Capitolo 13

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Fisso Adam senza dire niente.

Anche lui mi fissa. Sento il suo sguardo bruciare su di me.

"Lenah..."

"Sbattila fuori casa o ci penso io"-mi sento dire.

Mi volto e vado in cucina anch'io.

Appena entro, vedo l'ospite indesiderata frugare nella credenza.

E, la cosa peggiore, è che si mette a cantare.

Fa come se fosse a casa sua.

Canta a squarciagola e stona anche.

Sospiro e chiudo gli occhi.

"Scusa!"-grido.

Lei smette di cantare e mi squadra dalla testa ai piedi.

"Sei la domestica, vero?"-sorride "Addie mi ha fatto uno scherzo"-sospira, poi si mette a ridere.

"Beh, sei fortunata. Ho visto che Adam ti ha riservato una stanza tutta per te e anche abbastanza spaziosa"-dice "Addie è troppo buono a volte"-dice squadrandomi di nuovo.

Non so cosa dire. Un "vattene, grazie" mi sembra troppo banale, troppo poco scenico. E sicuramente, lei non mi ascolterà.

Frustrata, reprimo un grido.

Esco nel corridoio, diretta in cucina, ma Adam mi vede e mi segue.

"Devo andare in bagno"-dico senza voltarmi.

"Dobbiamo parlare."

"Non voglio, e poi ora devo andare in bagno, come ho già detto."

"Bene. Ma sappi che ti aspetterò accanto alla porta."

Chiudo la porta a chiave e scivolo contro la porta per mettermi seduta.

Dopo un po', sento Adam dire:

"Lenah, apri la porta."

Non rispondo.

"Lenah, tutto bene lì?"-il suo tono è calmo.

"Lenah, so che stai prendendo tempo."

Lo ignoro.

"Lenah, ti prego. Apri la porta."

Chiudo gli occhi.

"Lenah! Apri questa dannata porta, maledizione!"-urla.

Un sorriso amaro mi affiora sulle labbra mentre penso a quanto sia simile questa scena rispetto alla prima volta che ho utilizzato il bagno, preparandomi con una lentezza e una calma voluta, mentre un Adam incazzato nero aspettava dietro la porta imprecando perché doveva andare in bagno. Quasi mi viene da ridere al ricordo. E da piangere.

"Lenah, per favore. Esci da questo bagno, o giuro che butto giù la porta e ti trascino fuori io."

Stavolta non riesco a trattenermi e scoppio in una risata silenziosa che mi scuote, facendomi tremare le spalle.

Non mi accorgo che sto piangendo fino a quando una lacrima cade sul pavimento, formando una piccola pozzanghera sulla mattonella bianca.

In fretta, mi asciugo le guance e gli occhi con le mani.

Mi alzo e vado verso lo specchio posto sul lavandino.

"Lenah, è ora di cena, non puoi restare lì. Non puoi non mangiare."

"Che succede, c'è la fila in bagno?"-la voce odiosa della ragazza.

Improvvisamente non posso lasciare che si trovi da sola con Adam.

Devo uscire.

Guardo il mio riflesso nello specchio.

Ho gli occhi arrossati dal pianto.

Me li strofino ancora, peggiorando solo la situazione.

"Oddio, io devo andare in bagno!"-si lamenta lei.

Sono combattuta tra la decisione di lasciarla a soffrire di fuori e restare dentro al bagno ancora per un po', o di uscire per non lasciarla sola con Adam.

Opto per la seconda opzione, anche se a malincuore (avrei preferito molto di più farle scoppiare la vescica).

Apro la porta di scatto, mantenendo uno sguardo altezzoso, e mi sbrigo a sparire nel corridoio.

Mi dimentico sempre che Adam è più veloce, però: non faccio nemmeno in tempo a fare tre passi, che lui già mi ha bloccata contro il muro.

"Lenah, io..."

Non riesce a terminare la frase perché alle sue spalle compare la ragazza.

"Addie! Vieni, andiamo a cucinare"-lo trascina via, e lui la lascia fare.

Questo è quello che mi innervosisce di più: lui la lascia fare. Non si ribella.

Pain is madness [ IN REVISIONE ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora