Capitolo 18

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Quasi non mi accorgo che ho iniziato a tagliarmi la pelle del braccio con il coltello, facendo dei movimenti circolari con il coltello.

Guardo in basso, lancio il coltello sul tavolo.

Scendo dallo sgabello di scatto, mi precipito in bagno.

Mi pulisco dal sangue, mi tampono le ferite.

Vado in camera e mi cambio maglietta, poi decido di tornare in cucina.

Mi blocco sulla soglia.

Adam si sta baciando con lei. Di nuovo.

Melody gli ha circondato il collo con le braccia e lo bacia con foga.

Lui non si ritrae, ricambia il bacio con la stessa passione.

Qui non c'è più posto per me.

Indietreggio e vado a sbattere contro lo stipite della porta e il colpo mi mozza il respiro. Adam apre gli occhi, mi vede, si stacca violentemente da Melody.

Respiro a fatica, scappo.

Mi sbrigo velocemente ad andarmene da questa stanza, da questa casa.

Corro per il corridoio, apro la porta d'ingresso, la spalanco. E, proprio quando sto per mettere un piede fuori, Adam mi afferra e mi tira indietro con una forza incredibile. Una forza che ora mi sembra eccessiva per quanto io mi sento fragile.

Mi spinge contro il muro, io trattengo le lacrime, ma non posso nascondere il rossore sulle guance per l'umiliazione. Per il tradimento.

Giro la testa di lato e chiudo gli occhi.

"Guardami."

"Ho detto guardami"-mi prende il mento e me mi costringe a girarmi verso di lui.

Gli guardo le labbra.

Le stesse labbra che pochi giorni fa mi facevano sciogliere, mi facevano sentire amata. Le stesse labbra che hanno baciato Melody.

Stringo gli occhi e li riapro. Decido di affrontarlo, raccolgo il mio coraggio nascosto da qualche parte insieme ai pezzi del mio cuore.

Ma, quando alzo lo sguardo per guardarlo negli occhi, il coraggio mi manca.

I suoi occhi sono così profondi, disperati.

Il suo nocciola si è fatto di una tonalità ancora più intensa. Le venature dorate si vedono perfettamente.

Cerco di ricordarmi come si fa a parlare, tento di trovare nel mio vocabolario una parola, una frase che gli resti per sempre impressa nella mente, una frase d'effetto, ma non la trovo. E lui mi batte sul tempo, rompendo il silenzio per primo:

"Mi dispiace tanto, Lenah. Non...non so cosa dire."

Qualcosa scatta dentro di me.

"Non sai cosa dire?"-ripeto alzando la voce.

"Beh, io sì. Com'è stato spassartela tutto il tempo a Londra, eh?"-urlo "lo sai che mentre tu ti divertivi con quella stronza io morivo in quel fottuto manicomio e mi consolavo pensando a te? Lo sai questo? Pensavo che tu saresti venuto, perché mi amavi "-enfatizzo le ultime parole.

Lui mi fissa, e vorrei tanto sapere cosa prova in questo momento.

"E sai come mi trattavano?"-continuo "mi trattavano come un animale! Maxon godeva quando io stavo male. E sai cosa? Io andavo avanti perché pensavo a te. Sempre. Non mangiavo quasi mai, perché quello schifo che portavano non era cibo. I vermi erano sempre dentro qualche pasto"-non riesco più a fermarmi.

"E, se mi svegliavo di notte urlando, mi sedavano neanche fossi una preda da cacciare. Ma io pensavo a te. Anche quando parlavo con Andrew, il mio unico amico là dentro, parlavamo di te. E ora, vengo a sapere che tu te ne sei fregato di me. Come pensi che mi dovrei sentire scoprendo che ti sei divertito con quella alle mie spalle?"-dico amareggiata "pensi che quando ti stufi di giocare con lei, io sarò ad aspettarti a braccia aperte e aspetterò ancora quando tu tornerai da Melody?"-deglutisco il groppo in gola che mi si è formato pronunciando il suo nome ad alta voce. Faccio una risata secca, ma risulta più come un verso strozzato.

"Se è così ti sbagli di grosso."

Adam fa per dire qualcosa, ma io lo blocco con un gesto della mano.

"Due mesi"-dico "mi hai lasciata lì due mesi"-lo spingo, allontanandolo.

"Io...io non so cos..."

"Non preoccuparti. Tolgo il disturbo. Qui non c'è posto per me"-lo interrompo.

"Che..."-Adam sbatte velocemente le palpebre.

Lo spingo di nuovo.

Scoppio in una risata breve.

"Ah"-aggiungo "forse dovrei tornare in manicomio. È l'unico posto per me."

"No"-Adam sembra riscuotersi dal suo stato di incoscienza.

"No, cazzo."

Mi avvicino alla porta.

"Lenah, no. Che diavolo stai facendo?"-chiede allarmato.

Alzo le sopracciglia, come a dire "secondo te?"

"No"-ansima.

Scatta avanti e mi afferra per il polso destro.

"Ti prego. Mi dispiace. Io...non...lei..."

Scuoto la testa.

"Sei uno stronzo. Lo sei sempre stato. E questo non cambierà"-dico, anche se me ne pento appena apro bocca.

"Torna da quella puttana"-e questa è la rabbia mista alla gelosia a farmi parlare "insieme vi troverete bene."

Adam ha la faccia di uno che ha appena ricevuto uno schiaffo.

"Lenah, amore mio..."

"Che hai detto?"-grido "come hai il coraggio di chiamarmi così?"

"Perché ti amo."

"No."

"Ti prego. Fermati."

"Lasciami."

Per tutta risposta mi fa indietreggiare finché non mi trovo di nuovo con le spalle al muro. Mi si piazza davanti. Mi blocca le vie di fuga.

"L-lasciami andare"-balbetto, e so che se non riesco ad andarmene ora, non riuscirò a evitare di scoppiare a piangere.

"Non puoi andartene. Non lo sopporterei."

"Ma ti senti quando parli?"-sussurro aggressiva "io dovrei sopportare tu e Melody mentre vi baciate, secondo te? E, magari...magari..."-faccio un bel respiro, cerco di terminare la frase "magari anche quando..."-non ci riesco.

Adam scuote la testa, le sue pupille sono dilatate leggermente. Mette un dito sulle mie labbra.

"Shh. No. Non succederà."

"Ma è successo."

Una voce. Ma non sono stata io a parlare, né Adam.

Pain is madness [ IN REVISIONE ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora