33 - 𝐻𝑒𝑎𝑟𝑡𝑠 𝑑𝑜𝑛'𝑡 𝑏𝑟𝑒𝑎𝑘 𝑎𝑟𝑜𝑢𝑛𝑑 𝒉𝑒𝑟𝑒

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{ScorpiusxRose}

^^

Papà non rispose. Si limitò ad alzarsi, e fare il giro della scrivania. Posò una mano sulla spalla di Izzy.

"Ragazzi, perché voi due non scendete a dare una mano alla mamma? Avrà bisogno di aiuto per apparecchiare e fare la cena," fece con tono affettuoso, accarezzando con la mano grande i capelli della mia amica.

Hugo aprì la bocca con fare polemico, pronto a contestare l'ordine di papà di andare via, ma lui con un'occhiata gli intimò di chiudere il becco, e quindi Izzy lo afferrò per il braccio e se lo trascinò via, chiudendosi la porta alle spalle.

Papà allora si sedette sul bordo della scrivania ingombra di documenti e rimase a guardarmi, dandomi tutto il tempo per riflettere sull'accaduto.

Mi venne spontaneo chiedermi ancora per quanto tempo, avrei sentito parlare di Caleb nella mia vita. Anche adesso che pensavo che fosse per sempre confinato ad Azkaban, trovava modo per far sentire di sé.

"Vieni," fece allora alzandosi e porgendomi un braccio. Mi guardò pazientemente in attesa che rimettessi in moto il cervello e che lo afferrassi. Lasciai scivolare quindi il mio sotto il suo, e ci Materializzammo fuori da casa.

Non ebbi il tempo di chiedermi dove mi stesse portando, ma quando mi ritrovai in cima alla collina di fronte la nostra abitazione, proprio sotto i rami nodosi e spogli del maestoso ciliegio, realizzai che mi sarei aspettata di tutto tranne che quello.

Fece apparire due giacconi e me ne porse uno, poi si sedette sul terreno e tirò le ginocchia al petto, fissando la nostra casa in basso. Pure io lo seguii, e incrociai le gambe sotto di me, sentendo l'erba secca e giallastra pizzicarmi la pelle attraverso il tessuto dei jeans.

Il vento tirava leggero, ma si infilava fastidiosamente sotto i nostri vestiti, riempiendomi di brividi, e il cielo si stava già scurendo alle nostre spalle.

Papà non mi guardava. Era rigido, e non per la questione di Caleb, dato che lo era già da quando eravamo entrati in cucina poco tempo prima. Mi chiesi se non fosse ancora arrabbiato con me. Avrei detto di sì.

Quando lo zio Harry alla stazione ci aveva detto che non sarebbe venuto a prenderci come al solito, e Hugo aveva chiesto se fosse per un contrattempo a lavoro, lui non aveva risposto, lasciandomi presupporre che fosse perché davvero non voleva vedere me.

Però entrati in casa avevamo visto che si trattava sul serio di un incontro importante e che difficilmente avrebbe potuto mollare tutto per recuperare i figli a King's Cross, quindi l'idea che lui e la mamma ce l'avessero con la sottoscritta mi era sfuggita di mente - solo che adesso tornò a farsi prepotentemente strada in me. Non era caldo come al solito, non sorrideva, e non parlava.

"Perché non mi avete fatta rimanere alla riunione, se riguardava anche me?" chiesi a voce bassa, stringendomi le braccia attorno al corpo e fissando papà, che continuava ad evitarmi.

Ormai ero abituata alla gente che diceva che ci assomigliavamo. Io tutta quella somiglianza non la vedevo, ma perché non ci ero abituata. Osservandolo, mi accorsi che alcuni tratti ce li avevamo in comune - oltre il colore dei capelli, nonostante il suo vertesse più sul carota, e quello degli occhi.

Il modo in cui aggrottavamo la fronte era identico. La curva della bocca, la carnagione chiarissima, le lentiggini spruzzate un po' ovunque, anche l'attaccatura dei capelli. Il naso invece l'avevo preso dalla mamma, per fortuna.

"Perché non era una notizia da prendere alla leggera. Avremmo voluto parlartene a cena, ma non c'è motivo di aspettare," rispose curvando le spalle. Non era afflitto o triste, sembrava solamente sul punto di comunicare un'informazione spiacevole, cosa che mi mise sulle spine.

Give Me Love // Scorose Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora