30. Meetings

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REBECCA'S POV

Era arrivato il giorno in cui Dario ed io saremmo dovuti partire per andare a Vicenza a casa mia. Si può visibilmente vedere la sua ansia, ma devo ammettere che pure io non sono molto tranquilla. Non ho detto ai miei che ci sarebbe stata una persona in più, volevo che fosse una sorpresa. So che non sono persone facilmente scandalizzabili o chiuse mentalmente, quindi credo sarebbero stati anche felici di conoscerlo e sapere che avessi qualcuno al mio fianco a Bologna. D'altra parte, però, è pur sempre il mio ragazzo, il primo tra l'altro, quindi non so minimamente come potrebbero prenderla lì per lì, oltre che, ovviamente, essere felici piano piano.

Quando mi aprono la porta, cerco di non far vedere troppo Dario, anche se con 1,90m di altezza non era troppo facile. Lo faccio sbucare qualche secondo dopo che mia madre ha aperto la porta e vedo che subito, lei, sorride.
"Mamma, lui è Dario. Ti ricordi che te ne avevo parlato, quel mio amico di Bologna...?" All'inizio fa una faccia strana, non si ricordava, mi sa. Poi ci arriva.
"Ah, sì certo! Mi ricordo."
"Piacere, signora. Dario." Sorride, quasi che mi incanto a fissarlo.
"Si chiama come tua mamma, comunque. Ah, mamma, lui resta qua per qualche giorno, poi ripartiamo il 2, va bene? Cioè, anche se non andasse bene, resta comunque e ripartiamo il 2."
"Potevi avvisare, però. Non ho preparato la cena anche per lui! Che ore sono? Le 18:00, okay. Faccio un salto al supermercato qua vicino. Mannaggia a te, Rebecca." Okay, mia mamma si sta comportando da classica mamma.
"No, ma non si disturbi. Io sono una buona forchetta, non mi faccio problemi."
"No, ma che, scherzi!? Sei un ospite e bisogna fare le cose per bene. Vado e torno. Comunque, in salotto c'è tuo padre. Mi sa che si è addormentato."
Effettivamente, sì, si era addormentato. Lo sveglio dolcemente ed è davvero felice di vedermi. Mi abbraccia forte, quasi prendendomi in braccio. Per un attimo non si accorge nemmeno di Dario.
"Ehm... papà... Lui è Dario." Ti prego, non lo mettere in imbarazzo, ti prego, ti prego, ti prego.
"Piacere, Dario."
"Piacere, Stefano." Si stringono la mano e per qualche secondo mio padre lo scruta. Riesco a percepire l'imbarazzo dei due. "Ditemi un po', come vi siete conosciuti?" Si siede e ci fa cenno di sederci accanto a lui sul divano.
"All'università, in maniera casuale. Poi ci siamo conosciuti meglio al bar in cui lavora Rebecca." Risponde Dario e poi continua con "Mi aveva chiesto indicazioni all'università, poi ci siamo rivisti varie volte e abbiamo iniziato a parlare." Sorride e mio padre lo ascolta volentieri.
"Ah perciò vi conoscete da un po'."
"Sì, ma stiamo insieme da poco." Preciso io.
"Ah, bene bene." Commenta mio padre. Credo che Dario si stia piano piano rilassando.

Continuano a parlare per un po', del più e del meno. Le classiche domande, quanti anni hai, cosa studi, di dove sei ecc. Più parlavano e più li vedevo che si stavano rilassando entrambi. Ero sollevata da questa situazione. Immaginavo che fossero felici i miei genitori, ma, ripeto, non sapevo come, così a sorpresa, l'avrebbero potuta prendere. A quanto pare bene, sia mia madre, che mio padre. Anche alle mie sorelle piace Dario, aveva fatto colpo con la sua bellezza e la sua bravura visto che, tra i tanti, era uscito il discorso "università" e abbiamo scoperto che Dario è bravo e molto probabilmente si laureerà col massimo dei voti a Novembre.

Ero felice. Felice perché stavo bene a casa mia. Felice perché Dario era con me. Felice perché ero con la mia famiglia. Felice perché Dario era lì con la mia famiglia e si stavano divertendo tutti. Mi sembrava quasi un sogno e se questo è tutto frutto della mia fantasia, vi prego non svegliatemi.

"Allora? Come ti son sembrato?" Mi chiede Dario mentre siamo in camera mia.
"Come la prima volta che ti ho visto, però con le mie emozioni di quel momento." Gli rispondo e lui, ovviamente non capisce.
"Cioè?" Infatti, mi chiede.
"Cioè, bellissimo, ma in paranoia assurda. Quando ti ho chiesto indicazioni quel giorno ero in uno stato d'ansia assurdo che non ti immagini. O forse te lo immagini, perché mi parevi teso anche tu all'inizio. Poi vi siete sciolti un po' tutti quanti."
"Ah, okay. Ora ho capito. Comunque, c'è sempre ansia quando incontri persone nuove, che non conosci, che non hai mai visto prima, il tutto aggiunto al fatto che trattasi dei genitori della tua ragazza, che non sanno nemmeno sia fidanzata, quindi fai un po' tu 2+2." Ridacchia, mentre ci stendiamo nel letto. Mette un braccio intorno al mio collo e, nonostante faccia un caldo assurdo, io mi appicco a lui dandogli bacini qua e là sul petto, sul fianco e sulla guancia.
"Non hai mai incontrato i genitori delle tue precedenti ragazze?" Gli chiedo, fermandomi dal baciarlo qua e là.
"Sì, certo. Però è sempre diverso. Ogni ragazza è diversa, ogni genitore è diverso, ogni famiglia è diversa. Poi che ne so, qua a Vicenza, magari, avete delle visioni e concezioni di fidanzato diverso da quelle dei bolognesi." Ridacchia ancora.
"Scemo, mica siamo alieni." Riprendo a baciarlo, poi lui si gira verso di me e ci diamo un bacio che prima è a stampo, poi diventa sempre più passionale. Una cosa, poi, tira l'altra.
"Sei sicura? Non è che poi ci sentono? E le tue sorelle?"
"Oddio, Dario. Ora capisco come ti senti tu quando lo facciamo a casa tua e ti assillo con mille domande." Rido. La scena era veramente quella, ma al contrario. La casa e la famiglia erano sue, le domande le mie.
"No, dai, sono serio. Non voglio che ci sentano che poi qua non ci metto più piede dalla vergogna." Stava leggermente arrossendo, se non ho visto male.
"Stai tranquillo, comunque. Le mie sorelle hanno due camere dalla parte opposta a questa e i miei genitori hanno la camera al piano di sopra." Sorrido, mettendomi a cavalcioni su di lui. Non c'erano molti vestiti da togliere poiché faceva un caldo boia ed eravamo praticamente in intimo.
"Però, fai piano tu, mi raccomando." Mi dice ponendo le sue mani sui miei fianchi. Sto progressivamente e chiaramente sentendo che si sta godendo la visione di me che mi tolgo il reggiseno.
"Ah però, qui ci stiamo divertendo, mi pare." Sorrido buttando leggermente lo sguardo alle nostre parti intime e poi guardandolo negli occhi. Lui mi sorride a sua volta.
"Che ci posso fare, mi rendi felice e lo rendi felice. Ci fai questo effetto." Sorride incitandomi ad alzarmi per potersi togliere i boxer neri che indossava. Quanto cazzo era bello ed eccitante così, con quei boxer che gli stavano praticamente attillati. Io, comunque, faccio lo stesso e ci ritroviamo presto, di nuovo, uno sopra l'altro a fare qualsiasi cosa la si voglia definire, ma penso si sia capito.

È troppo bello. Ripeto, se è un sogno, non svegliatemi. 

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