||deficiente||

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Appena metto piede fuori dal dormitorio una ventata di freddo mi colpisce il viso, mi stringo al cappotto. Dio sto congelando, non capisco perché si è fatto freddo tutto ad un tratto. Una settimana fa durante il pomeriggio riuscivo anche a stare in felpa, ora con il cappotto ho freddo. E poi osano dirmi che il tempo non ha il ciclo eh.

Cammino a passo svelto, prima arriviamo dentro il centro commerciale, prima mi scongelo. Ma a quanto pare il mio caro accompagnatore non sembra della mia stessa idea. Mi fermo e volto verso di lui

-ti vuoi muovere cazzo, tra un po' vediamo i pinguini- dico, mentre parlo un fumetto bianco mi esce dalle labbra. Cazzo fa davvero freddo.

-non fa così freddo Ness, non è colpa mia se il tuo cappotto non tiene un accidente- dice con le mani infilate nelle tasche, io sbuffo

-non tutti hanno una stufa come corpo- dico impedendomi di incrociare le braccia al petto, solo perché questo comporterebbe toglierle dalle tasche. Lui scuote la testa, come se avesse a che fare con una deficiente. Io lo guardo male. Con due falcate mi raggiunge, mi circonda le spalle con il braccio e mi stringe a sé. Io lo guardo male -toglimi le mani di dosso, Baker- dico incontrando il suo sguardo

-Smettila di lamentarti Ness, muoviamoci che sembri un ghiacciolo- mi dice iniziando a camminare a passo svelto. Io sbuffo ma continuo a camminare. Chi capisce questo ragazzo è davvero bravo. Appena entriamo nel centro commerciale sento le guance e naso scaldarsi. Sfrego le mani per scaldarle, nonostante fossero dentro le tasche sono congelate.

-troviamo un posto dove mangiare su- mi dice indicando con un cenno della testa il piano dedicato ai ristoranti. Io annuisco e insieme saliamo le scale mobili.

Alla fine decidiamo di andare a mangiare in un ristorante italiano. Ci sediamo in un tavolo vicino alle finestre. Tolgo il cappotto e guardo fuori. Amo i tavoli vicino alle finestre, mi permettono di vedere tutto il campus sotto di me, mi fa sentire più libera e meno rinchiusa.

La cameriera ci si avvicina, posa lo sguardo su Evan e lo lascia lì per un bel po' di tempo, io alzo gli occhi al cielo. Ci risiamo.

-buonasera, cosa ordinate?- ci chiede rivolgendo un sorriso smagliante al ragazzo difronte a me e facendomi una smorfia quando incrocia il mio sguardo. Patetica.

-una diavola e una con i pomodorini, con poca mozzarella e due birre, grazie- dice Evan senza rivolgere nemmeno uno sguardo alla cameriera, ma io sono troppo impegnata a guardarlo con un sopracciglio alzato, per rendermene conto. Sono confusa, come fa a conoscere la mia pizza preferita, e sapere che la preferisco con poca mozzarella. Quando la gallina se ne va sculettando, lui incrocia il mio sguardo

-che c'è? Ho ordinato la pizza che mangiavi sempre quando eravamo piccoli, ricordo che ti lamentavi sempre della troppa mozzarella. Hai cambiato gusti?- mi chiedo confuso e divertito

-come fai a ricordarlo?- gli chiedo appoggiandomi allo schienale della sedia, lui non mi risponde sorride solo, io scuoto la testa -stupido- gli dico sorridendo anch'io.

Appena arrivano le birre ne bevo un sorso, mi alzo da tavola dicendo ad Evan che vado in bagno. Mi porto appresso il telefono. Quando torno a sedermi Evan è intento a guardare il telefono, io controllo il mio, e le eventuali notifiche. Beth mi chiede dove sono e io rispondo che sono fuori a mangiare e che arrivo tra un po'. Noto che Cole mi ha mandato un messaggio, lo visualizzo, mi chiede se domani posso passare nell'appartamento, rispondo che non c'è problema e se è successo qualcosa di grave. Lui risponde subito, un sorriso sincero mi compare sulle labbra, amo le persone che rispondono subito, mi scrive che non succede nulla di grave ma deve solo chiedermi una cosa, rispondo con un okay e rimetto il telefono in borsa.

I need a hug [in pausa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora