Sam aprì la porta, cercando di rendersi composta. Fece per salutare l'uomo che aveva di fronte, ma non ne ebbe il tempo, Will le piombò addosso avvinghiandosi ad una delle sue gambe, felicissimo di vederla.
Sam gli scompiglio i capelli, salutandolo, trattendosi dal prenderlo in braccio vista la presenza del padre che la stava squadrando con occhi indagatori.
"Salve, mi chiamo Samantha Walsh, sono la baby sitter di Will" disse prontamente, porgendogli una mano e sforzandosi di apparire come una persona degna di fiducia.
Gabriel guardò per un istante la sua mano e senza esitazione gliela strinse, ricambiando appena il sorriso. Una stretta salda, forte."Piacere, sono Gabriel, il padre di questo marmocchio" rispose rilassando la voce, la sua espressione tuttavia suggeriva tutt'altro.
Sam invitò Gabriel ad entrare, che la seguì tranquillo fino alla cucina dove poco prima lei e Jane avevano fatto colazione. Dentro di lei una sensazione di inquietudine. Quell'uomo sembrava gentile, eppure non la metteva a suo agio.
Sperò con tutte le sue forze di vedere Jane sbucare fuori da quella porta il prima possibile, così da poter scappare da quella situazione scomoda.
"La signora Shawn dovrebbe arrivare a momenti, credo si stia preparando" disse Sam cercando di precedere le domande dell'uomo, che aveva già iniziato a guardarsi attorno spazientito. La gestualità del suo corpo indicava che era a suo agio con lo spazio circondava.
Gabriel notò le due tazzine di caffè sporche nel lavello. L'odore del caffè era ancora nell'aria.
"È molto che lavori per mia moglie?
...voglio dire, la signora Shawn.." chiese correggendo la svista ridendo di una battuta che solo lui aveva capito.Questo atteggiamento era snervante e Sam non era brava in queste cose. Will, ancora in braccio a lei iniziò ad agitarsi facendole capire di voler scendere. Corse dal padre sbracciandosi felice, precedendo la risposta della ragazza.
"Sammy gioca sempre con me e la mamma" disse il piccolo ingarbugliandosi piu volte con le parole prima di finire la frase.
"Ah davvero?a cosa giocate di bello con la mamma?" chiese l'uomo curioso rivolgendosi al figlio, vedendolo così entusiasta.
"Ai leeegooo" Esclamò lui gesticolando con le manine mimando le costruzioni altissime dei suoi ricordi.
"Che bravo ometto che sei, perché non costruisci una torre altissima e poi me la mostri??" disse l'uomo accrescendo l'entusiasmo del piccolo, che corse di fretta nell'altra stanza per mettersi all'opera.
Rimasti soli lo sguardo indagatore dell'uomo tornò sulla bionda, incoraggiandola rispondere alla domanda di pochi istanti prima.
"Dicevamo, è molto che lavori per Jane?"
Sam finse di pensarci qualche istante, prima di rispondere. L'ansia iniziò ad impossessarsi di lei, si sentiva scema a raccontare bugie, era più forte di lei. Il ricordo della notte precedente era ancora così vivido che la fece arrossire.
"Penso da poco prima delle vacanze di Natale, non moltissimo"
Gabriel annuiva tra sé e sè profondamente interessato, quell'atteggiamento era indecifrabile.
"E dimmi, come vi siete conosciute...tu e Jane"?
Le mani di Sam iniziarono a sudare, non era pronta per quell'interrogatorio a tavolino. Si sarebbe smascherata, ne era certa. Gabriel notò il suo disagio e ne sembrava in qualche modo compiaciuto.
"E tu dimmi, hai intenzione di licenziare un'altra babysitter?
Non serve che tu le faccia il terzo grado..anzi, non c'è bisogno che tu le parli affatto."In quel momento Jane entrò nella stanza lanciando prima uno sguardo ammonitore a Gabriel, poi a Sam, per assicurarsi che andasse tutto bene.
L'uomo si voltò nella sua direzione per nulla sorpreso guardando l'ex moglie da capo a piedi. A Sam non sfuggì il suo sguardo famelico sul corpo di Jane, che nel frattempo si era cambiata per poter andare a lavoro. Le sue tenute erano sempre sobrie, ma solo lei sapeva indossare quelle semplici gonne e farle apparire come il pezzo di stoffa più sensuale al mondo."Suvvia Jane, è anche mio figlio, capirà bene il perchè io voglia conoscere la sua nuova compagna di giochi.." il suo sguardo passò prima da Jane, poi a quello di Sam, divertendosi e pregustando il momento.
"O forse dovrei dire, la tua..compagna di giochi.."
Lo sguardo di Jane cambiò impercettibilmente, ma solo per una frazione di secondo, troppo brava a nascondere le sue emozioni. Sam rimase in silenzio, non sapendo chi dei due guardare rimase a fissare il pavimento desiderando di non essere lì. Cosa stava insinuando quell'uomo? E poi...come diamine aveva fatto? Ci aveva a mala pena parlato.
Jane fissava Gabriel seria."Credo che dovresti andare, ora.." sibilò facendo venire i brividi persino a Sam. L'uomo tuttavia non si scompose più di tanto, anzi.
"Vuoi forsenegare, Jane?
Non è forse la tua nuova amichetta questa? Come quell'altra aspetta.. com'è che si chiamava quel..""Adesso basta." Jane esordì profondamente infastidita, trattenendosi dal prendere a sberle Gabriel.
Tutto si fermò per un istante, l'aria sembrò improvvisamente più pesante, le gambe di Sam più molli.
Che voleva dire "nuova amichetta?" che voleva significare tutto questo?
Sam guardò Jane cercando di capire, sperando in uno sguardo di conforto, qualunque cosa. Ma Jane non la degnò di uno sguardo, tutte le sue attenzioni e tutto il suo odio erano rivolti a Gabriel, non riusciva a far trapelare nessun tipo di emozione positiva in quel momento. Tutto quel che riusciva a fare era avvelenare il suo sguardo sperando di iniettarlo direttamente all'ex marito, che sembrava non voler mollare la presa."Samantha, potresti lasciarci soli, per favore" si rivolse infine alla ragazza, riuscendo a fatica a staccare lo sguardo da quello viscido di Gabriel.
Addolcì lo sguardo non appena incontrò quelli di Sam. In quegli occhi lesse dubbi, domande, tristezza. Domande a cui non poteva rispondere, non ora.
Sam incontrò gli occhi verdi di Jane, senza trovare però quello di cui aveva bisogno."Certo...
arrivederci Ms. Shawn" disse con tono piatto, presa da un sentimento a cui non sapeva nemmeno dare un nome.
Prese le sue cose frettolosamente e uscì il più velocemente possibile da quella casa, sotto gli occhi vuoti di Jane e quelli divertiti di quell'uomo.Senza capire come, si era ritrovata a camminare per le vie deserte e nebbiose della città, spinta dalla rabbia e dalla confusione. Che diavolo era successo? D'impulso prese il cellulare dalla tasca.
"Pronto Sam?? Hey hey lesbiconaaa mi devi raccontaree". Il tono felice di Fred in quel momento quasi le dava fastidio.
"Non ora Fred..sei a casa??"
Il ragazzo esitò un istante, capendo che qualcosa non quadrava."Sì, sì ..vieni pure quando vuoi!" rispose serio e in apprensione.
"Grazie Fred."
Sam chiuse velocemente la chiamata senza aver voglia di dare spiegazioni e cambiò direzione per raggiungere la casa del ragazzo.
Non sapeva a che pensare, non voleva arrivare a conclusioni affrettate e magari sbagliate senza prima aver sentito cosa aveva da dire Jane, ma le parole di quell'uomo..avevano impiantato un germe maligno dentro di lei."nuova amichetta" l'aveva chiamata.
Cosa voleva dire? Se lei era la nuova, ce n'era una di vecchia? E lui...lui ne era a conoscenza?
Si sentiva idiota a desiderare l'esclusiva di qualcosa che non le apparteneva in alcun modo. Jane era stata chiara quella stessa mattina. "Sei adulta, non mi devi nulla.." immaginò che la cosa valesse anche per lei, giustamente.
Faceva male però.Rimuginando su tutto questo si fermò all'ombra di un albero per fumare una sigaretta. Non era solita farlo e sapeva che Fred l'avrebbe rimproverata una volta sentito l'odore, ma doveva calmarsi. Quelle che teneva nello zaino erano le sue sigarette salvavita, solo e strettamente in situazioni particolari.
La nicotina sembrò calmare il suo corpo, ma non i pensieri ammassati nella sua testa.
Scrollando la home di Instagram si ricordò di Eva, a cui non aveva ancora risposto. Spinta da sentimenti non del tutto positivi e razionali, ebbe la malsana idea di non pensare affatto."Ti va di andare a bere qualcosa?"
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Teacher's secret
RomanceSam è una studentessa modello e Jane la sua nuova insegnante. Siamo davvero sicuri di essere felici? Quando il nostro ordinario viene scosso, le nostre convinzioni cedono e siamo costretti ad ammettere che quello a cui eravamo abituati non ci basta...