Capitolo 4

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Elena

I giorni andarono avanti in modo monotono e noioso, sempre la stessa routine, sempre più cose da studiare e sempre meno i minuti che io e Stefano impiegavamo ad avere una conversazione. Quel giovedì pomeriggio avevo intenzione di chiamarlo, poi però i miei genitori portarono dei colleghi a casa per cena e mi passò di mente, anche perchè non volevo parlargli mentre c'erano i miei genitori in casa. Ogni sera pensavano che potessi uscire di nascosto, ancora non si capacitavano che io lì non avessi amici, forse si erano abituati con Valentina.
Alla fine cenai con i miei genitori e i loro colleghi, rispondendo alle solite domande sul futuro e su cosa mi piacesse, anche se in realtà non importava niente a nessuno. Scusandomi, mi alzai da tavola dicendo di essere stanca e che l'indomani avevo un'interrogazione e che dovevo riposare, anche se in realtà domani avevo tre ore di buco e sarei pure uscita un'ora prima. Tanto i miei genitori non controllavano le circolari sul sito della scuola.
A scuola mi annoiai ancora di più in classe, non riuscivo ad anticiparmi i compiti perchè i miei compagni di classe facevano troppo chiasso e mi stavano tutti troppo antipatici per partecipare con loro al divertimento. Anna quel giorno non era venuta a scuola perchè aveva una visita medica, me lo aveva detto il giorno prima, così non avevo nemmeno nessuno con cui avere una conversazione normale e intelligente.
Pensai di andare in bagno e chiamare Stefano, ma non sapevo il suo orario di lavoro e temevo di chiamarlo mentre era in classe, in più non avrei saputo molto cosa dire, visto che non era cambiato granché dall'ultima volta che ci eravamo sentiti, ovvero lunedì mattina.
Lui non mi aveva più chiamata ed io non avevo avuto un momento per chiamarlo. Non ero mai dell'umore giusto: ero sempre troppo nervosa o troppo stanca per affrontare una conversazione con lui. Mi stavo comportando male con lui, ne ero consapevole e mi odiavo per questo, ma nemmeno lui si stava impegnando molto.
Iniziai a chiedermi se gli mancavo come lui mancava a me, però era una domanda abbastanza stupida perchè sapevo che lui mi amava e che soffriva anche lui per questa situazione. Il problema era che questa mia parte razionale veniva sempre messa da parte quando gli parlavo.
Il giorno dopo durante l'ora di italiano ci dissero che il sabato non saremmo andati a scuola, ma non ci spiegarono bene i motivi. Io non capivo: in questa scuola si saltavano giorni a caso, nessuno diceva niente e nessuno spiegava niente. Magari fosse stato così a Firenze, Teresa sarebbe impazzita non appena glielo avrei detto. Dio, quanto mi mancava. Provavo a videochiamarla tutte le sere, ma non sempre riuscivamo a dirci tutto quanto.
Chissà che stava facendo Teresa e chissà cosa stava facendo Stefano. Il sabato era il suo giorno libero, stasera sarebbe uscito? Avrebbe incontrato qualche ragazza? Dovevo chiamarlo, assolutamente. Non perchè ci fosse la possibilità che incontrasse qualche ragazza, ma perchè non gli parlavo da giorni e avevo bisogno di sentirlo.
Proprio mentre cercavo il suo numero in rubrica, mi chiamò Anna e risposi subito, pensando che fosse successo qualcosa visto che non mi aveva mai chiamata "Ehi, Anna"
"Ciao, Elena" parlava a voce bassa anche al telefono "Ascolta, mi chiedevo, siccome domani non si va a scuola, ti va di venire a casa mia oggi verso le sette?"
"Ehm... certo" non che non avessi voglia, però mi sorprendeva quella richiesta "Cosa vuoi fare?"
"È passato un po' dall'ultima volta che sono uscita con un'amica e magari potevamo uscire insieme e andarci a mangiare qualcosa"
"Va bene, mi invii l'indirizzo? Vengo con la macchina così possiamo spostarci dove vogliamo"
"D-d'accordo, ci vediamo dopo" chiuse la telefonata non appena finì di parlare.
Per non pensare a Stefano mi iniziai subito a preparare, indossando dei pantaloni bianchi aderenti e una camicetta celeste, ma mi si gelò il sangue mentre me l'abbottonavo, perchè quella era la stessa camicetta che indossavo la sera del mio diciottesimo compleanno, quando io e Stefano facemmo l'amore per la prima volta.
Mi sedetti sul letto cercando di trattenere le lacrime, maledicendomi perchè non potevo soffrire per una cosa così insignificante come una stupida camicetta. Ma non era tanto per l'indumento in sé, ma più per quello che mi ricordava. Me la tolsi velocemente buttandola in fondo all'armadio e indossai un maglione nero con lo scollo a V, coprendomi con una sciarpa bianca e un lungo cappotto nero. Per finire mi infilai degli stivaletti neri e presi la borsa (anch'essa nera) infilandoci dentro tutto il necessario.
