Capitolo 31

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Il mio rapporto con Gabriel è ormai ridotto a brandelli: lui comanda ed io eseguo.
Niente più risatine, permessi o congedi ma soltanto lavoro ed ordini.
Non posso sostare per la pausa pranzo per più di cinque minuti perché ad ogni minuto aggiuntivo il salario mi viene ridotto del dieci percento e mi è vietato lasciare il posto di lavoro per qualsiasi ragione, anche se si tratta di una situazione urgente.
Ho diritto ad una sola chiamata al giorno e ho l'obbligo di giustificare ogni minimo ritardo al signor Riva (anche se si tratta di soli trenta secondi).
Sono stati tre mesi infernali e ammetto di aver pensato al licenziamento.
Certe giornate ritornavo a casa piena di rabbia e risentimento per questo trattamento ingiusto e davo un'occhiata agli annunci di lavoro per sbarazzarmene al più presto.
Forse un po' per l'abitudine o per il fatto che amavo ancora quell'uomo testardo e distaccato, abbandonavo l'idea e cercavo di tirare avanti.
Tutt'oggi non riesco a sopportare la tensione che si percepisce tra noi due, eppure rimango ancorata alla mia scrivania.
Minaccia sempre di mandarmi mia tuttavia sono convinta che non lo farà mai.
Non comprendo il suo atteggiamento scontroso e arrogante, dato che dovrebbe farsi perdonare per il grosso errore che ha commesso.
Crede forse che la colpa sia mia e che dovrei inginocchiarmi ai suoi piedi e chiedergli di riprendermi come fidanzata?
Sinceramente stento a riconoscerlo.
L'autorevole signor Riva è lontano un miglio dal dolce e generoso Gabriel che ho conosciuto.
Potremmo dire che, anzi, sono completamente diversi anche se sono facce che appartengono alla stessa medaglia.
Io, dal canto mio, prendo tutto con filosofia e provo a farmi una risata ogni tanto sui suoi cambiamenti d'umore.
Questa parte di me più spensierata riesce a salvarmi dalle situazioni ingestibili e a iniettarmi una buona dose di tranquillità e positività.

"Mi scusi, signorina. Avrei bisogno di un piccolo favore" domanda gentilmente una signora dai tratti dolci e un'eleganza sopraffina.

Non mi sembra in gran forma, infatti riesco a sentirle il fiatone da due metri di distanza.
Lei si accomoda su una delle sedie del corridoio e esegue dei respiri profondi per recuperare sufficiente energia per parlare.

"Mi dica. Ha bisogno di qualcosa?"

"Un bicchiere d'acqua con una bustina di..." inspira piano.

"Zucchero?" continuo io.

Annuisce docilmente e imbocco la strada più breve per le macchinette.
Prendo una bottiglietta d'acqua, una bustina di zucchero, un bicchiere di carta e un cucchiaino.
Verso una quantità accettabile di acqua e sciolgo lo zucchero all'interno, porgendo il composto alla signora dall'aria distrutta.

"La ringrazio"

La osservo bere con foga fino all'ultima goccia e sono pronta a versarle altra acqua.
Lo so, dovrei restare in scrivania a farmi gli affari miei e continuare con gli impegni di questa giornata.
Eppure, eccomi qui a rassicurare questa donna stringendole la mano.

"Si sente meglio?Posso prendere altro zucchero o se vuole posso..." avanzo come proposta.

"Sto bene, grazie per la preoccupazione"

"Cerca qualcuno?" le chiedo curiosa.

"Sì, il signor Riva" svela, senza alcun accenno di turbamento.

"Ha un appuntamento?" mi informo.

"No" replica come se non ce ne fosse bisogno.

"Allora non so proprio come io possa aiutarla. Sa, il signor Riva ha un'agenda degli appuntamenti molto fitta e potrei irritarlo se non rispettassi i suoi impegni. Che ne dice se le segno un appuntamento il più presto possibile?" propongo.

"Ho bisogno di vederlo subito. È una sorpresa!" mi riferisce con un sorriso a trentadue denti "Spero non gli dispiaccia, anche se mi fulminerà con la sguardo" ride al pensiero.

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