Capitolo 23

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Cosa sono, in realtà, i nostri genitori oltre a coloro che ci hanno donato la vita, frutto di un grandioso e intimo gesto d'amore?
Coloro a cui è affidata la responsibilità di proteggerci, di volerci bene e di assicurarci un buon ambiente famigliare in cui crescere.
Quando veniamo alla luce, siamo esseri indifesi che hanno bisogno di cura e protezione.
Si dice che i genitori siano "i primi dei" di un essere umano.
Ci si ispira a loro perché diventano il nostro punto di riferimento, la nostra bussola quando ci perdiamo nelle intrigate vie della vita, il nostro faro che ci mette in salvo dalla tempesta.

"Essere genitore" è un dovere non trasferibile, spesso massacrabile e opprimente ma il più il bel dono del mondo.

Questi 'supereroi', a quanto dicono gli altri, adempiono sempre ai loro indifferibili compiti?

"Non posso vederti così!" si lagna Aurora, indossando ancora il pigiama con i fenicotteri rosa che gli regalai cinque anni fa.

Non può capire come mi sento in questo momento e nemmeno io, in tutta sincerità.
Spaesata, confusa o delusa?
Non riesco più a decifrare quello che provo poiché sono passati così tanti anni.
Duemilacentonovanta giorni da quando decisi di andarmene per sempre, di sparire dalla loro vista e di rinnegarli come genitori.

"Hai svegliato Arianna?" tento di distrarla, fallendo miseramente.

"Avresti dovuto..."

"No, tu avresti dovuto vietare il loro ingresso in casa mia!" tuono, puntandole il dito contro.

Aurora non ha fatto niente di male e non ha colpa, lei non c'entra in questa orribile situazione.

"Maria, come avrei mai potuto farlo? Nonostante tutto sono..." controbatte, colpita nell'orgoglio.

"Non sono niente! Hanno smesso di essere 'qualcuno', quando non hanno appoggiato le mie scelte di vita, proibendomi di sposare Leonardo!" le inveisco contro e mi maledico.

"Avevi solo vent'anni! Cosa avrebbero dovuto fare?"

"Forse appoggiarmi ed essere felici per me? Io non ho chiesto mai nulla. Sono cresciuta da sola mentre loro davano retta solo ed esclusivamente a mia sorella!"

Cerco di mantenere la calma, di non uscire fuori di senno ma è più forte di me, non riesco.
Mi passano per la testa tutti i momenti della mia 'adolescenza bruciata': pomeriggi interi trascorsi in ospedali e centri di recupero, notti estenuanti sulle scomode sedie d'attesa a pregare che mia sorella fosse viva, ore ed ore spese a cercarla invano tra i locali della città.

"Io non potrò mai comprendere quello che hai vissuto ma..."

"Ma niente, Aurora! Sai cosa significa ritornare a casa da sola, mangiare da sola, dormire da sola? Non trovare nessuno che ti aspetti dall'uscita della scuola, qualcuno che voglia vederti, stare con te, dimostrarti il suo amore?
Erano sempre troppo stanchi per me, sempre pronti a rimproverarmi in caso di sbaglio! Però, a Veronica, era concesso rubare soldi per ubriacarsi in chissà quale cazzo di bar e perdere i sensi! E lei lo faceva di continuo!"

Rammento il giorno del mio sedicesimo compleanno: avrei dovuto festeggiare in casa con tutta la famiglia e le mie migliori amiche.
Era tutto pronto: palloncini, giochi in casa, cibo, decorazioni.
Pensavo che, almeno per quella volta, avrei potuto sentirmi una ragazza normale che festeggia un semplice compleanno.
Anche quel giorno, come del resto tutti i giorni, Veronica aveva deciso di rovinarmi l'esistenza.
Venne ricoverata e finì in coma etilico dal quale si risvegliò solo un mese dopo.

"Tua sorella aveva una dipendenza! Non voglio giustificare i tuoi genitori, però anche loro non se la sono passata bene tra una figlia che li odiava ed un'altra che mandava giù cascate di alcool!"

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