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Uscendo da quell'ufficio Jimin sentì quasi di essersi tolto un peso dallo stomaco, mentre d'altra parte parlare di quell'aborto spontaneo che la madre aveva avuto anni e anni prima lo aveva un po' scombussolato.

All'epoca, quando era successo, erano rimasti tutti sconvolti in famiglia, per prima ovviamente la signora Park, che, nonostante la sorpresa iniziale, era pronta per l'arrivo del terzo figlio.

Non avevano mai più parlato di quell'argomento, preferendo dimenticare, piuttosto che passare altro tempo circondati da quel dolore acuto.

Yoora diceva sempre che non era destino, ma il piccolo omega, che era sempre stato arguto, non ci aveva mai creduto molto.

Ma parlandone con Christine aveva riportato a galla quella sensazione di malessere che provava anni prima, solo che a questa si era aggiunta della sana e soffocante preoccupazione: se non fosse riuscito a tenere suo figlio in grembo? Cosa avrebbe fatto?

Se un giorno si fosse alzato e da un minuto all'altro non avesse più avuto quella nocciolina nella pancia?

Ne sarebbe rimasto distrutto, senza ombra di dubbio: non era stato un anno facile di sicuro, prima con Yoongi, poi con l'improvvisa gravidanza e la paura che il maggiore potesse prenderla male.
Ma dopo tutto ciò, era convinto che l'universo si stesse riallineando per loro, tutto stava per tornare come prima, con la differenza che stavolta ci sarebbe stato un piccolo fagottino di gioia in più.

E poi se la gravidanza fosse stata effettivamente a rischio, la dottoressa se ne sarebbe accorta, e glielo avrebbe detto, no?

Ne era più che sicuro, quindi si decise a togliersi tutti quei brutti pensieri dalla testa e a scendere al piano terra dell'agenzia, pronto per la cena col suo fidanzato.

Non appena mise piede fuori da quella scatola di metallo -comunemente chiamata ascensore- vide una figura slanciata davanti alla reception con lo sguardo rivolto al cellulare.

«Sette e mezza, eh? Menomale che ti conosco e che ho prenotato per le otto e un quarto» ridacchiò il castano, non appena Jimin si avvicinò.

Quest'ultimo roteò gli occhi divertito, e anche un minimo offeso, nonostante sapesse essere la pura e semplice verità.

«Colpa mia, farsi belli impiega tempo, lo sa signor Min?»

«Oh ma smettila, piuttosto salutami come si deve, senza lasciarmi con l'amaro in bocca come prima» lo attirò a se per un braccio, lasciandosi poi baciare dolcemente dall'omega, che sì, voleva fargliela un po' pagare, ma il quel momento sentiva il bisogno di avere quelle labbra sulle sue.

Yoongi dal canto suo si trovò a ricambiare più che volentieri, avvolgendogli la vita sottile con le braccia: «Andiamo? Ho una fame da lupi».

«Anche io, e poi non torniamo lì dal nostro ultimo anniversario» sbuffò.

Mossero i primi passi verso la grande porta di vetro, maJimin prima di uscire definitivamente dall'edificio notò il ragazzo della reception: «Ancora qui, Mark?».

Il ragazzo dai capelli neri alzò di scatto lo sguardo dal desktop, sorridendo alla vista del modello, il quale a sua volta stava mostrando i denti bianchi.

«Stacco tra venti minuti, oggi tocca a me chiudere» spiegò poi.

«Capisco, allora ci vediamo la prossima settimana, buona serata»

Il corvino oscillò la mano: «Buona continuazione a te, Jimin»

Si diressero verso l'auto del maggiore, parcheggiata nel luogo apposito, appena affianco all'agenzia.

𝘏𝘢𝘣𝘪𝘵𝘴  || 𝘠𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora