dove sei stato?" chiese a George freddamente.
"in giro" rispose lui "avete fatto altre feste?"
"solo una cena con amici" lo informó suo cugino.
"chi è il ragazzo?" domandó ad alta voce uno dei raccoglitori di bottiglie.
"un mio amico, si chiama Isak e starà da noi per un po' "
A quelle parole mi sentii piú a disagio di quanto non lo fossi già. Era come se fossi un fuori posto, un intruso.
"e con chi starà?"
"dobbiamo trovargli solo un letto"
"Tom è l'unico che ha spazio"
"come scusa?" disse Tom, ascoltandoci dal salotto.
"sei l'unico con un letto grande per due, Isak puó stare con te" rispose il ragazzo.
"ma io-" non fece in tempo a terminare la frase che George lo interruppe.
"sí, è un'idea"
Io non dissi niente, mi limitai ad abbassare lo sguardo e guardarmi le mie scarpe converse consumate.
"fate come volete" rispose infine, per poi continuare a spazzare per terra.
"bene, allora ti accompagno"
"fermo. È la mia stanza, faccio io" disse Tom appoggiando al muro la scopa che teneva in mano, per poi precedermi e fare cenno di seguirlo.
"Non gli piace che noi entriamo nella sua stanza, ma... vai con lui" mi sussurró George.
Feci come mi disse e lo seguii.
"beh, la camera la conosci già" affermó Tom appena varcammo la soglia della porta.
"g-grazie" balbettai.
"in quell'armadio c'è un po' di spazio, sistema le tue cose"
"va bene"
Lui se ne andó, lasciandomi lí, solo con la mia borsa.
Rividi il letto disfatto, il comodino in disordine, le foto del bambino riccioluto e le sigarette lasciate in giro.
Era strano trovarmi lí, avevamo passato mesi per cercare una casa per George quando decise di non tornare piú da suo padre, poi trovammo quel posto grazie a suo cugino, Alex lo accolse con lui e dopo arrivarono altri ragazzi, era difficile all'inizio convivere con dei coinquilini, per questo ci aveva invitato poche volte, ma poi ci fece l'abitudine.
Ora, avevano accolto anche me e mi sarei dovuto adattare anch'io.
Infilai prima i libri di scuola, e pensai che essendo stato uno dei miei weekend peggiori, forse stare seduti a un banco ad annoiarsi non era poi tanto male, poi lasciai la borsa sul letto e iniziai a piegare le mie t-shirt.
La vita va cosí, non sai mai cosa potrebbe accaderti il giorno dopo, e io mi trovavo in un appartamento insieme ad altri cinque ragazzi, ognuno con un passato doloroso e una brutta storia alle spalle. Chissà come ci erano finiti, lí. Perchè non vivevano piú con i loro genitori, come mai si erano allontanati.
Pensai a mia madre, a come stava, a che cosa stava facendo.
Poi, una voce familiare sussultó alle mie spalle.
"dei boxer lilla? Sei serio?" disse Tom, che nel frattempo era entrato e aveva scrutato il borsone semiaperto dove avevo ancora lasciato la biancheria intima. Non indossava più la camicia rossa floreale, aveva semplicemente una maglietta blu.
Aveva l'aria stanca, e con un leggero sorriso divertito si tiró indietro il ciuffo di capelli neri che gli ricadeva sulla fronte.
"lasciali" risposi, ricambiando la sua espressione e strappandoglieli imbarazzato dalle mani. Beh.... sí, fuori indossavo vestiti neri manco fossi dovuto andare a un funerale e dentro mettevo boxer colorati.
"ti donano come colore, principessa" disse ridacchiando. Aveva davvero un bel sorriso, e il poco rossore che c'era sulle sue guance metteva in risalto le lentiggini.
"dai!" risposi, sorridendo e facendo diventare il mio viso paonazzo.
Mi vergognavo, ma mi faceva piacere la sua compagnia, per un'attimo dimenticai parte dei miei problemi e pensai, che dopotutto, non era cosí terribile condividere la stanza con lui.

PICCOLO TULIPANO🔐❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora