34.

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Jane trascinava se stessa e le sue cose lungo il tragitto verso casa. Quel giorno in particolare, sembrava più lungo del solito. Parlare con Emma era stato di aiuto quanto non averlo fatto, le sue parole la confondevano.
In parte sapeva di potersi tranquillizzare, Emma non mentiva mai perciò quelle parole portavano il loro stesso peso. Tuttavia, lo sguardo e l'espressione disegnati sul volto di Samantha provocavano un senso di inadeguatezza sufficiente a turbarla e a farla sentire responsabile di qualcosa a cui ancora non aveva dato nome.

Svoltato l'angolo iniziò a rovistare all'interno della sua borsa, alla ricerca delle chiavi. Il buio serale non era di aiuto all'impresa;
non c'erano lampioni vicino alla casa e Jane odiava dover lasciare accesa la lucina sopra alla porta durante le ore del giorno. 
Avvertì un piccolo fremito di paura nello scorgere una figura rannicchiata sui gradini davanti all'entrata.
Si sforzò di mettere a fuoco nonostante la scarsa luminosità, e si rilassò immediatamente nel realizzare l'identità di quell'ombra. 
Sì rilassò, ma solo per tornare ad agitarsi subito dopo.

Sam.
Le braccia stringevano le ginocchia, sembrava così piccola, con la testa nascosta fra di esse. Jane si avvicinò e la ragazza si accorse di lei, si sollevò da quella posizione e si accarezzò le braccia nude. Doveva aver preso freddo stando lì ad aspettarla e Jane si sentì ancora più colpevole. 

"Will?" si informò la ragazza senza espressioni particolari sul volto.

"Gabriel.." rispose Jane rimanendo sullo stesso grado di gelo polare. 

"Posso..?" 
Sam fece cenno alla porta con la testa, chiedendo il permesso per spostare quella conversazione dentro casa.
La donna annuì, precedendola all'interno e richiudendo la porta alle loro spalle. 
Quello che era accaduto durante il giorno andava affrontato, assieme ad altre cose.
Si ritrovarono in cucina, come se la combo tavolo e sedia indicasse implicitamente un ambiente inquisitorio adatto ad affrontare conversazioni serie. 

"Cos'e successo..?" iniziò Jane, mettendosi a braccia conserte, appoggiando il peso del proprio corpo contro il lavabo.
Lo sguardo di Sam era distante, Jane non capiva se fosse arrabbiata.

"Prima tu, parlami di Emma.." chiese fingendo ignoranza. Jane la osservò per un istante, per nulla sorpresa.
Soppesò i pensieri prima di iniziare, chiedendosi se davvero Sam non sapesse già.
Decise comunque di parlare, glielo doveva. 

"Emma è stata lo sbaglio più grande e più bello che io potessi fare" disse seria svagando lo sguardo, puntando al pavimento. 

Fece male. Molto male.. Sam cercò di nascondere il fastidio che minacciava di manifestarsi sulla sua faccia. Rimase impassibile, intenta ad ascoltare.

"Ti avevo già parlato di lei, ma non avevo fatto il suo nome..immagino tu abbia capito comunque..
Quando ci siamo lasciate io ho cambiato lavoro, ovviamente, ho cambiato città e Gabriel ha fatto lo stesso, per Will.
Per quanto io abbia sofferto, grazie a lei ho scoperto me stessa e in qualche modo gliene sarò per sempre grata. Sono cresciuta molto, grazie a lei..
Quando tra noi è finita abbiamo semplicemente interrotto i contatti, fino a quella sera, al bar.."

Jane si interruppe cercando di studiare la reazione di Sam che stranamente, non tradiva emozioni.

"Probabilmente ti sarai chiesta il perché della sua presenza in università.." 

Sam annuì in automatico, era proprio quello che voleva sapere. Cosa ci faceva lì, perché adesso, perché. 

"Lavoro, semplicemente.. Era in zona e ha pensato di salutarmi."

Jane osservò la ragazza cambiare espressione, che via via diventava sempre più cupa. Quello che a Sam non tornava, era come quella donna sapesse di loro due. Il fatto che Jane gliene avesse parlato rivelava una notevole confidenza, contro cui lei purtroppo, era impotente. 

Teacher's secretDove le storie prendono vita. Scoprilo ora