31. Problemi

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Se prima volevo che non mi svegliaste dal sogno che stavo vivendo, adesso, invece, avrei voluto che fosse tutto un incubo dal quale potevo svegliarmi presto.
Come in ogni altra coppia, i problemi e i litigi non tardano a venire. Io e Dario avevamo già discusso in precedenza, ma niente di che. Invece, stavolta la situazione mi sembrava più seria.

13:21
Rebecca: Ci vediamo prima che parti per Pinarella?
Dario: Stasera vieni da me? Poi domani faccio le valigie.
Dario: Passo a perderti alle 17:00, ve bene?
Dario: a prenderti*
Rebecca: Già non vedi l'ora di abbandonarmi? Comunque, sì, per me va bene.

La mamma non c'era ed il fratello era da un po' di giorni fuori per il lavoro, quindi eravamo soli. Lui era tranquillo, ma io no. Erano un po' di giorni che era misterioso, mi rispondeva a monosillabi e ci vedevamo sempre di meno. Poi adesso partiva per Pinarella qualche settimana, compreso il giorno del nostro compleanno, quindi tutta questa situazione non credo sarebbe migliorata.

"Che farai per il tuo compleanno?"
"Le solite cose. Un'alba al mare, insieme agli altri. Tu?"
"Lo sai come la penso..."
"Dai, ma qualcosa dovrai pur fare."
"Probabilmente lavoro, o forse no perché sono chiusi per ferie, devo chiedere. A Vicenza non ci torno. Comunque ti stanno arrivando un po' di messaggi."
"Sì, lo so. Sarà il gruppo, lasciali lì, non mi va di leggerli."
"Mh, ok."

A quanto pare non erano solo messaggi e non era solo il gruppo dei regaz. Qualcuno lo stava chiamando, ma non avevo idea di chi fosse e cosa fosse successo, finché non me lo ha detto lui.

"Devo andare da Matilde. Le è morto il gatto."
"Eh?" Speravo di aver capito male.
"Mi ha chiesto se potevamo vederci, so quanto sia importante il gatto per lei e le ho detto di sì."
"Ah, strano. Ovviamente, tu, la nostra ultima sera insieme, la vai a passare con lei. Mi sembra logico."
"Non essere gelosa, per favore, Rebecca. Se avessi un animale domestico capiresti anche tu."
"Certo, come biasimarla, poverina. Viene a mancare il suo animale domestico e la prima persona che chiama è il suo ex-ragazzo, che tra l'altro è di nuovo fidanzato. Mi sembra al massimo della logica. Fa come vuoi, Dario. Non mi interessa. Portami a casa, almeno." Il classico semaforo verde e rosso allo stesso tempo, delle donne. Il "fa come vuoi" non è mai un "fai come vuoi" davvero. È più un "non posso dirti di fare quello che voglio io, altrimenti sarei egoista, ma tu, da bravo ragazzo, dovresti capirlo e non fare quello su cui stiamo discutendo in primis", o almeno per me era così. Era così in quel momento. Non sarebbe dovuto andare da Matilde, sarebbe dovuto rimanere con me, visto che poi partiva. Ma, al contrario, lui era proprio convinto ad andare da lei, solo perché si trattava del gatto. Mi chiedo due cose. La prima è perché quel gatto era così importante per Dario, tanto da andare a consolare Matilde. La seconda era perché cazzo devi chiamare il tuo ex quando ti muore il gatto? Tra tutti quanti proprio lui? Sei tanto gatta morta tu, figurati se ha bisogno di un ulteriore gatto morto.
"Non vuoi rimanere qua?" Ha anche il coraggio di chiedermi. A volte, quando discutiamo, mi sorprende quanto sia stupido da non capire la situazione in cui si trova e quello che dice sta soltanto peggiorando. Devo ammettere che a volte ce l'ha vinta lui, ma altre volte, mi pare assurdo come se ne esca.
"Certo, da sola, in una casa non mia, quando tua madre potrebbe rientrare da un momento all'altro, scambiandomi per un ladro."
"Quanto cazzo vorrei vivere da solo, non ti immagini." Ma chissenefrega, Dario, non ce lo metti?
"Portami a casa, per piacere." Mi stava venendo da piangere. Non volevo piangere in quella situazione, perché mi sarei sentita in imbarazzo e ridicola e non volevo fargli pena, come una scema.

DARIO'S POV
La questione del gatto era molto semplice, ma non potevo spiegarla a Rebecca. Quando si tratta di Rebecca, non mi va di raccontarle di Matilde e se si fosse trattato di Matilde, tanto meno mi andava di parlarle di Rebecca. Avevo semplicemente regalato io quel gatto a Matilde. Sapevo quanto le piacessero gli animali domestici e mia zia non poteva più tenerlo, quindi amavo più io quel gatto, che Matilde stessa.
Lo so che questa decisione la stava facendo star male e che avrebbe potuto piangere da un momento all'altro. L'ho capito dal modo in cui mi ha detto di portarla a casa e ho visto che aveva gli occhietti un po' lucidi. Stavo morendo dentro, ma non avevo altra scelta in quel momento. Mi sarei fatto perdonare prima o poi. Tra l'altro, erano giorni che Rebecca non mi voleva parlare e non mi rispondeva, né alle chiamate, né ai messaggi. Onestamente, se devo essere proprio sincero, non mi pareva nemmeno una questione così grossa quella del gatto e Matilde, da non parlarmi più così.

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