Capitolo 33

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Elena

Raggiungemmo gli altri nell'atrio del locale davanti agli armadietti. Io aspettai con Carlo, che a malapena si reggeva in piedi, mentre Stefano prendeva le nostre cose.
Anche Flavia era completamente andata, ma riusciva comunque a camminare come una persona normale, accompagnata da Clara che le impediva di rimorchiare uno sconosciuto qualsiasi con quel tono civettuolo che mi irritava inspiegabilmente. Vincenzo, invece, era entrato in una specie di stato d'angoscia, lamentandosi della vita in generale.
"Stefano! Prendi anche la mia giacca, per favore?" Flavia gli lanciò le chiavi dell'armadietto, che lui prese al volo "Certo" rispose lui educato, lanciandomi un'occhiata.
Fissai Stefano mentre era di spalle, riflettendo sulle sue parole. Volevo andare al matrimonio di sua sorella con lui, ma non ero molto sicura sulle intenzioni: avevo la sensazione che lui non mi volesse davvero lì ma che non ne potesse fare a meno. Ero sicuramente confusa, anche perchè non conoscevo tutti i dettagli. Quello che era successo a Natale mi era ancora ignoto e lo sarebbe rimasto per un bel po' di tempo.
Stefano ritornò da me e Carlo e mi aiutò ad infilare il cappotto, poi si mise la sua giacca di jeans e porse a Carlo la sua giacca. Subito dopo si avvicinò a Flavia per darle il suo cappotto beige e lei gli sorrise abbracciandolo "Grazie mille!"
"Sei proprio ubriaca" commentò Clara roteando gli occhi e staccandola da Stefano.
Prendendo sotto braccio Carlo per non farlo cadere, mi avvicinai a loro e sentii Flavia dire "Siete tutti così belli!", poi prese il volto di Stefano tra le mani "E tu sei davvero bello!"
Stefano si scostò delicatamente "Uhm, grazie"
"E io non sono bella?" lo stava guardando con gli occhi da cucciolo ed io la guardai con degli occhi di fuoco.
"Sì, certo" rispose lui, allontanandosi sempre di più.
Clara notò la mia espressione "Scusala, Elena. Quando è ubriaca si trasforma in una persona totalmente diversa che abborda il primo ragazzo che si trova davanti" poi aggiunse "Meno male che non ha la sbronza nostalgica, perchè in quel caso vorrebbe chiamare l'ex"
Flavia si sistemò i capelli ricci dietro le orecchie, continuando a fissare Stefano "Vuoi il mio numero di telefono?"
"Ce l'ho già"
"Allora chiamami presto, tesoro" gli fece l'occhiolino, poi mise storto un piede e cadde in avanti, Clara fece in tempo a prenderla. Dovetti trattenere una risata.
Carlo, in tutto questo, non parlava, ormai era andato.
Stefano mi si affiancò "Andiamo a casa?"
"Decisamente" sussurrai continuando a guardare male Flavia.
Stefano mi aiutò a sostenere Carlo e, dopo aver salutato il resto del gruppo, uscimmo dal locale per raggiungere l'auto.
Sistemammo Carlo sul sedile posteriore e poi Stefano si mise alla guida, con me accanto a lui.
Dopo essermi assicurata che Carlo non stesse sentendo, dato che era in procinto di addormentarsi, mi rivolsi a Stefano "Sei un'attrazione per le ragazze ubriache"
"Non è la prima volta che Flavia si ubriaca così"
"Lo immagino" roteai gli occhi e appoggiai la testa al finestrino gelido.
"Ti devo ricordare di quanto tu ti sei ubriacata così?" soppresse una risata, ma ritornò serio quando vide il mio sguardo "Elena, che ti prende?"
"Niente" non volevo aggiungere altro. Non ero gelosa, perchè sapevo che né lui né quella ragazza provavano qualcosa l'uno per l'altro, però mi aveva comunque infastidita.
Stefano tacque, era sempre stato bravo a distinguere i momenti in cui doveva parlare e i momenti in cui doveva tacere. Il senso di colpa, però, inizio a martellarmi del petto: non mi andava di rovinare il primo giorno dell'anno perchè una sua amica si era ubriacata. Anche io non ero più lucida, nonostante non fossi ai suoi livelli. Inoltre, dovevamo ancora discutere del matrimonio della sorella.
"Dovremmo aiutarlo ad entrare in casa e assicurarci che stia bene" dissi facendo un cenno a Carlo, che ormai si era addormentato.
"Sì, sì buona idea"
Ogni volta che eravamo in una situazione del genere (ovvero quando la bomba di un litigio rimaneva sospesa e attendeva ad esplodere), l'atmosfera si faceva incredibilmente tesa e nessuno di noi due osava parlare per primo.
Molto esitante, allungai una mano verso di lui, posandola con il palmo verso l'alto sulla sua gamba. Lo guardai incerta di cosa avrebbe fatto lui, ma mi tranquillizzai quando intrecciò le dita della sua mano con le mie. Gli strinsi forte la mano e, senza mollare la presa, continuai a guardare fuori dal finestrino. Nonostante l'ora tarda, c'era ancora un sacco di gente in giro.
"Verrò" non pensai nemmeno a quello che stavo dicendo, ma sapevo che quella era la cosa giusta da fare. Le mie parole uscirono dalla mia bocca come un sussurro, ma lui mi sentì lo stesso, mi sentiva sempre.
Si voltò per un secondo verso di me e il suo sguardo conteneva quel grazie che non disse ad alta voce.
Non doveva dirmi subito tutta la storia della sua famiglia, lui aveva espressamente detto di aver bisogno di me ed io, a prescindere da qualsiasi cosa che sarebbe successa, ci sarei sempre stata per lui. Sempre.

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