Capitolo 16

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Stefano

Tornai a casa che erano quasi le due di pomeriggio con una busta di carta con dentro un hamburger ancora caldo, che mangiai in pochi secondi. Andai a lavarmi i denti, mi sfilai i vestiti per indossare una tuta e poi presi dalla mia tracolla di cuoio quel pacco di compiti che volevo correggere oggi nel mio studio a scuola. Mi sedetti sulla sedia davanti alla mia scrivania spostando momentaneamente il computer portatile sul comodino e iniziai a leggere i temi sul cambiamento climatico che avevo dato.
Corressi il secondo tema ed Elena non mi aveva ancora chiamato. Forse avrei dovuto chiamarla io?
Ero appena arrivato al quarto tema, quando il mio cellulare squillò ed io balzai sulla sedia, pensando entusiasta che fosse Elena.
Mi alzai in cerca del cellulare, che avevo lasciato sul tavolo dopo aver pranzato. Lo presi e risposi subito "Ehi" feci sorridendo "Stavo giusto pensando di chiamarti, mi manca la tua voce"
"Oh, tesoro" la fastidiosa voce di Carlo che fingeva di essere una ragazza mi irritò e mi fece irrigidire.
"Ah, sei tu" esclamai deluso "Che c'è?"
"Chi volevi chiamare? Quella ragazza El-el, come si chiamava? Elisa?"
"Elena" risposi a denti stretti.
"Ah, giusto. Meno male che non l'hai salutata dicendo qualcosa di sconcio, altrimenti sai che imbarazzo?"
"Io non la saluto mai con qualcosa di sconcio, al massimo quello saresti tu"
"E gliene direi tante di cose sconce, a lei"
Strinsi il telefono con forza per calmarmi "E se anche ci provi, non riuscirai nemmeno più a parlare"
"D'accordo, professore. Non mi metta la nota per favore"
Decisi di cambiare discorso "Perchè mi hai chiamato?"
"Volevo solo parlare un po', perdere un po' di tempo. Stasera ci sei vero?"
"Si, ci sono" forse ero troppo scortese con lui, ma non mi piaceva il modo in cui parlava di Elena.
"Bene" ci furono dei secondi di silenzio "Ti lascio, immagino che hai telefonate più importanti da fare. Ci vediamo stasera"
"A stasera e per favore sii puntuale"
"Ci proverò, ma non prometto niente" sarebbe arrivato in ritardo come sempre.
Chiusi la telefonata e dopo nemmeno due secondi, ne ricevetti un'altra.
Elena.
Risposi immediatamente "Ehi"
"Ehi, ho provato a chiamarti poco fa ma eri occupato"
"Mi ha chiamato Carlo" non mi spiegai il perchè sentissi il bisogno di giustificarmi, ma mi rilassai quando la sentii ridere, Dio che bel suono "Non ti ho chiesto con chi stessi parlando, ma grazie per l'informazione"
Mi appoggia al muretto che separava la cucina dal salone "Che fai oggi?"
"Studio" mi rispose "E poi studio di nuovo, sono così sommersa dai libri che potrei morirci. I professori vanno così veloci col programma che tenere il passo è difficile. Non se ne fregano niente se qualcuno non capisce, loro vanno per la loro strada"
"Se non capisci qualcosa di letteratura, sai che posso aiutarti" volevo rendermi utile, esserle d'aiuto.
"Non ne ho bisogno per il momento, ma grazie" sembrava una risposta troppo formale "Devo andare ora, c'è un progetto di gruppo che mi aspetta?"
"Tu che lavori in gruppo?" mi lasciai sfuggire una risata.
"Ehi!" esclamò "Io so lavorare perfettamente in gruppo, il problema però è il gruppo in cui sono capitata: la mia compagna di banco che vuole solo fare foto, un'altra ragazza che è ossessionata dai suoi capelli e un ragazzo che pensa soltanto al sesso. Ed è in un gruppo di sole ragazze, immagina come sono fortunata"
"Ah" mi schiarì la voce "Beh, penso che il più fortunato sia lui" non ero preoccupato, mi fidavo di Elena, ma il solo pensiero che qualcuno provasse a farle delle avance... Mi innervosiva parecchio, come con quell'uomo al bar a cui avevo dato un pugno "Dai, vai" feci "Non voglio farti fare tardi"
"Mhm" mormorò lei "Si, dovrei andare"
Ci furono alcuni secondi in cui nessuno dei due parlò, poi sentii improvvisamente la sua voce "Ti amo" quasi un sussurro, ma mi provocò un sospiro di sollievo, anche se non sapevo perché fossi sollevato "Anche io ti amo" le risposi prima di chiudere la chiamata.

Qualche ora dopo iniziai a vestirmi per la serata, indossando una camicia nera su dei jeans neri, con gli stessi stivaletti che avevo indossato a scuola. Infilai la giacca e poi uscii di casa, mettendo il telefono e il portafoglio in tasca.
Mi ricordai di dover andare a prendere Flavia solo una volta salito nell'auto e partii verso casa sua. C'era davvero tanta gente in giro e mi fermai più volte per far passare dei pedoni. Alla fine feci qualche minuto di ritardo e mi dispiacque pure perché Flavia mi stava aspettando sul marciapiede con quel freddo.
Non appena mi vide, sorrise e si infilò velocemente nell'auto, adagiandosi sul sedile e sfregandosi le mani "Ciao" mi disse sistemandosi.
"Ciao, pronta per andare?" improvvisamente iniziai a chiedermi se avessi dovuto dire ad Elena che dovevo andare a prendere Flavia, ma ormai era troppo tardi.
"Si!" mi fece vedere una piccola bustina bianca con su scritto Pandora, quello doveva essere il regalo.
"Grazie per esserti occupata tu del regalo, ci hai salvati" iniziai ad avviarvi verso il locale, ci avremmo messo dieci minuti ad arrivare.
"Oh, tranquillo. È stato un piacere"
"L'anno prossimo uno di noi ti accompagna, promesso"
Si voltò per guardarmi, ma non ricambiai lo sguardo perché ero concentrato sulla strada trafficata "Stefano, tu riesci a immaginare Carlo in una gioielleria? Oppure Vincenzo? Insomma... Meglio sola"
"Posso venire io con te, per non far sempre scegliere tutto a te"
"Se ti va, mi farebbe piacere"
"Certo, non ti assicuro niente però" mi misi a ridere "È Elena quella brava con i regali tra noi due" anche se comunque la collana che le avevo regalato per i suoi diciotto anni le era piaciuta e non se l'era più tolta. Però, l'ultima volta che era venuta a Firenze non la indossava.
"Ah" fu la sua risposta, forse non sapeva che altro dire.
Flavia mi stava simpatica, però in realtà non riuscivo a capire davvero che persona fosse: era molto riservata e parlava poco di lei, iniziava a chiacchierare solo se si sentiva davvero in confidenza con qualcuno. Era il contrario di Elena, che invece riusciva ad avere una conversazione interessante anche con un estraneo.
"Da quanto state insieme?" mi domandò circa due minuti prima del nostro arrivo al locale.
Da quanto stavamo insieme? Bella domanda.
Teoricamente dall'aprile dell'anno precedente, ma ci eravamo lasciati a giugno e poi rimessi insieme a settembre dello stesso anno.
"Da un paio d'anni" risposi infine, parcheggiando l'auto.
Lei, invece, non fiatò e si limitò a scendere dall'auto, seguita da me. Forse era ancora triste per essersi lasciata con il ragazzo, anche se era passato un po' di tempo.
Nonostante fossimo in ritardo, eravamo in anticipo: gli altri non erano ancora arrivati. Flavia mi propose di iniziare a sederci per prendere un bancone, dato che il locale si sarebbe riempito nel giro di pochi minuti. Accettai, soprattutto perché faceva davvero freddo fuori.
Non appena entrammo, fummo investiti da un'aria calda piacevole che mi costrinse a togliere la giacca. Anche Flavia cercò di togliersi il suo cappotto nero lungo, ma ad un certo punto i capelli ricci le si incastrarono nella tracolla della borsa.
"Aspetta, aspetta" mi affiancai a lei e provai a sfilarle i capelli da una delle fibbie della tracolla. Dopo circa dieci secondi riuscii nel mio intento e lei sospirò sollevata "Grazie" mi sorrise poi mi indicò con un cenno dei posti che si erano appena liberati.
Camminammo a passo svelto e ci infilammo nei sedili del bancone, scambiandoci uno sguardo di vittoria "Meno male che siamo arrivati in tempo" fece "Se avessimo aspettato gli altri..."
"Già, Carlo non è mai puntuale, Vincenzo invece dipende dalla giornata"
"E Clara" aggiunse Flavia "È col suo nuovo fidanzato a fare chissà cosa"
"Non voglio pensare a certi scenari"
"Perché? Tu e-" non appena iniziò a parlare fu interrotta dal vocione di Carlo che addirittura sovrastò la musica "Ehilà voi due!"
Non appena vidi che dietro di lui c'erano Vincenzo, Clara e il suo fidanzato, mi alzai e andai ad abbracciarla "Buon compleanno, Clara!"
"Grazie!" mi sorrise e ricambiò l'abbraccio, per poi abbracciare Flavia che si era alzata.
Notai la presenza anche di un altro uomo, che Clara prese sotto braccio. Era alto qualche centimetro in meno di me, ma era più alto di Clara. I suoi capelli erano di un biondo scuro, molto corti e aveva nello sguardo un non so che di severo dietro i suoi occhi color nocciola "Ciao, sono Angelo" il primo a cui tese la mano fui io e a turno ci presentammo dicendo i nostri nomi. Flavia, invece, già lo conosceva.
Ci sedemmo sui sedili del bancone, Flavia e Clara una di fronte all'altra attaccate alla parete, io ero al centro tra Flavia e Vincenzo, mentre davanti a me c'era Angelo che si trovava in mezzo a Carlo e Clara.
Angelo era chiaramente a disagio e iniziai a pensare a cosa avrebbe fatto Elena in quella situazione: avrebbe iniziato a parlargli per farlo sentire parte integrante del gruppo.
"Allora, Angelo" iniziai a dire "Studi all'università?"
"No, sono un militare" mi rispose tutto composto e Clara gli strinse la mano, dopo aver smesso di chiacchierare con Flavia. Tutti stavano ascoltando la conversazione.
"Oh, bello. E quanti anni hai?"
Sul serio?
Di una cosa ero certo: non ero Elena, non possedevo la sua abilità nel far sentire tutti parte del gruppo.
"Trenta"
Lui e Clara allora avevano solo due anni di differenza, dato che lei ne aveva compiuti ventotto. Niente in confronto agli otto anni che separavano me e Elena.
"Come vi siete conosciuti?" chiese Vincenzo.
Angelo fece qualcosa che assomigliò ad un accenno di sorriso, ma Clara fu più veloce di lui a parlare "Ero in ospedale per il mio tirocinio e lui si trovava in pronto soccorso e..." iniziò a raccontarci di come avevano iniziato a frequentarci, anche se rimase molto vaga su alcuni dettagli. Carlo era palesemente annoiato dalla conversazione, ma almeno faceva finta di ascoltare, mentre Vincenzo sembrava molto rapito e interessato. Io sorridevo di tanto in tanto, ma nonostante stessi ascoltando, la mia mente continuava a rivivere il momento del primo incontro con Elena in quella libreria. Sapevo di essere cotto non appena avevo posato gli occhi su di lei: ero davvero rimasto senza fiato. E ricordavo bene cosa avevo provato dopo averla vista in classe il mio primo giorno di lezione: condannavo la mia maledetta sfortuna.
All'inizio pensavo fosse solo un'infatuazione, ma capii di essermi davvero innamorato la sera di capodanno, su quella terrazza dove si riusciva ad ammirare una Firenze notturna in preda ai festeggiamenti, quando lei mi stava quasi implorando di stare insieme. Avrei voluto baciarla in quell'istante. Avrei voluto baciarla qualsiasi istante prima. Capii di amarla perché il pensiero di starle lontano mi procurava un dolore sia emotivo che fisico. Avevo continuato ad amarla, durante tutti i suoi alti e bassi. Continuavo ad amarla, anche se sentivo che ci stavamo allontanando in qualche maniera. E avrei continuato ad amarla, in ogni caso.
La nostra amica finì di parlare e Flavia le rivolse un ampio sorriso "Sono così contenta per voi! Basta che mi non mi cacciate da casa, non riuscirei a trovare un altro posto così vicino all'università!"
"Vivete insieme?" Vincenzo voleva proprio fare domande quella sera.
"Oh no!" esclamò Clara "Insomma le cose si fanno con calma"
"Oh, Angelo" fece Carlo "Vivi da solo finché puoi, perché non avrai più la tua libertà poi"
"Non è vero!" ribatté Flavia "Penso che una coppia solida possa vivere insieme con tranquillità, mantenendo sempre la libertà"
"Si" scherzai io guardandola "Poi non riconosci più casa tua"
Flavia buttò la testa all'indietro e rise, come tutti gli altri del mio gruppo "Accetto la battuta, Stefano, ma non sono d'accordo"
Clara ricominciò a parlare, poi sentii gli occhi di Carlo su di me e mi voltai verso di lui: mi stava guardando con un'espressione un po' confusa con le sopracciglia aggrottate, poi il suo sguardo cambiò direzione e io lo seguii: Flavia aveva poggiato la mano sulla mia gamba mentre rideva. Non me ne ero nemmeno accorto.
Con delicatezza mi scostai allontanandomi un po' e subito dopo sentii la voce di Carlo "Stefano scherza, ma oggi pomeriggio l'ho chiamato e mi ha risposto pensando che fossi la sua ragazza: mi manca la tua voce" mi fece il verso in modo scherzoso "E io gli ho detto: meno male che non mi hai risposto con niente di sconcio" tutti risero, me incluso.
"E io ho replicato" ribattei "Che non la saluto mai con qualcosa di sconcio. Sai, quelle cose, al contrario di te, preferisco farle piuttosto che dirle" alzai le sopracciglia in segno di vittoria con Carlo che scuoteva la testa ridendo e Vincenzo che esclamava un "Oh" allungando la o sgranando gli occhi e sorridendo, come per dire "E adesso come rispondi, Carlo?".
Flavia ritirò di scatto la mano e afferrò velocemente il regalo di Clara, porgendoglielo e facendo un sorriso forzato.
"Ragazzi! Grazie!" esclamò lei mentre apriva il braccialetto che Flavia aveva comprato, da cui pendeva un ciondolo con un cuore blu.
"Il prossimo giro lo offro io" feci, per poi alzarmi e andare dal barman per prender altri sei boccali di birra, poi udii Carlo che mi chiedeva di aspettare e così feci, trovandomi faccia a faccia con lui davanti al barman che riempiva i boccali.
"Che storia è questa?"
Non capii bene la domanda "Come?"
"Flavia" sussurrò "Insomma, pende dalle tue labbra, cazzo. Non l'hai vista?"
Io non risposi e lui continuò a parlare "Siete venuti insieme, eravate da soli uno accanto all'altro quando noi siamo arrivati. Il modo in cui ti guarda, la mano sulla tua gamba. Stefano, porca miseria, non stai tradendo la tua ragazza, vero?"
"No!" esclamai inorridito "Non potrei mai farlo e non lo farò"
"Allora inizia a mettere dei paletti, perché corri il rischio che quella lì si illuda" iniziò a prendere tre dei boccali di birra, mentre io presi gli altri tre.
"Aspetta..." feci fermandomi mentre camminavamo verso il bancone "Hai accennato alla telefonata di oggi per-"
"Per farle capire che sei impegnato, dato che secondo me mica l'aveva capito"
"Sarai pure uno stronzo" dissi "Ma sei intelligente"
Eravamo arrivati al tavolo e poggiamo i boccali di birra sul tavolo.
"Sono molto intelligente, professore. E tu non fare cazzate" mi diede una pacca sulla spalla e poi ci sedemmo insieme agli altri.
Vincenzo si alzò per farmi spazio e farmi risedere al posto di prima, accanto a Flavia, ma io gli feci cenno di non preoccuparsi e mi sedetti accanto a lui, facendo mettere Vincenzo al centro.
"Di che parlavate?" chiese Flavia avendo sentito l'ultima parte della nostra conversazione.
"Niente di importante" replicai io, lanciandole solo uno sguardo fugace.
Per tutta la serata io e Carlo continuammo a scambiarci sguardi d'intesa, quando poi verso la fine il mio cellulare che avevo poggiato sul tavolo squillò.
"Uh!" fece Clara leggendo il nome sul display "Guarda un po' chi è"
Guardai l'orologio: era circa l'una di notte. Mi preoccupai: doveva essere successo qualcosa.
Afferrai il telefono e risposi subito, senza curarmi del mio gruppo che mi guardava curioso, tranne Angelo, che non era molto interessato.
"Ehi, amore" la salutai "Stai bene?"
Carlo mi fece l'imitazione, ma non gli prestai molta attenzione: aspettavo una risposta da parte di Elena.
"Si, certo" fece lei "Ho appena finito di studiare storia e volevo salutarti"
Feci un sospiro di sollievo "Amore" dissi piano "É quasi l'una di notte"
"Ah" esclamò lei "Non me ne ero accorta, scusa"
Ridacchiai, sporgendomi verso l'esterno del bancone per allontanarmi un po', rimanendo seduto "Tranquilla, mi ero solo preoccupato"
"Dove sei?" mi domandò "Sento della musica"
"In un locale" le avevo accennato al compleanno di Clara, ma probabilmente se ne era scordata.
"Ah, giusto! Il compleanno di Clara, me l'ero dimenticata. Falle gli auguri da parte mia"
"Va bene, ma ora dovresti dormire, lo sai vero?"
"Si, sto morendo di sonno e lo studio della storia non mi aiuta. Buonanotte, ti amo"
"Ti amo, buonanotte" chiusi la chiamata e mi rivolsi a Clara, che mi stava guardando sorridendo "Elena ti fa gli auguri"
"Ringraziala" mi rispose lei.
"Ti amo, buonanotte" Carlo mi fece ancora una volta l'imitazione e io scossi la testa sorridendo divertito "Molto maturo, Carlo"
Ridemmo tutti, tranne Flavia che stava cercando inutilmente di fare un sorriso forzato.

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