I miei genitori erano seduti al tavolo della cucina, circondati da documenti.
"Sto uscendo, domani non si va a scuola"
"Va bene" fu quello che mi disse mia madre "Divertiti"
Se ci fosse stato Luca al posto loro, mi avrebbe interrogata chiedendomi a che ora avevo intenzione di tornare, se doveva venirmi a prendere e con chi uscivo. Anche se, pensandoci bene, non mi avrebbe chiesto con chi uscissi, perchè se fossi ancora a Firenze, saprebbe bene che uscirei con Teresa ed eventualmente con Matteo e Marco, le poche volte in cui sarebbero stati a Firenze in vacanza dall'università.
Mi misi in macchina accendendo il riscaldamento e appoggiando la borsa sul sedile del passeggero, chiedendomi per l'ennesima volta cosa stesse facendo Stefano in quel momento.
Senza pensarci troppo, presi il telefono e lo chiamai, ma dopo due squilli scatto la segreteria. Aveva rifiutato la chiamata.
Ci doveva essere qualche ragione, non riuscivo a credere che non mi volesse parlare.
Era vero che i rapporti tra noi erano tesi, ma fino a questo punto?
Sul navigatore dell'auto misi la via di casa di Anna, la quale mi chiamò poco prima che arrivassi dicendomi che mi avrebbe aspettata sotto casa sua, i suoi avevano invitato dei colleghi per parlare di affari.
Non appena arrivai a casa sua, la trovai avvolta in un cappotto rosa tremante ed entrò subito in auto con i denti che le battevano "C-ciao"
"Ehi, perchè non mi hai aspettata dentro casa? Ti avrei chiamata appena arrivata"
"Non volevo rimanere con i colleghi dei miei genitori, mi stanno antipatici"
"Allora, dove vuoi andare?"
"Non lo so, a quest'ora le librerie sono aperte?"
Le sorrisi "Temo di no"
"Dove si va la sera per divertirsi di solito?"
"Non sei mai uscita la sera?" la domanda mi era uscita in maniera leggermente brusca, ma mi corressi subito sorridendole "Di solito si va in qualche posto per mangiare o nei bar. Io e i miei amici ci divertivamo così, tra le altre cose"
"Ti avrei proposto di passeggiare in centro ammirando il Duomo, ma fa freddo. Potremmo farlo domani sera?" sembrava una ragazza diversa, non la mia compagna di classe timida ed insicura.
"Sì, mi fa piacere vedere questo entusiasmo"
"Finalmente ho trovato qualcuno con cui sono a mio agio e posso essere me stessa"
Volevo ricordarle che mi conosceva da meno di un mese e che avevamo iniziato a parlare qualche giorno fa, ma non volli metterla di cattivo umore e misi in moto la macchina "Dimmi tu dove andare"
Alla fine andammo a mangiare al McDonald, per poi andare in una caffetteria aperta, che stranamente era molto affollata.
C'era anche la musica dal vivo, nessuno di famoso, solo artisti amatoriali che volevano esibirsi di fronte ad un pubblico più o meno numeroso. Anna mi disse che il venerdì, ovvero quella sera stessa, era la serata karaoke, ma non avevo nessuna intenzione di cantare. Anna era d'accordo con me riguardo il karaoke, così ci limitammo a bere la nostra cioccolata calda mentre una ragazza non troppo stonata cantava Chandelier di Sia.
"Ti piace Milano?" mi chiese Anna.
"È una bellissima città, ma mi manca Firenze"
"Sì, immagino. Firenze è un posto splendido, ci sono stata un paio di volte con la mia famiglia"
"D'avvero? Sei riuscita a vedere tutto?"
"La Galleria degli Uffizi non l'ho mai vista, i miei genitori non volevano andarci e non volevano nemmeno lasciarmi da sola"
"Che peccato, è qualcosa di spettacolare e mozzafiato" non sapevo come continuare la conversazione, temevo di spingermi troppo oltre e farla chiudere a riccio.
Iniziò a vibrare il cellulare sul tavolo dove eravamo sedute, il display con la sua luminosità tagliava la luce soffusa del locale. Era Stefano.
Non mi andava di rispondergli, sia perchè lui aveva rifiutato la chiamata poco fa e sia perchè stavo parlando con Anna e mi sembrava scortese rispondere davanti a lei.
Il primo motivo era davvero infantile e restai a fissare il telefono, indecisa.
"Puoi rispondere, se vuoi" la voce di Anna mi riportò alla realtà e mi convinse a rifiutare la chiamata "No, aspetterà"
"É qualcuno di importante?" questa versione nuova di Anna era un tantino evidente, ma forse era il suo modo per stabilire un legame.
Era qualcuno di importante? Diamine, certo che sì.
"Sì" le risposi abbassando la voce "Molto, ma è complicato"
"É un ragazzo?" aveva abbassato anche lei la voce, quasi come se temesse la mia reazione. Volevo dirle di farsi i fatti suoi, ma sospirai "Si"
"E vive a Firenze?"
"Sì"
"Ah" non aggiunse altro, forse aveva capito che si era spinta un po' troppo oltre.
Eppure, mi fece tenerezza e questo mi spinse a raccontarle di più "Le cose sono un po' tese tra di noi, non ci vediamo da mesi e ci stiamo allontanando sempre di più" dirlo ad alta voce mi faceva stare male. Il telefono riprese a squillare: era sempre Stefano.
"Dovresti rispondere" mi fece Anna "Se è vero che vi state allontanando, non rispondere al telefono è la cosa peggiore da fare"
Mi fece sentire come una stupida bambina piccola che faceva i capricci per ripicca "Hai ragione, scusami, torno subito"
Mi alzai per andare in bagno, dato che con la musica alta in sottofondo non riuscivo a sentire bene "Ciao" feci cercando di stabilizzare la voce.
"Ciao" la sua voce era calma, ma c'era un po' di freddezza.
"Ti ho chiamato prima, ma-"
"Non potevo rispondere prima"
"Ah" mi appoggiai al muro nero dell'antibagno "Come stai?"
"Bene, sono in giro con mia sorella Laura e un paio di amici. Tu?"
"Tua sorella Laura è a Firenze?"
"Sì, ho provato a dirtelo l'altro giorno, ma tu mi hai chiuso la chiamata in faccia"
"Riguardo a quello... Non era per te, ma alcuni miei compagni di classe stavano prendendo in giro una ragazza perchè stava leggendo e volevo aiutarla"
Non mi rispose subito, forse stava meditando su cosa dire "Potevi almeno richiamarmi"
"Anche tu potevi richiamarmi" replicai irritata.
"Beh, pensavo che non volessi più sentirmi e che ti infastidisse ricevere delle mie chiamate"
"Se il tuo approccio deve essere questo, allora mi infastidisce" dissi la prima cosa che pensai e ovviamente, sbagliai. Dovevo filtrare le parole.
"Sei tu quella che mi ha chiamato oggi, ti serve qualcosa?" la sua risposta scontrosa che arrivò anche in ritardo mi fece innervosire.
"No, volevo solo sentirti perchè mi mancavi, ma mi è passata la voglia" stavo decidendo se chiudere o no la chiamata, però volli attendere di sentire la sua risposta.
Una ragazza entrò nel bagno lasciando per un po' la porta aperta e la musica ad alto volume mi investì.
"Devi andare tu in bagno?" mi chiese la ragazza appena entrata, io le feci segno di no con la testa e andò lei.
"Sei uscita?" mi domandò lui.
"Sì"
"Ma domani non hai scuola?"
"No, Stefano. Ora non posso nemmeno più uscire?"
"Mi sto solo interessando alla tua vita, Elena" non stava alzando la voce perchè era in giro, ma capii che si stava arrabbiando.
"Ti stai divertendo?" gli chiesi per cambiare argomento, volevo provare a salvare la conversazione, ma era irrecuperabile.
"Sì" mi rispose lui e non riuscii a spiegarmi come mai quella risposta facesse male "Tu?"
"Moltissimo" mentii, non che non mi stessi divertendo con Anna, però in quel momento il mio buon umore era andato via.
"E quella ragazza che stavano prendendo in giro sta bene?"
"Sì" la mia parte più profonda ed egoista, si irritò perchè lui si stava interessando ad Anna e non a me in quel momento, ma mi pentì subito per questi miei pensieri.
"Bene"
"Bene" ripetei, non sapendo cosa dire. Provai a rilassare le sopracciglia aggrottate, ma quando lo feci mi venne da piangere e mi morsi per non far uscire le lacrime, con scarsi risultati.
Sospirammo entrambi nello stesso momento e ci fu un lunghissimo silenzio.
La ragazza di prima uscì dal bagno e ne entrarono altre due che chiacchieravano tra di loro in maniera allegra, si sciacquarono il viso e poi uscirono di nuovo.
Volevo dirgli tante cose, ma non sapevo proprio da dove iniziare. Ero incapace di fargli capire come mi sentissi in quel momento: vulnerabile e insicura.
Ero vulnerabile perchè in quel momento lui avrebbe potuto distruggermi solo con poche parole, non ero così forte come volevo fargli credere. Ed ero insicura perchè non avevo idea di come avremmo risolto quella situazione. Era evidente che bisognava vedersi dal vivo, che messaggini e telefonate non erano abbastanza.
Il pensiero che però mi tormentava era: quello che c'era tra noi due era così debole da non riuscire a sopravvivere a questa distanza? Più tempo passavamo lontani e più il nostro rapporto regrediva? Che senso aveva tutto ciò?
Volevo avere la forza di dirgli tutto questo, ma temevo quello che sarebbe venuto dopo.
"Sto per chiudere la telefonata" furono le parole che ruppero quel silenzio, ma non venivano da me.
"Ciao" chiudemmo la conversazione, poi mi stampai un bel sorriso sulla faccia e ritornai da Anna, facendo finta che andasse tutto bene.

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