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L'autunno è sempre stata la stagione preferita di Jimin.
Le foglie che delicatamente cadono dagli alberi, i fiori che lentamente sbocciano mostrando la loro bellezza e la gente seduta a godersi la calma di quel posto.
Sin da piccolo sua mamma lo portava in questo parco.

Qui disse la sua prima parola, qui iniziò a gattonare e poi a camminare e qui migliora se stesso e le sue passioni ogni giorno.

Questo parco lo ha visto crescere, piangere e scappare.
Quando scappava di casa saliva sopra gli alberi e piangeva.
Quando invece era felice, si sedeva sotto l'albero e cantava.

L'anima di quel ragazzo é troppo buona e onesta.
Non ha mai fatto del male a nessuno, anche se ne riceveva molto,ha sempre continuato dritto per la sua strada e i suoi obbiettivi. Per lui la vita è qualcosa di davvero grande per gli esseri umani. Solo pochi riescono a godersela davvero, per questo vuole entrare nella cerchia di queste poche persone.

Vuole vivere l'attimo, cogliere le opportunità quando si presentano e sorridere sempre.
In tutti i suoi diciannove anni é sempre stato osservato.
I suoi compagni a scuola, i suoi genitori, gli insegnanti e persino le persone del parco. Lo vedevano sempre felice e per loro tutta questa felicità è vista un male perché esserlo equivale al avere maggiore tristezza in futuro.

Jimin non ha mai capito il loro modo di pensare, forse perché era troppo impegnato a pensare a raggiungere i suoi sogni e al significato che nascondesse la vita.

Qualcuno un giorno disse :"prima che tu possa capire il significato della tua esistenza saranno passati uno o due anni".

Da quel giorno il suo modo di pensare cambiò. Si asciugò le sue ormai secce lacrime sul suo dolce viso e decise che sarebbe giunto il momento di sentirsi vivo. Come? Vivendo.

Seduto al solito tavolo, ha in mano un libro.
"la storia dell'arte" di Grombrich.
I libri sono come qualcuno che ti spinge ad andare avanti.
A rovinare la calma di quel momento é la vibrazione del telefono.
"Pronto?" risponde Jimin, con la sua piccola voce dolce.
"Jimin, sono io Tae!"

Taehyung. É il suo unico migliore amico e compagno di avventura. Quest'ultimo vive in America, ha lasciato Seoul per inseguire i suoi sogni e nonostante la distanza continuano a sentirsi sempre e ad aggiornarsi.
"Si Tae so chi sei" ridacchia Jimin. Dall'altro capo si sente Taehyung che ride alle parole dell'amico.

"Ho una bella notizia, vuoi sentirla?"
"Se è bella cer-non gli diede il tempo di finire che lanciò un urlo spaventando Jimin-torno in Corea Jimin torno!"
A quelle parole il cuore del ragazzo fece salti di gioia, avrebbe rivisto di nuovo il suo migliore amico.
Adesso aveva un motivo in più per sorridere.

Con il capo abbassato camminava tristemente.
Il sangue che colava lentamente dal naso gli faceva capire che aveva seriamente bisogno di un fazzoletto o di qualsiasi cosa lo fermasse.
Voleva avere anche lui la forza di proteggersi da quei colpi ingiusti che riceveva ogni giorno.
Non aveva fatto nulla di male, quindi perché dovevano prendersela con lui.

Si osservava attorno come se fosse disperso. Nessuno lo degnava di uno sguardo in quell'enorme parco, tutti erano impegnati a fare qualcosa.
Vedere i bambini correre e rotolarsi tra le foglie gli facevano venire la nostalgia dei vecchi tempi.
Si addentrò nel parco e si andò dove di solito si siedeva, notando però una figura che non aveva mai notato prima.

I suoi occhi viaggiano su tutto il suo corpo osservandolo attentamente.
Gli occhi fissi a leggere un libro mentre ridacchia leggermente.
I capelli lunghi rosa che si muovono a ritmo del leggero vento.
Le labbra gonfie e rosse facevano venire voglia di baciarle e assaporarle.
Il piccolo corpo dentro quell'enorme felpa leggera che indossa.
I piedi scalzi a contatto con le foglie.
Jungkook rimase colpito da tale bellezza che si dimenticò del suo sangue che stava colando.

Si avvicinò lentamente a lui e gli toccò una spalla, spaventando il ragazzo seduto che cacciò un urlo leggero.

Anche il rosato rimase ad osservare il ragazzo fermo di fronte e appena notò il sangue che stava gocciolando dal suo naso, iniziò a frugare dentro il suo zaino alla ricerca di un fazzoletto o qualcosa che potesse fermarlo.

L'unica cosa che trovò era la tovaglia fatta da sua nonna per lui nonostante fosse preziosa, il suo buon cuore diceva che quel ragazzo difronte ne aveva bisogno più che mai; quindi gliela porse.

"Tieni utilizza questa tovaglia per fermare il sangue!" disse.
"G-grazie"
"Io sono Jimin."
"Io sono Jungkook"

E rimasero ad osservarsi. Ognuno incantato dall'altro. Non si sa per quanto tempo, ma rimasero a guardarsi, senza parole, semplicemente si osservavano.

The park (Jikook) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora