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I tre giorni successivi passarono tranquillamente, nessun litigio, nessun dramma: e la coppia non poteva che esserne felice.

«Jihyunie, sicuro di non voler che ti accompagniamo all'aeroporto? Guarda che non è poi così lontano» esclamò l'omega biondo, sulla soglia della porta di casa sua, con il fratello pronto per tornare in America.

«Figuratevi, ho già chiamato il taxi, e poi Yoongi ha già da fare» gli fece l'occhiolino, essendo a conoscenza dei piani del maggiore, e facendo assumere al fratello un'espressione confusa.

Infatti si girò verso l'alfa, chiedendo spiegazioni, che tuttavia non gli furono date.

«Poi te lo mostro» lo liquidò così il maggiore.

La loro attenzione fu nuovamente portata sull'alfa dai capelli scuri, che, con la valigia in mano, abbracciò entrambi, dolcemente; «Vi voglio bene, ci vediamo presto, spero».

«Ciao fratellino, ricordati di chiamare la mamma e il papà quando arrivi, che altrimenti tempestano me di telefonate» ridacchiò.

«Va bene, e tu ricordati di chiamarli più spesso, e lo stesso vale per te con i tuoi» disse poi a Yoongi, il quale ghignò roteando gli occhi, mormorando un "okay capo".

E successivamente la porta fu chiusa, lasciando nel silenzio più totale i due compagni, che poco dopo si abbracciarono, senza un apparente motivo: «Yoongi-ah, che devi fare oggi?» mormorò l'omega sul suo petto, con la testa leggermente alzata verso il suo viso pallido.

«Devo mostrarti una cosa, quindi vestiti e andiamo» ordinò staccandosi, non dopo aver piazzato un bacio sulle labbra del minore, in stato confusionale.

«Non fare domande, e vestiti bene, che fuori fa freddo» e detto ciò, lo spinse verso le scale, percorse dal biondo dopo qualche secondo da egli stesso.

Yoongi non aveva un vero e proprio piano, non aveva architettato nulla, aveva solo preparato una cosa da quando era a casa, una cosa alla quale teneva, una cosa per Jimin, in qualche modo.

Non aveva idea di cosa avrebbe detto e pensato l'omega, non lo sapeva, ma sperava potesse rimanere contento da una cosa del genere, lo sperava davvero molto.

Non poco tempo dopo il soggetto dei suoi pensieri scese le scale, vestito di tutto punto, con un cappotto beige a coprirlo, che sembrava essere abbastanza caldo per quei giorni freddi di fine febbraio.

«Sei stupendo» confessò Yoongi, lasciando un bacio appassionato sulle labbra del compagno, il quale a quel gesto sentì, oltre che le farfalle nello stomaco, un piacevole solletico sul suo marchio, impresso sul collo.

«Mi mancava la tua dolcezza incondizionata» sorrise il minore, abbracciando il rapper, il quale rimase piacevolmente stupito da quel gesto, che sapeva così tanto di casa, così tanto di amore.

«Pesciolino, andiamo»

Salirono nella macchina del maggiore, partendo verso una destinazione a Jimin sconosciuta, e non appena arrivarono davanti a quell'edificio di vetro, il minore divenne ancora più confuso di prima: «Perché siamo alla casa discografica?».

«La risposta è nel mio studio» rispose misterioso, scendendo ed entrando dalle grande porte scorrevoli dell'entrata, seguito da Jimin ovviamente, che non entrava lì da mesi ormai.

Notò che non ci fossero stati molti cambiamenti nel luogo, nemmeno nello studio del maggiore, era sempre uguale: una pianta di monstera, la scrivania di vetro nero con sopra i suoi tre monitor, una sua foto con Jimin, dei portapenne e dei disegnini sui post-it.

Era tutto come sempre.

«Immagino che tu non debba mostrarmi delle ristrutturazioni, visto che è tutto identico a mesi fa» ridacchiò, guardando la foto incorniciata: erano loro due, a capodanno, tre anni prima, erano andati per due settimane a Parigi, tutti soli soletti, a passare la fine e l'inizio dell'anno.

Quella foto li ritraeva mentre si baciavano, sulla Tour Eiffel illuminata, e con dei colorati fuochi d'artificio a decorare lo sfondo del monumento.

Era stato indubbiamente il loro viaggio migliore, nemmeno quello in America poteva competere.

«Jiminie? Mi stai ascoltando?» gli sventolò una mano davanti al viso Yoongi, il quale stava parlando con il muro fino a due secondi prima, ignaro che il fidanzato non gli stesse prestando la minima attenzione.

Questo subito scosse la testa «Scusa, stavo pensando al nostro viaggio a Parigi, che dicevi?».
Subito a quelle parole l'alfa sorrise genuinamente: aveva amato quei sei giorni nella capitale francese, e se c'era una cosa della quale era sicuro era proprio il fatto che non l'avrebbe mai e poi mai dimenticata.

«Siediti» fece, pattandosi le gambe, dove il biondino si posò poco dopo, lasciandosi accarezzare la pancia dal castano, che gli diede un bacio sulla spalla, coperta solo da una maglia ora, dato che il cappotto era stato appoggiato sul divanetto di pelle nero e bianco.

Poi iniziò a smanettare sul suo computer, aprendo finestre su finestre, senza far capire un emerito niente a Jimin, il quale guardava tutto confuso «Tesoro, si può sapere cosa stai facendo?».

«Ci sono, tieni queste -gli pose delle cuffie- e ascolta»

L'omega obbedì, mettendoselo e aspettando un qualcosa, nonostante nemmeno lui sapesse cosa.

Poi partì una base, una che il ragazzo non aveva mai sentito, senza le parole, piacevole.

Gli ricordava tutti gli anni passati insieme al fidanzato, il quale era aggrappato alla sua vita, sperando che potesse piacergli quel piccolo regalo per lui, non ancora finito.

Non sapeva il motivo, ma ogni volta che una nota di quella melodia veniva prodotta un ricordo della loro storia d'amore riaffiorava, ne rimase così colpito, ovviamente in senso positivo, che un'insana voglia di baciare Yoongi lo invase.

Ma non voleva farlo in quel momento, o meglio sì, ma non voleva nemmeno distrarsi da quella canzone non finita, alla quale nonostante mancassero le parole, si era già affezionato.

La ascoltò per qualche minuto, finché non finì, e solo allora ebbe la forza per guardare il castano.

«Allora... che ne pensi?» chiese guardandolo negli occhi, con sguardo speranzoso, voleva solo sapere cosa ne pensasse il più piccolo, ne sentiva il bisogno.

Lui rispose baciandolo, con le mani posate sul suo viso, girandosi sulle sue cosce, mentre l'altro -nonostante la sorpresa- ricambiò felicemente.

«L'ho scritta solo per te...» mormorò tra i baci, toccandogli la nuca, per poi passare alle spalle, e poi ai fianchi, che ancora non mostravano quel gonfiore tipico di una gravidanza.

«Ti amo così tanto cazzo» rispose Jimin, passando a baciare e leccare il suo collo, con fare amorevole, ma anche in modo passionale: era solo felice e voglioso.

Tanto felice e tanto voglioso.

«Anche io pesciolino, e amo anche questa nocciolina» sorrise toccandogli la pancia, e poi scendendo sempre di più, fino ad arrivare al suo membro, rinchiuso nei jeans.

Stavano davvero per fare sesso nello studio del maggiore?

A giudicare dalla voglia con cui l'omega stava spogliando Yoongi della parte superiore dei suoi vestiti, non che questo stesse agendo diversamente: anche lui aveva una voglia insana del minore.

Ad un certo punto però il biondo si staccò, confondendo l'alfa, che tuttavia sorrise come mai in vita sua quando sentì le parole dell'amante, ormai totalmente spogliato sopra di lui.

«Amami, come solo tu sai fare»

𝘏𝘢𝘣𝘪𝘵𝘴  || 𝘠𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora