Capitolo 11

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Harry era rimasto tutto il pomeriggio a raccontare sul mondo della magia, quanto era bello, come era fatta Hogwarts, le sue avventure, le situazioni in cui si era cacciato, quella fatidica notte, insomma tutto.

«Che bello che è il mondo magico» disse zia Petunia con occhi lucidi.
Si pentiva amaramente per come chiamava sua sorella.
«Appena risolveremo questa situazione prometto che vi invito a Grimmauld Place per una cena!» disse entusiasta Harry.

«Harry, io non ho ancora capito perché te e tuo padre avete litigato...» sussurrò Dudley.
«Tranquillo, comunque ho parlato di loro di quello che ero un Horcrux e che avevo sconfitto Voldemort. I Potter in generale sono sempre stati solari, aperti con le persone con il sorriso sulla faccia, come sono io ovviamente prendendolo da mio padre, ma mi ha visto in un momento di debolezza e sensi di colpa. E mi ha giudicato a due piedi, ha detto che non sembro suo figlio.»

Intanto a Grimmauld Place era calato il silenzio.
«Come?! Dopo che lo hanno trattato da Elfo Domestico vuole fare pace?!» strillò Lily del tutto sorpresa.

«Secondo Harry, tutti meritano delle spiegazioni e una seconda possibilità» disse Hermione stringendosi tra le spalle con aria disinvolta.

«Deve sempre essere gentile con tutti...»sospirò orgoglioso Sirius che sentiva un vuoto nel cuore, che riempiva solo Harry.

Gli mancava tutto di lui, dai capelli così simili a quelli di suo fratello o gli occhi verdi,profondi illuminati e sempre animati da una scintilla di amore che ti avvolge il cuore, della furia rossa, fatto stà che gli mancava.

Ron annui con un triste sorriso ma si riprese in fretta. Ora dovrva trovare il suo migliore amico.

«Allora che stiamo aspettando?» chiese il migliore amico di Harry
«Andiamo! Tanto non abbiamo nulla da perdere» disse James con testa bassa e gli occhi animati da una scintilla di delusione verso se stesso e di determinazione, la cosa che lo ha differenziato da tutti.

Si smaterealizzarono silenziosamente e percorsero Privet Drive fino al numero quattro.
Jamrs stava per suonare al campanello quando la mano di Remus lo fermo.
«Perché lo hai fatto?» chiese interrogativo James
«Non è detto che Harry sia qua e se suoniamo che scusa usiamo? Sai i morti non possono resuscitare!» disse Remus alzando un po' il tono.
Hermione senza perdere altro tempo si avvicinò alla finestra che si affaciava al salone, come sempre, pulito in maniera chiurgica. La scena che vide le fece scaldare il cuore.

«Venite a vedere» sussurrò Hermione
Tutti si avvicinarono molto dolcemente.

Tra il cugino maiale e la madre c'era Harry, avvolto tra quelle braccia che non dovevano osare toccarlo, che con un movimento della bachetta creò un potentissimo Patronus a forma di cervo imponente e maestoso che fece l'inchino a tutti e tre prima di iniziare a gironzolare per casa.
James sorrise tra le lacrime.

«Hai visto? Pensa a te quando evoca il suo Patronus» disse Lily dolcemente.
«In verità pensa a voi» rettificò Remus
«È lo stesso!» lo rimbeccò Lily sorridendo.
«Che belli!» disse dolcemente Ginny.
«Su forza, andiamo a suonare» disse Remus.
«Certo» mormorò James.

Appena il campanello suonò venne ad aprirci Petunia che appena ci vide ci fece un breve sorriso prima di tornare dentro per poi cinque minuti dopo ricomparire alla porta. Ci fece entrare e accomodare sui divani, mi guardai intorno ma di Harry nessuna traccia.

«Penso tu sappia perché siamo qua Tunia» iniziò Lily fredda.
«Esatto. Sapete vero che Harry ci è rimasto male?» disse aspra.
«Si grazie, lo conosciamo» sibilò Sirius
«Prima però volevo chiedervi scusa, per il mio comportamento, per tutto.» disse a testa bassa.
Lily la guardò ma sapeva che era sincera così si alzò e la abbracciò per stupore della sorella. Petunia sorrise radiosa e la strinse più a sé ma a rovinare quel quadretto famigliare ci pensò Severus.
«Scusate ma Harry?» chiese infatti.
«È sopra. Ti conviene di salire, dubito seriamente che vorrà scendere nelle condizioni che si trova ora*» disse la donna riferendosi a James.
James annuì e spinto dai suoi migliori amici salì lentamente le scale.
Arrivò alla camera e bussò con esitazione. La porta si aprì mostrando un Harry più spettinato del solito e con gli occhi verdi rossi per il pianto.

«Harry...» mormorò James
«Cosa vuoi?» chiese Harry inarcando il soppraciglio.
«Volevo chiederti scusa. Io non volevo dirti quelle cose...» riprovò l'uomo
«A davvero?» domandò scettico Harry incrociando le braccia al petto.
«Diciamolo così, a caso. Giusto per ferire Harry, tanto. Una volta in più una meno» blaterò Harry prima di rientrare in stanza e sedersi sul letto, cosa che l'uomo imitó, soltanto rimanendo a distanza di sicurezza.
«Harry, ti prego dammi una seconda possibilità. Ero ancora scombussolato per le notizie che avevo appreso, sulla tua vita ciò che avevi affrontato con tanto coraggio che ho giudicato dalle apparenze senza neanche conoscerti nonostante mi hai parlato di te. Ti prego. Sei mio figlio, ti vorrò per sempre bene, più di qualsiasi altra persona al mondo. Devi solo credermi.» implorò James ma Harry non voleva ascoltarlo.
Si scostò dalla presa del padre e andò avanti come a ignorarlo.

«Harry, ascoltami bene» disse James, mettendosi davanti a lui bloccandogli la strada e prendendo le mani del figlio, tremanti tra me sue caldi e rassicuranti.
«riguardo alla chiaccherata che abbiamo fatto con Sirius, Remus, Severus e tua madre... È vero. A volte è difficile. Ma non cambierei nulla di te, Harry. Nulla. Sei il miglior figlio che potessi desiderare e sono orgoglioso di te, più di quanto immagini. E ti amo da impazzire figlio mio. Da impazzire...» concluse James liberando, finalmente, i suoi sentimenti.

Harry ci riflettè un'attimo prima di annuire e lasciare cadere qualche lacrima di gioia per poi buttare le braccia al collo del padre e stringerselo a sé come se avesse paura che da un momento all'altro scomparisse tra le sue braccia, piangendo disperatamente per la troppa paura e tensione accomulata.

Dudley li osservava silenziosamente e solo ora aveva capito. Suo padre non aveva mai detto né a lui né a sua madre che gli voleva bene e Dudley non ci aveva pensato. A lui bastava che avesse le ultime cose in commercio ed era felice, ma non era vera felicità, ma quella che stava sperimentando Harry, mentre era abbracciato a suo padre che gli aveva detto quanto bene gli volesse. Si chiuse in camera a pensare quando aveva già capito tutto.

Intanto giù tutti stavano chiaccherando mentre Lily e Petunia erano in cucina a riprendere il tempo perso.
«Mi pare strano che non si qentano rumori da sopra» disse Ginny ansiosa
«È vero. Harry dovrebbe aver urlato, sempre se il caro Jamiesino non si sia nascosto» disse Sirius osservando con particolare insistenza le scale aspettando che Harry o suo fratello scendessero da lì.

E proprio in quel momento, scesero Harry in lacrime ma con un sorriso smagliante e James con un piccolo sorriso di quelli innamorati riservati solo ai propri figli e il volto sollevato.

«Allora non siete morti o auto cruciati!» disse Sirius con un sorriso
«No idiota» rispose Harry prima del padre, senza far vacillare il sorriso.
Remus rise sotto i baffi.
«E non ridere Mannaro da strapazzo» strillò Sirius con la voce più alta di un'ottava.

Scoppiarono in una risata che presto influenzò tutti.

«E fidati chi ci tiene davvero ti cerca anche dopo mille litigi» disse Lily all'orecchio di suo marito e ripensando a se stessa e a sua sorella che dopo anni e anni sono riuscite finalmente a chiarirsi.

The Return of Lily Evans And the Marauders Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora