I° - La Battaglia di Wakanda.

301 18 0
                                    

Yibambe! Yibambe! Yibambe! 
Cosa significava? Non lo sapeva, ma i guerrieri Wakandiani e le Dora Milaje gridavano questa parola incalzati dal re T'Challa, senza mai staccare gli occhi da ciò che continuava, imperterrito, a scontrarsi contro gli scudi olografici, pagando la disintegrazione. Pietro sapeva che, da un momento all'altro, quel meccanismo di difesa sarebbe stato disattivato, dando vita ad uno scontro che avrebbe lasciato il segno nella storia del Wakanda. Sopra quelle file di teste il sole splendeva indisturbato: sembrò quasi che lo stesso dio Apollo fosse sceso dall'Olimpo per assistere a ciò che, da lì a poco, sarebbe successo. Egli era in incognito, tra le schiere di quei valorosi guerrieri che mostravano orgogliosi il proprio volto, facendosi appositamente vedere agli occhi del nemico. Essi stavano difendendo la loro nazione, erano davvero legati alla loro terra; a contrario del velocista, che non aveva patria. L'albino non si era mai, nella sua vita, sentito a casa, da nessuna parte. Il mutante era lì per altro: per sua volontà, anche perché non poteva più scappare da quella situazione da lui creata. Forse era ancora in tempo per cambiare le cose. Grazie ad un accordo tra il generale Everett Ross e il sovrano stesso, dove l'America avrebbe appoggiato il Wakanda nello scontro, Quicksilver poté offrire il proprio contributo. Solamente due del gruppo di arruolamento portarono a compimento la concordanza; tutti gli altri soldati americani gettarono la spugna una volta venuti a conoscenza di chi e, più precisamente, di cosa avrebbero affrontato una volta giunti al continente africano. Pietro, al contrario, non volle sapere nulla della battaglia, quanto andare dove si sarebbero presentati gli Avengers: gli eroi più potenti della terra. Visto che si trattò di un conflitto potenzialmente catastrofico, che prevedeva un'invasione aliena, fu piuttosto prevedibile che i suddetti si trovassero lì. Riuscì infatti ad intravedere, da lontano e ben nascosto, l'uomo conosciuto come Steve Rogers o, più comunemente ancora: Captain America. Egli era ben diverso da come lo ricordava, dall'ultima volta che lo aveva visto. La folta barba cancellò totalmente l'aria da bravo ragazzo che lo aveva sempre contraddistinto e la sua divisa, ben più spenta e grigia, ne completarono la modifica. Non era l'unico ad aver cambiato aspetto; pure Vedova Nera sfoggiò una nuova versione di sé. Pietro dovette ammettere, in tutta sincerità, che quei capelli biondi le stavano davvero male. Fu capace di riconoscere anche altri: Bruce Banner, Thor.. Tuttavia, quella che il mutante cercò più assiduamente di tutti era un'altra persona: la gemella Wanda Maximoff, con la quale Pietro condivise di tutto e di più, per quasi tutta la sua vita. Ella sembrava preoccupata, forse impaurita, ma anche davvero stanca. Un forte desiderio fece capolino nella mente del velocista: volle andare da lei, parlarle, spiegarle delle cose.. Ma dovette contenersi, aspettare fino alla fine di tutto, o avrebbe compromesso la vittoria sugli invasori. Quindi eccolo, con tutti i nervi tesi e i muscoli tirati, mentre aspettò, con la fronte bagnata dal sudore, che gli scudi venissero disattivati, liberando così quelle creature provenienti da chissà quale galassia. Quando ciò avvenne, l'albino incominciò a correre assieme a tutti gli altri soldati ruggenti, ma si vide costretto a rallentare per la vicinanza di quei mostri: erano davvero terrificanti, tanto da non saperli descrivere con esattezza. Viscidi, enormi e affamati. Pietro li colpì ripetutamente, correndo a zig-zag tra di loro, rifiutando ogni volta il contatto corporeo. Non aveva mai affrontato esseri del generi, così grotteschi e duri da abbattere. Il velocista, però, non si sarebbe arreso tanto facilmente e trasse, dal pensiero della strega scarlatta, la forza per continuare a lottare, anche con le nocche visibilmente rosse e doloranti. Quella situazione: le urla, gli spari, le esplosioni, la vista appannata dalle ceneri, la polvere che scottava sotto le Adidas e il viso colmo di sudore, risvegliarono il lato bestiale del mutante; ciò a cui avrebbero dovuto ricorrere tutti per sopraffare quelle creature, una visibile regressione allo stato animale. Purtroppo non bastò a metterli a bada, essendo troppi finirono per assaltarlo: uno di loro andò a graffiare pesantemente la gamba sinistra, creando uno squarcio impressionante. Pietro urlò, ma non smise di tenere il viso coperto dietro le braccia, come un pugile messo all'angolo e subente una scarica di colpi. Qualcuno andò, fortunatamente, in suo soccorso, liberandolo dall'attacco degli alieni. Vennero disintegrati completamente, grazie a quella che sembrava una mitragliatrice tenuta in mano da un uomo alto e muscoloso, dall'aria burbera e cattiva. Si trattava di Frank Castle: Il Punitore, colui che assieme a Pietro era lì per conto degli Stati Uniti, anche se il patriottismo non sembrava animarlo minimamente.
Frank;; « Non voglio averti sulla coscienza. » Parlò con voce cupa e roca, porgendo il braccio venoso a Pietro; egli, a causa del respiro affannoso, non riuscì a rispondere. « Ti porto indietro, non sei nella condizione di continuare. » Sentenziò, secco.

QUICKSILVERDove le storie prendono vita. Scoprilo ora