Capitolo 5

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*Ander*

«Ander, svegliati! Hai un'ora per prepararti. Ti ricordo che deve venire Emma a pranzo» urla mia madre mentre alza la tapparella.
«Si mamma, mi alzo!» rispondo con la voce impastata dal sonno.

Mi metto seduto nel letto e subito dopo sento la gola secca, e proprio in quel momento ricordo tutto ciò che è successo ieri sera, dalla canna allo scopare con Emma.
«Come ho potuto fare questo al mio migliore amico?» la mia testa ripeteva sempre la stessa domanda.

«Sono un coglione.» dico sferrando un pugno al materasso.

Mi alzo dal letto per fare una doccia veloce, almeno là dentro, anche se per poco, potevo pensare a qualche soluzione, anche se ormai non si poteva rimediare, l'ho fatto con Emma, la fottuta sorella del mio migliore amico, il danno ormai è fatto, e a momenti sarebbe pure arrivata per pranzo. Dovevo approfittarne per parlarne con lei, ma senza dare spettacolo.

Finita la doccia mi asciugo velocemente sia il corpo che i capelli per poi andare davanti all'armadio per prendere qualche vestito da mettere. Prendo un paio di jeans neri e una maglia bianca che mi stava abbastanza attillata, una di quelle che risalta i muscoli. Metto un po' di profumo e le scarpe e sono pronto.

«Ander, tesoro, puoi scendere giù per apparecchiare? Me ne sono scordata, sono stata tutto il tempo a guardare il ragù» urla mia madre dal piano di sotto.

Scendo senza risponderle e inizio ad apparecchiare.

«Emma è molto carina, vero?» chiede ancora mia madre. «È una bella ragazza, niente di più » dico freddo.
«Beh, sembra anche avere un bel carattere, secondo me stareste bene insieme voi due!» dice sorridendo, mostrando tutti e 32 denti.
Io sono un fascio di nervi, non può dirmi questo sapendo che è la sorella del mio migliore amico. «Mamma, è la sorella di Polo. Anche se volessi non potrei.» rispondo secco. «E quindi? Che ci fa se è la sorella di Polo?» «Mamma, l'unica legge non scritta che c'è tra migliori amici è quella di non portarsi a letto la sorella dell'altro» dico avvertendo un nodo in gola. Mia madre spalanca gli occhi. «Stare insieme non significa per forza portarsela a letto, Ander...» dice un po' delusa. «Mamma, è la stessa cosa. È ovvio che se ti metti con una ragazza dopo un po' te la porti a letto, non credo che tu e papà avete aspettato il matrimonio.»

Fortunatamente, da una parte, suona il campanello interrompendo la discussione.

«Vai tu ad aprirle?» domanda
«Sì mamma»

Vado fuori in giardino per aprirle il cancelletto.
È veramente bella, indossa una maglia nera con le maniche trasparenti e una scollo sul davanti, e dei pantaloncini color sabbia. Il suo profumo si sentiva già a distanza.
«Ma che sto dicendo?» pensavo, scuotendo la testa.

«Ciao Ander!» dice sorridendo, cercando di darmi un bacio sulla guancia, ma io indietreggio. Lei mi guarda un po' confusa.
«Ciao.» dico freddo. «Ti senti bene?» domanda.
Io la ignoro.
Prendo il porta torte che ha fra le mani e andiamo dentro.

I miei genitori la salutano, ringraziando per aver portato la torta, e visto che era pronto ci mettemmo a sedere. Io più che mangiare giravo la forchetta intorno al piatto, facendo dei cerchi immaginari. Parlavano un po' di come andava a scuola e di come si era trovata a Barcellona. Io preferivo restare in disparte con i miei pensieri che mi frullavano per la testa.

Finito di mangiare tutto presi Emma per il polso e la portai in giardino, abbastanza lontano da non farci sentire dai miei.

«Mi vuoi spiegare che ti prende?» domanda, ancora confusa, staccandosi dalla mia presa. «Ti rendi conto di cosa mi hai fatto fare ieri?» domando incazzato, ma senza urlare.
«Cosa ti ho fatto fare? Io? Senti tesoro, tu eri nelle condizioni di rispondere, ma non lo hai fatto, quindi ora non scaricare tutta la colpa su di me.» dice furiosa. «È normale che se una ragazza si spoglia davanti a me reagisco così.» dico convinto.
«No, è normale se vuoi farlo anche tu, ma se non lo vuoi fare non è normale.» dice fredda, la sto facendo chiaramente incazzare.
Non posso darle torto, io volevo farlo, ma è più facile scaricare la colpa tutta su di lei.
«Mi hai fatto fumare, è normale che volevo.» dico, cercando di pararmi un po' il culo.
«Era quella leggera, testa di cazzo. E se volevi potevi non fumare. Tu, tutto quello che hai fatto, volevi farlo. Fattelo entrare in testa.» dice, e ha ragione.
«Bene. Ora puoi farmi il favore di non dirlo a Polo?» domando. «A te interessa solo questo... apparire santo sotto gli occhi di tutti, ma non sei il santo che pensi. Comunque stai tranquillo che non sono ancora così fuori di testa da dirglielo. Conviene ad entrambi che lui non lo sappia.» afferma.
«Ma cosa ne vuoi sapere tu? È da due anni che non mi vedi e pensi di sapere tutto di me?» urlo, incazzato. «Senti Ander, vaffanculo.» dice andando dentro. Poco dopo torna fuori e noto che va verso il cancello, se ne sta andando.

«Scusami» dico raggiungendola.
«Scusami il cazzo Ander, sei solo un bambino, matura un po', cazzo.» dice voltandomi le spalle e andandosene.

Torno dentro casa e ho lo sguardo di mia madre che mi brucia addosso.

«Che è successo?» domanda. Perfetto.
«In che senso?» domando, facendo finta di niente.
«Se n'è andata presto, pensavo restasse di più»
Faccio un respiro di sollievo. «Aveva un po' di mal di testa mamma, per questo è andata»

Salgo in camera mia, e mentre stavo per le scale mi squilla il telefono. È Polo. Cazzo.

«Hei» dico «Ciao amico, io sto tornando a casa. Ti va di venire da me questa sera? Ci beviamo una birra con Guzmàn e giochiamo alla play» ghigna.
«Scusami Polo, non mi sento tanto bene, rimandiamo a domani?» domando. «D'accordo. Cos'hai?» «Mal di testa, questa notte non ho dormito bene, infatti penso che andrò a riposare.» mento. «Okay, a domani allora» dice lui.
«A domani»

Mi butto a peso morto sul letto lanciando il telefono, ma poco dopo lo prendo e chiamo Emma.

«Emma, rispondi cazzo.» dico alla sesta chiamata ignorata.

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