Capitolo 35

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Stefano

Elena suonò il campanello della sua stessa casa e aspettammo pazientemente all'esterno che il fratello di Elena ci aprisse. Ero un po' spaventato dall'esito della serata, ma soprattutto perchè ero fermamente convinto che suo fratello mi odiasse.
Fortunatamente ad aprirci fu Claudia, la quale ci accolse con un sorriso radioso "Ciao, ragazzi! Puntuali fino al midollo"
"È Stefano che mi fa essere puntuale" Elena mi diede una gomitata leggera e amorevole, per poi sfiorarmi con la mano le mie dita. Una carezza che mi fece venir voglia di girarmi e baciarla, ma il pensiero di suo fratello lì vicino mi immobilizzò.
"Figurati" replicò la ragazza davanti a noi spostandosi una ciocca di capelli ondulati dietro l'orecchio "Ma che fa mentre si prepara?" quando si rivolse a me sussultai: ero davvero teso.
"Inizia a prepararsi, però poi si mette a parlare e se non le rispondo si arrabbia"
Claudia scoppiò a ridere e poi si spostò per farci entrare dentro casa, poi abbracciò Elena per salutarla.
Non era cambiata dall'ultima volta che ero venuto, se non per qualche decorazione. Elena si guardava intorno, come per chiedersi se quella fosse ancora casa sua. Se mi avesse posto questo quesito, non avrei saputo risponderle.
Certo che è casa tua pensai immaginando una risposta Ma vorrei che considerassi casa mia come casa tua. Consideri casa tua Firenze, questo edificio in cui ci troviamo. Consideri casa tua anche tuo fratello, ma vorrei essere io casa tua. Vorrei che quando mi abbracciassi, in qualunque posto del globo, dicessi "Sono a casa"
Quella era una risposta troppo complicata, probabilmente avrei fatto meglio a stare zitto. Luca riemerse dalla cucina immerso in una nuvola di fumo e tossendo "Forse è meglio se ordiniamo una pi-" si bloccò non appena ci vide "Ciao"
"Ehi!" Elena si allontanò da me per andare ad abbracciare suo fratello "Che hai combinato? Lo chef che è in te è andato in pensione?"
"Mi sono distratto è si è bruciata la cena" lui mollò la presa e le sorrise beffardo "Ma tra noi due sei comunque tu quella che non sa nemmeno accendere un fornello"
"Non è vero!" ribatté lei.
Continuarono a discutere sulle pessime abilità di cuoca di Elena e io me ne rimisi in disparte con Claudia, anche perchè non volevo intervenire dato che quello che diceva Luca era in parte vero: l'unica cosa che sapeva fare erano i dolci, ma per il resto non sapeva dove mettere le mani.
Claudia si offrì di prendermi il cappotto e appenderlo. La ringraziai ma cercai di appendermelo da solo: non volevo crearle disturbo, ma lei insistette e alla fine mi lasciai convincere.
Elena e Luca finirono di discutere e si avvicinarono. Suo fratello ed io ci guardammo un po' in imbarazzo, poi però mi tese una mano e io la strinsi. Una forma di saluto un po' fredda, ma mi andava bene.
"Come va?" mi chiese.
"Molto bene, grazie. Tu, invece?"
"Bene, grazie"
Uno scambio di parole civile e educato, stavo andando bene. Ero così nervoso che quasi mi tremavano le mani e avevo tutti i muscoli in tensione.
Elena lanciò un'occhiata nervosa a me e a suo fratello. Le feci un piccolo cenno con un sorriso cercando di infonderle sicurezza, anche se ero io ad averne bisogno.
"Ordiniamo una pizza, quindi? Avevamo preparato una cenetta deliziosa!" Claudia aggrottò le sopracciglia e mise le mani nei larghi pantaloni beige, abbinati ad un maglione nero.Guardando i suoi vestiti iniziai a chiedermi se fossi vestito adeguatamente. Stavo per mettermi la cravatta, però Elena me l'aveva buttata infondo all'armadio, dicendomi di non essere troppo elegante. Alla fine avevo indossato dei pantaloni neri con una camicia bianca e un maglioncino verde petrolio.
Elena, invece, si era messa dei jeans a zampa d'elefante blu scuri, che con le sue gambe lunghe le stavano benissimo. Dentro i jeans, fermati da una cintura di cuoio, aveva incastrato un maglioncino celeste aderente. Dal collo le pendeva la collana che le avevo regalato per il suo diciottesimo compleanno e al polso aveva il mio regalo di Natale. Era bellissima e perfetta, illuminava la stanza con la sua presenza.
"La pizza va bene" rispose Elena entusiasta "Anzi, benissimo!"
Mentre Luca componeva il numero della pizzeria e ordinava le pizze, Claudia si avvicinò ad Elena "Quando riparti per Milano?"
"Dovrei ripartire il 4 gennaio, per stare lì a Milano qualche giorno prima che inizi la scuola"
Mi ero completamente dimenticato di dover andare anche io a Milano, però io sarei andato con la macchina la sera del 6. Elena ancora non sapeva che io avrei potuto presentare il mio libro alla sua classe, ma non avevo intenzione di dirglielo perchè non avevo la massima certezza e non volevo turbarla con questa notizia. Non voleva in nessun modo che la sua classe partecipasse ma io ancora non ne avevo capito il motivo. Nemmeno lei lo sapeva, secondo me.
Dopo un po', Luca disse qualcosa che speravo non dicesse "Eri molto entusiasta quando ti ho chiamata questo pomeriggio"
Io mi strozzai con la saliva e iniziai a tossire, ma Elena non si scompose "Non vedevo l'ora di vederti, poi Stefano aveva cucinato dei pancake buonissimi ed ero felice di mangiarli"
Non sapevo se scappare in bagno o mettermi a ridere. Optai per una risata, giustificata con un "Lei ama i miei pancake"
Dopo aver sentito le mie parole, vidi Elena che iniziava a cedere, ma per fortuna Luca ci diede le spalle per andare a prendere e pagare le pizze.
Io ed Elena ci guardammo complici e iniziammo a ridere silenziosamente. Claudia si mise a guardarci, ma sembrava che stesse trattenendo una risata anche lei.
Ci sedemmo a tavola e iniziammo a mangiare. Elena quando vide le patatine fritte esultò per la gioia, nonostante non le mangiasse dalla sera precedente.
"Allora, Stefano" iniziò a dire Luca, seduto davanti a me, dopo una tregua silenziosa di circa dieci minuti, in cui Elena e Claudia avevano parlato di una serie tv "Ho saputo che stai facendo un tour del tuo nuovo libro, come sta andando?"
Prima di rispondere guardai per un secondo Elena, seduta accanto a me "Sta andando molto bene. L'ultima tappa è Milano, ho visitato molte città d'Italia e ne sono stato felice, nonostante sia restato in ogni città due giorni scarsi"
"E per il lavoro?" continuò lui.
"La mia casa editrice ha ammucchiato tutti gli incontri in due settimane per farmi perdere meno giorni di lavoro possibile, sono stati molto comprensivi"
"Milano, quindi?"
"Sì" nonostante Luca fosse più piccolo di me, avevo quasi l'istinto di rispondere Sì, signore, perchè in quel momento stava interpretando il ruolo del padre di Elena.
"E la classe di Elena parteciperà?"
Quasi mi strozzai, di nuovo. Esitai per qualche secondo: dire tutto ora e rischiare una scenata di Elena davanti al fratello o rimandare il disastro?
Rimandare, definitivamente rimandare.
"Non credo" risposi, cercando di restare vago "Claudia? Come va con gli studi?"
Lei iniziò a raccontarmi di come i suoi studi stessero procedendo bene e di come sperasse di diventare un insegnante di liceo.
"Magari avessi avuto una professoressa come te!" esclamò Elena facendomi sorridere divertito "La mia professoressa di storia è insoppor-" si bloccò all'improvviso "Beh, la mia vecchia professoressa, di quando andavo ancora a scuola qui" abbassò la testa presa dalla tristezza e feci scivolare la mano sulla sua, intrecciando le nostre dita e stringendo la presa "Sarebbe bello averti come collega" sorrisi a Claudia continuando a stringere la mano di Elena.
Luca guardò la sorella in un modo strano, ma lei non se ne accorse, poi prese un bel respiro prima di parlare "Devo dirti una cosa, Elena"
Lei alzò lo sguardo e lo guardò "Cosa?"
"Io e Claudia, non appena mi sarò laureato, e non manca molto, ci trasferiremo in una casa tutta nostra"
Silenzio.
"Dato che ho già ricevuto un'offerta di lavoro e che sarò assunto non appena laureato Insomma, non voglio vivere nella casa di mamma e papà per tutta la vita, mi sentirei dipendente da loro"
Elena mi stritolò la mano mentre cercava di respirare regolarmente "Venderete questa casa?"
"No" si affrettò a rispondere Luca.
Elena si rilassò, mentre io e Claudia ci guardammo in silenzio: entrambi avevamo la sensazione di non dover essere presenti in quel momento, ma nessuno si mosse.
"Come farai a sostenere la spesa di due case?"
"Mamma e papà pagheranno le bollette di questa casa, come hanno fatto da quando se ne sono andati. Credo che si sentano in colpa per essere andati via"
"Quindi?" Elena continuava a fissare il fratello con uno sguardo confuso.
"Quindi niente" il suo sguardo si posò su Claudia per un secondo, poi guardò di nuovo Elena "Non cambierà granché, semplicemente noi non vivremo più qui, ma la casa rimane sempre nostra. Potremo venire ogni volta che vogliamo, entrambi abbiamo le chiavi. Quando verrai a Firenze da Milano potrai scegliere se stare qui o stare da me, ma questa casa rimane ancora nostra"
"Questa casa rimane nostra" ripeté Elena in una specie di trance. Mi sfuggiva la ragione per cui la sconvolgesse così tanto: insomma, sì, era la sua casa d'infanzia, ma era solo una casa. Forse ero così cinico per via dei miei rapporti con la mia famiglia e la mia casa d'infanzia: se avessi potuto, non ci sarei mai più tornato in quel posto.
"Nostra"
"Avete già trovato un appartamento?"
"No" rispose Luca "Non abbiamo nessuna fretta, ma volevo dirti tutto il prima possibile"
"D'accordo" Elena sembrava un po' persa, sembrava assente.
Finimmo di mangiare e sparecchiammo, in silenzio. Elena non parlò molto per il resto della serata, poi ad un certo punto Claudia la prese in disparte ed entrambe andarono al piano di sopra.
Mentre mettevo l'ultima posata nella lavastoviglie, Luca si appoggiò alla penisola della cucina e mi fissò "Dobbiamo parlare, Stefano"

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