Capitolo 27

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Elena

Guardarlo guidare era una delle mie cose preferite: era concentrato, ma ogni tanto mi porgeva la mano e intrecciavamo le nostra dita. Mi era mancato, mi era mancato così tanto che non mi ero nemmeno accorta di aver rilassato la mente per la prima volta da tanto tempo.
Ormai con Stefano non sentivo più le gambe molli o lo stomaco in subbuglio: quando mi trovavo insieme a lui tutto ciò che provavo era una serenità confortante e iniziai a pensare che quando ci si trovava in una relazione seria era proprio quello che si doveva provare.
Ci fermammo ad un semaforo rosso ed io mi sporsi verso Stefano per baciarlo allegra, bacio che lui ricambiò con entusiasmo. Pochi secondi prima che scattasse il verde, il mio telefono iniziò a squillare facendo risuonare nell'abitacolo la nuova suoneria che avevo impostato il giorno in cui mi sentii male, sostituendo la vecchia con la nuova soprannominata xilofono.
Presi il cellulare dallo zaino e, vedendo che la chiamata veniva da Teresa, risposi subito "Ehilà"
"Ehi, sei arrivata?"
"Si, sono a Firenze" mi ero dimenticata di mandarle un messaggio, ma ero stata presa dall'entusiasmo di rivedere Stefano.
"Il viaggio?"
"Tutto bene, anche se c'era molta gente"
"Bene" parlava così ad alta voce che persino Stefano riusciva a sentire quello che stava dicendo "Domani sera ci sei, vero? Non ti vediamo da chissà quanto! Marco era tutto contento sapendo che saresti ritornata, in più a mezzanotte vogliamo andare in piazza Duomo dove spareranno i fuochi d'artificio a mezzanotte"
"Si, certo che ci sono. Mi siete mancati e non vedo l'ora di vedervi" non avevo ancora deciso cosa fare con Stefano la sera seguente, ma avremmo inventato qualcosa.
"Era quello che speravo di sentire. Vuoi che ti venga a prendere visto che hai lasciato l'auto a Milano?"
"Ehm" guardai un attimo Stefano, il quale si indicò con l'indice e mimò con le labbra "Ti accompagno io"
"Mi accompagna Stefano" dissi a Teresa, che sapeva benissimo dove avrei dormito in quei giorni "Poi mandami un messaggio dicendomi dove ci incontriamo"
"Va bene, ora devo andare. Ti scrivo dopo, a domani"
"A domani" chiudemmo la chiamate ed io rimisi il cellulare nella tasca del giubbotto, accasciandomi sul sedile dell'auto guardando Stefano "Sicuro che non è un problema per te?"
Lui mi sorrise dolcemente "Tranquilla, accompagno te e poi raggiungo i miei amici"
"E poi noi due che facciamo?" volevo rivedere i miei amici, ma volevo anche stare con lui. Volevo disperatamente stare con lui.
"Noi due" non parlò per qualche secondo "Noi due possiamo incontrarci dopo. Quando finisci con i tuoi amici o quando hai voglia di andartene, mi chiami e ti vengo a prendere"
"E se tu sei ancora con i tuoi amici?" sicuramente sarebbe stato ancora con i suoi amici, qualche volta mi aveva detto che loro, specialmente Carlo, a Capodanno di solito facevano quasi nottata.
"Se ti va, puoi unirti a noi oppure possiamo andare a casa" era incredibile come lui fosse disposto a tutto "A te cosa va?" gli chiesi io, cercando di capire cosa lui volesse fare.
Ci pensò un po' su "Io vorrei che tu stessi un po' anche con i miei amici, giusto per conoscergli meglio, ma non sei costretta"
"Allora mi unirò a voi" gli feci un sorriso stanco, seguito da uno sbadiglio. Gli occhi si stavano chiudendo da soli, percepivo Morfeo che mi attirava a sé.
Non lo stavo guardando, ma sapevo che in quel momento Stefano aveva uno sguardo soddisfatto e ciò mi rasserenò.
L'andamento del veicolo era così rilassante che non mi accorsi nemmeno quando l'auto si fermò, segno che eravamo arrivati nel nuovo parcheggio dietro il palazzo di Stefano, che era solo per i residenti. L'avevano finito di costruire nella prima settimana di dicembre e Stefano ne era più che contento, perchè era quasi impossibile trovare parcheggio e così avrebbe risparmiato un sacco di tempo.
Scesi dalla macchina mettendomi lo zaino in spalla e avvicinandomi a Stefano, che aveva preso la mia valigia dal bagagliaio "Sono felice che tu sia tornata" mi disse prendendomi per mano.
"Per troppo poco tempo" non sapevo bene quando sarei ritornata a Milano, ma comunque il tempo non sarebbe stato abbastanza.
Stefano, al contrario, era così tranquillo, come se non gli importasse se la mia permanenza qui sarebbe durata poco, lui viveva il momento. Dovevo essere un po' più come lui.
"Ce lo faremo bastare" mi rispose lui mentre entravamo nell'ascensore, che ogni volta diventava sempre più piccolo.
Per la stanchezza mi appoggiai alla parete, osservando le spalle da dietro che era in piedi davanti a me. Ho sempre amato le sue spalle, le trovavo sexy.
"Hai delle belle spalle" commentai ammiccando in una maniera davvero penosa, perchè in quello stesso momento mi scappò uno sbadiglio.
"E tu hai delle belle gambe" si voltò verso di me, per poi chiudermi tra le sue braccia, appoggiando le mani in un punto sopra le mie spalle.
"Mi piacciono i tuoi occhi"
"A me piacciono le tue labbra" si chinò su di me e mi baciò dolcemente "Mi piace tutto il tuo viso" continuò a baciarmi, fino a quando le porte delle ascensore non si aprirono ed entrò una donna anziana che abitava sullo stesso piano di Stefano.
Stefano si allontanò lentamente da me, ridacchiando, mentre io guardavo il pavimento imbarazzata, perchè quella donna ci stava guardando curiosi "Buon pomeriggio, Cinzia" la salutò Stefano mentre prendeva la mia valigia.
"Buon pomeriggio" rispose lei, poi mi squadrò dalla testa e ai piedi "E tu sei?" aveva una voce cordiale ma un volto freddissimo.
"Elena" le tesi la mano, ma lei non la strinse "Piacere di conoscerla"
Le porte dell'ascensore stavano per richiudersi, ma la signora le bloccò con la borsetta "Sembri malata"
Dovevo davvero avere un aspetto terribile "Sono solo stanca, signora"
"Sarà meglio per te, non vorrei che tu lasciassi in giro germi o qualunque cosa che possa infettarmi, ho una salute molto cagionevole"
"Non lo farò, signora" quella donna mi stava irritando e Stefano, capendo la situazione, mi prese per mano e mi tirò via dicendo ad alta voce "Felice di averti visto, Cinzia". La donna non replicò.
Mentre l'uomo accanto a me girava la chiave nella serratura della porta per aprirla, io fissai l'ascensore che ormai si era chiuso "Ma che diavolo..." esclamai voltandomi verso Stefano "Che problema ha?"
"Ha un problema con il mondo, tesoro" aprii la porta poggiandosi con la schiena, perché si era girato verso di me.
"Ma non le ho fatto niente" stavo dicendo mentre entravo in nell'appartamento, che era accogliente come sempre "Mi era mancato questo posto"
Stefano andò a mettere la mia valigia e il mio zaino nella camera da letto, mentre io mi sedetti sul divano nero, ricordando quanto fosse comodo. Una luce soffusa illuminava la stanza, facendo in modo che le ombre abbracciassero dolcemente tutti gli oggetti nella stanza. Il Sole stava tramontando e il buio si stava lentamente facendo spazio, accompagnato dal bagliore fioco della Luna. Proprio mentre fissavo il cielo dalla finestra, seduta su quel divano nero, notai che su un tavolino alto di legno, sul quale una volta c'era una pianta, era poggiato un grande giradischi con una teca di vetro e che ai piedi di quel tavolino c'era una cesta piena di vinili. Mi alzai e andai a studiare quel nuovo arrivato nell'appartamento di Stefano, chiedendomi quando lo avesse comprato.
"Ti piace?" il fiato di Stefano sul collo mi fece sobbalzare.
Annuii "Dove lo hai comprato?"
"A Parma"
"A Parma?" ripetei io.
"Si, per il tour del mio nuovo libro nelle scuole. Ero a Parma e l'ho visto in una vetrina"
"Mi ero completamente dimenticata del giro delle scuole" me lo aveva accennato una volta, ma forse non gli avevo prestato molta attenzione. Mi sentivo in colpa.
Mi cinse le sue braccia attorno alla mia vita "Vuoi provarlo?"
Mi voltai verso di lui, senza però interrompere il contatto tra la mia schiena e il suo petto "Posso?"
"Puoi fare tutto quello che vuoi"
Gli sorrisi entusiasta, nonostante sul mio viso si formò una smorfia per via di uno sbadiglio.
"Sei stanca?" mi domandò lui.
"Un po'" cercai di minimizzare, poi mi piegai sulle ginocchia per guardare i vinili presenti nella cesta ai piedi del tavolino. C'erano i Beatles, i Queen e molti altri, ma un titolo catturò la mia attenzione "C'è anche My funny Valentine"
Presi il disco e mi rimisi in piedi "Tu odi questa canzone"
"Si, ma è una delle tue preferite" abbassò lo sguardo, guardando il disco nelle mie mani "Ti va di ascoltarla?"
"Certo, tu inizia a metterla, io devo prendere una cosa"
Mi guardò confuso, ma io corsi verso la camera da letto per andare ad aprire la mia valigia e prendere il suo regalo. Entrare in quella camera dopo tanto tempo mi faceva uno strano effetto. Era successo di tutto in quella stanza e mi riportava alla mente un sacco di ricordi. Quello più forte era il ricordo della notte in cui io persi la verginità su quel letto.
"Elena? Ci sei?" non mi ero accorta di essermi imbambolata a fissare quella stanza.
"Si, arrivo!" presi velocemente dalla valigia il mio regalo incartato per Stefano e ritornai da lui, tutta sorridente.
"Che hai lì?" mi chiese trattenendo una mezza risata, con la voce di Frank Sinatra in sottofondo.
"Buon Natale!" gli allungai il regalo, che lui afferrò e scartò con delicatezza "Ho pensato che la tracolla con cui vai sempre a scuola è un po' usurata e quindi..."
Stefano si rigirò la ventiquattro ore in cuoio marrone che gli avevo regalato, con un sorrisetto sulle labbra "Mi piace la mia tracolla"
"Si ma-"
"Ma questa è molto più bella" mi interruppe "È più professionale. Grazie, amore" mi diede un bacio leggero ed io sorrisi soddisfatta alzando le sopracciglia in segno di vittoria.
Frank Sinatra stava cantando il ritornello ed io volevo farmi trasportare dalla musica, ma Stefano mi mise sotto gli occhi un pacchetto celeste pastello avvolto da un nastro rosso. Mi piacevano quei colori, ma ciò che stava all'interno mi piaceva ancora di più.
Era un braccialetto semplice, ma estremamente bello. Aveva delle decorazioni incise esteriormente, ma non capivo bene cosa fossero: sembravano dei piccoli archi, ma a tratti si ripiegavano formando delle spirali. Era comunque bellissimo e dello stesso colore del ciondolo della collana che Stefano mi aveva regalato per il mio diciottesimo compleanno, la quale era legata al mio collo in quel momento, nascosta dalla felpa.
"Guarda dentro" mi disse Stefano, scrutando scrupolosamente il mio viso in attesa di una mia reazione.
Feci come mi aveva detto e notai che l'interno del bracciale era totalmente liscio, tranne per un'incisione al centro, una scritta.
Ti amo
7/04/2017
Era la data del nostro primo bacio, il giorno in cui diventammo una coppia.
"Stefano..." mormorai, senza parole "È bellissimo, è..." non sapevo davvero cosa dire "Ovviamente devi sempre dimostrare che sei più bravo di me nei regali"
"Non è vero, tra noi due sei tu la più brava"
Lo guardai poco convinta, ma non ribattei.
Mentre contemplavo quel braccialetto, Stefano fece ripartire My funny Valentine.
Continuammo ad ondeggiare in silenzio con la mia guancia appoggiata sulla sua e con un'eleganza che non sapevo di avere, forse la stanchezza mi trasformava.
"Stefano" lo chiamai "Verrai anche a Milano?" non sapevo quale risposta volessi sentire.
Non mi rispose subito e continuò ad ondeggiare insieme a me, fino a quando la canzone non finì "Si"
Si.
Ero felice o scontenta? Non riuscivo a capirlo.
"Ah" annuii leggermente "Nella mia scuola?"
"Non ho sentito nominare il tuo liceo, perciò non credo"
Mi tranquillizzai un po', m non mi ero nemmeno accorta di essermi irrigidita "Bene, non vorrei far finta di non conoscerti"
"Non saresti costretta a fingere di non conoscermi"
"L'unica cosa che potrei dire è che sei stato il mio insegnante"
"Pensavo avessimo superato quello scoglio" nella sua voce c'era un po' di irritazione e si allontanò leggermente me. Aveva lasciato la mia mano e la mia vita, ma era ancora abbastanza vicino per poterlo baciare.
"Verresti nella mia scuola e tutti saprebbero che sei stato il mio insegnante. Non posso ancora dire di essere la tua fidanzata, non lì. Non ora che vado ancora al liceo, inizierebbero a girare delle voci"
"Da quando ti importa delle voci?" non avrebbe iniziato un litigio, non con me in quelle condizioni.
"Mi preoccupo per te, per l'effetto che potrebbe avere sulla tua carriera in questo momento e-"
"Non ho bisogno che tu mi protegga" la sua voce era troppo dura e non mi piaceva.
"Okay" era l'unico modo per scampare a quell'imminente litigio "Tanto non verrai nella mia scuola, non capisco perchè ci poniamo il problema"
"Si, infatti" fece uno sguardo strano, poco convinto.
Questa volta fui io ad allontanarmi, appoggiandomi allo schienale del divano nero, guardando un punto per terra, proprio accanto alle mie converse blu usurate.
Entrambi sospirammo nello stesso momento, poi udii la sua voce sommessa "Scusa"
Non alzai lo sguardo, ma nemmeno lui lo fece "Non fa niente"
Non ero arrabbiata con lui, ero infastidita, ma non arrabbiata. Le mie intenzioni non erano quelle di rovinare quel tempo insieme, perciò molto lentamente feci qualche passo nella sua direzione, per poi avvolgerli le braccia attorno al suo collo e baciarlo alzandomi sulle punte "Dimentichiamo l'ultimo minuto, va bene?"
"Va bene" mi strinse fra le sue braccia, avvolgendole attorno alla mia vita e tirandomi a sé "Scusa"
"Di solito sono io quella che si scusa e tu quello che prova ad evitare il disastro, cosa è successo?" provai a sdrammatizzare, riuscendoci dato che lo vidi sorridere "Ti va di andare a cena fuori?"
Lo guardai accigliata "Sai che potrei crollare a terra in ogni istante vero? Non ho dormito nemmeno un minuto questa notte"
"Sei stata male?"
"No, ho visto film e serie tv per tutta la notte"
Sgranò gli occhi, trattenendo una risata "Tu cosa?"
"Mhm mhm" mormorai come per confermare ciò che avevo appena detto.
"Si possono fare tante cose la notte, come dormire"
Mi avvicinai ulteriormente al suo viso, le nostre labbra distavano poco meno di due centimetri "O l'amore"
Stefano deglutì e quando parlò la voce era roca "Si, anche quello" poi aggiunse "E noi siamo molto bravi"
"Io sono molto brava" lo stavo stuzzicando, perchè Stefano era di gran lunga più bravo. Molto, molto più bravo.
"Forse dovrei ricordarti le mie prestazioni"
"Potrei addormentarmi" era una battuta, ma una parte di me temeva sarebbe successo per quanto io fossi stanca.
"Amore mio, ti ridarò così tanta energia che non avrai bisogno di dormire per giorni" ora bastava solo un centimetro per baciarci, io ero ancora sulle punte dei piedi. Volevo controbattere con qualcosa di accattivante, ma lo baciai e basta.
Lui, come risposta, mi prese in braccio e, tra una risata e l'altra, andammo in camera da letto.
Se quello era l'inizio, non avevo nulla di cui lamentarmi.

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