20.

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l'amato.

«...so che la cosa potrebbe infastidirti tesoro, ma come ti ripeto è unicamente per il tuo bene, a scopo preventivo, mh?» Machiko guardò suo figlio speranzosa, ma allo stesso tempo preoccupata.
Se da un lato era in costate pensiero per le condizioni del giovane, dall'altro era notevolmente sollevata dal mancato peggioramento di queste: la malattia, infatti, fatta eccezione per la sera precedente, era rimasta pressoché stabile, non comportando crescite di alcun tipo. I medici avevano giustificato tale avvenire tramite la mancata repressione dei sentimenti del riccio.
In base a ciò, non era stato difficile comprendere come il ragazzo fosse normalmente a contatto, nella sua quotidianità, con la persona di cui era innamorato; situazione che lo costringeva a reprimere tassativamente il suo sentire, così indirettamente amplificandolo.
Le insistenze da parte degli adulti aumentavano sulle gracili spalle di Keiji, al quale veniva costantemente ripetuta l'importanza del comunicare l'identità della persona amata, a scopi medici. Nonostante tutto, il giovane taceva rumorosamente.
Sua madre sospirò ampiamente: Akaashi aveva lo sguardo perso e le dita che si intrecciavano tra di loro, lentamente ma ansiosamente. Il suo petto si alzava in modo impercettibile.
Parve svegliarsi solo quando la donna lo richiamò ancora, per la terza volta in quella mezz'ora. Si comportava in modo strano dalla sera precedente, da quando aveva rivisto Bokuto.
«Scusa mamma, mi sono distratto.» mormorò, spostando i propri occhi stanchi in quelli della donna. Il senso di spossatezza che percepiva addosso cresceva di secondo in secondo, prosciugando letalmente quel fine corpo.
«Oh, non ci avevo fatto caso.» rispose lei, buttandola sull'ironia. Nessuno dei due rise. «A cosa pensi?»
Il riccio fece spallucce.
«Pensi a lei?» chiese, notando il repentino scatto del capo di lui. "Alla persona che ami".
"Perché una lei?" pensò immediatamente l'interpellato "perché una ragazza?"
«Non penso a nulla.» fu tuttavia la sua monotona e piatta risposta.
«Non pensare neanche minimamente di nasconderti con cotanta facilità da me, intesi? Mi staresti sottovalutando.» la donna accennò un mezzo sorrisetto, cercando di non far crollare ulteriormente la situazione.
Keiji abbassò il capo, puntando lo sguardo sulle proprie mani. Un paio di fiori erano spuntati anche lì.
Era circondato da macchinari, molti dei quali lo analizzavano costantemente:
"È impossibile prevedere dove l'Hanahaki colpirà prima, dunque l'unico mezzo di prevenzione è un costante e completo monitoraggio del paziente." aveva detto il dottore, con quell'aria tragica in volto. Keiji ben presto capì quella fosse la sua espressione naturale.

Era consapevole dove quel discorso con sua madre sarebbe andato a parare, ed era stanco. Non voleva causare fastidio a nessuno, lui, né tantomeno a Bokuto. Dunque perché non poteva semplicemente rimanere quieto nel suo silenzio, spegnendosi lentamente?
Perché la gente è così dannatamente legata alla vita?
E, soprattutto, perché volevano che lui si aggrappasse così disperatamente alla propria?
Non ne vedeva più il motivo, l'aveva perso.

«Hai preso le medicine che ti ha assegnato il dottore?» domandò la maggiore, guardando il più piccolo scuotere la testa.
«Non capisco nulla quando le prendo, mi intontiscono.»
«Ma Keiji, così facendo l'impatto ormonale diverrà sempre più influente.» gli ripeté ancora. In risposta, lui le diede le spalle, accomodandosi sul lettino.
Aveva innumerevoli elettrodi sul corpo, ed un marchingegno attaccato ad un dito: alle volte pareva impossibile trovare una posizione comoda su quel materasso sottilissimo.
Machiko sbuffò una risata, carezzando lentamente la spalla di suo figlio.
«Certe abitudini non si perdono mai, eh?» annunciò, con un tono nostalgico e triste, ma in qualche modo sereno «Quand'eri piccolo facevi la stessa cosa, ricordi? Ogni volta che dovevi prendere una qualsivoglia medicina, era sempre una battaglia.»
Akaashi annuì piano, sperando di non essere notato.
«Una volta le provai tutte, ma non avevi assolutamente intenzione di prendere uno sciroppo particolare per la tosse. Avevi la gola completamente irritata e quasi non riuscivi a parlare, ma ciò non ti convinceva nemmeno minimamente a prendere quel medicinale. Non era poi così cattivo, dai.» raccontò, con un lieve sorriso ad incresparle le labbra «C'è voluto l'aiuto di Bokuto-kun, quel giorno. Solo lui è riuscito a convincerti.»

Sweet death. /BokuAka/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora