Capitolo 19

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Capitolo 19
Allyson

So che non dovrei guardarlo, che la sua è solo una stupida provocazione, ma reagisco prima ancora di ragionare e la mia testa si volta nella sua direzione.

Sembra così serio, così sicuro che per un attimo sono tentata di cedere, ma alla fine rimango in silenzio.

Distendo le gambe, ormai doloranti e mi sdraio, fissando il cielo stellato.

Non ha senso parlare con lui, non potrebbe capire, anche io non capisco me stessa.

E ormai dopo una giornata immersa negli stessi sentimenti, dopo averli analizzati allo stremo, ha poco senso parlarne.

Non spariranno tanto presto e l'unica cosa che posso fare e farmene una ragione.

Il buon senso mi dice che dovrei alzarmi e tornare in camera mia, ma anche se in silenzio, la sua compagnia mi piace, mi è sempre piaciuta e non c'è niente di male se mi crogiolo in questa sensazione per qualche altro minuto.

Mi fa sentire bene, con le farfalle nello stomaco sapere che mi stava cercando, che era preoccupato per me, perché è passato molto tempo dall'ultima volta che qualcuno si è preoccupato così per i miei sentimenti.

Normalmente il fatto che tenga tutti a distanza e più che sufficiente a dissuaderli dal prendere qualsiasi iniziativa di questo genere, perché odio essere compatita o suscitare preoccupazione, ma con Rio sembra non funzionare, probabilmente perché ha già visto in passato questa scenetta.

Scappavo di casa sperando che a mia madre interessasse abbastanza da venirmi a cercare, ma Jillian è sempre stata fatta a modo suo e non riusciva a vedere la mia ribellione per quello che era.

La considerava un modo di andarle contro, di sfidarla, quando non volevo altro che mi facesse sentire amata.

Litigavamo così tanto che non sapevo come pararle, cosa dirle o come farle capire che, da quando era arrivata Chelsea, io mi sentivo esclusa.

Volevo che mia madre, almeno per un po', fosse di nuovo solo mia.

Ero gelosa dell'affetto che le dimostrava e chi non lo sarebbe stato al posto mio?

Sono passata da essere figlia unica ad avere una sorella che, involontariamente, monopolizzava tutte le attenzione del solo genitore che avessi da anni.

Chelsea è stata estremamente corretta nei miei confronti e, anche se avrei tanto voluto odiarla per essere entrata nelle nostre vite, non ho potuto.

Non potevo, perché lei era, come lo è ora, una persona gentile e di buon cuore che cerca sempre di non ferire gli altri.

Così sono arrivata alla conclusione che la persona che stava sbagliando era semplicemente la mamma.

Avrebbe dovuto gestire le cose diversamente, non fare la mamma con me solo quando c'era da imporre la sua volontà e il suo controllo.

E io mi ribellavo, perché non avevo bisogno di essere controllata, ma solo di essere compresa e amata, ma lei non una volta si è messa a pensare a cosa provassimo io, a quanto mi sentissi esclusa e di troppo nella mia stessa vita.

Volevo che mi parlasse, che mi chiedesse cosa c'era che non andava, sarebbe bastato così poco e avrei confessato tutto il malessere che mi portavo dentro, ma non è successo.

Mai.

Solo Chelsea si è preoccupata per me, mi ha chiesto cosa ne pensassi, come mi sentissi, e mi ha fatta parlare.

La situazione era così disastrosa che l'unico modo che ha trovato per allentare la situazione è stata accettare di trasferirsi a New York con Adrian, dove poi ha terminato gli studi.

Domani è un altro giorno. The Colorado series #5 (In fase di pubblicazione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora