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Caro Bokuto-san,
dovrei chiederti come stai. Dovrei comportarmi come al solito, ignorando le circostanze. Dovrei far finta di nulla, prepararmi alla mia partenza, alla mia fine, e stare in silenzio. Soffriresti di più?
Te lo aspettavi?

Come stai?
Io fermo, non credo il tempo sia mai stato così pesante sul mio petto. Imbarazzato mentre scrivo questa lettera.
Mi sembra di essere in una di quelle scene da film romantico, in cui viene preparato un dolce addio che non sarà mai pronunciato, per la gioia dei protagonisti.
Purtroppo, noi non viviamo in un film.

Non so cosa io voglia dirti, tenerti nascosto, farti capire in modo implicito.
Sinceramente, in parte mi sento in colpa nel buttare giù queste parole, perché non so che effetto avranno: non so se ti aiuteranno ad andare avanti, oppure ti butteranno ancora più a terra. Non so con quale coraggio io stia scrivendo, con quale orgoglio stia decidendo di sparire col sole al tramonto, di appassire quieto senza dedicarti il mio ultimo germoglio. Non so più nulla, ultimamente.
Ho dannatamente paura, Kōtarō.
Sta accadendo tutto così velocemente, così brutalmente, che non riesco più a reggermi in piedi, e tu non sei al mio fianco a sorreggermi.
C'era da aspettarselo, in fondo, no? È giusto che tu non fossilizzi la tua intera, brillante esistenza su di me.
Scusami tanto.

Forse questo è il mio ultimo giorno sulla terra, o forse il penultimo, o il terzultimo.
Non resterò qui a lungo, e per questo mi sento in dovere di chiarirmi e chiarirti la situazione, nella speranza tu non te ne faccia una colpa. Non rendere la mia essenza più buia di quanto già non sia. 
Ho notato, più il sole saliva e scendeva, più i giorni, le ore ed i minuti passavano, quanto la tua presenza nella mia vita mi stesse rendendo più bello...ai miei stessi occhi. Mi piaccio di più al tuo fianco, è come io vi appartenessi. Vorrei rimanervi.
Cupido stesso arrossirebbe in tua presenza, e non lo biasimerei se finisse ad innamorarsi di te. Quale essere può resistere al paradiso?

Ti chiedo scusa, perché quel giorno sono scappato.
Non avevo il coraggio di guardarti in volto, specchiarmi ancora in quelle iridi color sole, con la consapevolezza di star spingendo sulle tue spalle il peso della mia morte. Non avevo la forza per dirti di essermi innamorato, di aver iniziato a vedere in modo diverso quei sorrisi e gesti quotidiani, solo perché provenienti da te.
Non ci ho mai capito nulla di amore, per quanto mi sia sforzato, ma è così grave se al suo nominare, mi venga in mente il tuo viso?
È così imperdonabile il bisogno di averti al mio fianco? Così peccaminosa questa sensazione di calore? Così struggente questa delicata carezza?

Mi avevano dato una settimana, soli sette giorni per dare una svolta alla mia vita, e decidere se terminarla o proseguirla in bianco e nero.
L'unica cura esistente per questa patologia consisterebbe in un'operazione molto delicata, cui mi priverebbe della capacità di provare emozioni. Per un attimo l'avevo anche presa in considerazione, sai?
Tuttavia...
Come può un essere umano vivere chiuso in una bottiglia?
Volevo fare così tante cose, vivere così tante esperienze, imparare così tante lezioni, ma il fato pare non essere della stessa opinione. E forse queste son solo le ultime parole di un pazzo, o magari le ultime parole della mia stessa paura, ma fa così male vederti andare via, anche se sono io quello che si sta allontanando...finché il portone non si chiude.
Tra due giorni, il capitolo si concluderà ufficialmente. Le serrature scatteranno.
Avrei voluto crescere, cadere e rialzarmi. Suppongo non saprò mai cosa si provi ad esistere, ad evolversi, a respirare, ad amare senza esserne conseguenzialmente distrutti. 

Potresti lasciare un fiore sulla mia tomba? Ho paura resti spoglia.

Mi sento un idiota, Kōtarō.
Non sono abituato a parlare di quella persona da tutti chiamata "Akaashi Keiji", e farlo mi fa solo sembrare ridicolo...eppure sono qui, in una stanza d'ospedale, cercando di riversare, di vomitare i miei sentimenti un'ultima volta su della carta, nel vano tentativo di donare loro un'esistenza più lunga della mia.
Scusami, per favore, scusami.
Sto infrangendo così tante promesse fatte in silenzio, col rumore dei nostri battiti. Chiudi gli occhi, non guardarmi, ho paura tu mi inizi a vedere nel modo in cui io vedo me stesso.
Magari non siamo quelli giusti, non ora. Forse in un'altra vita sarò degno di un futuro, di un domani, di quella leggerezza e libertà che viene suscitata nel dire:
«Posso sempre farlo dopo.»
Forse, in un mondo diverso, il nostro noi potrà godere di un'esistenza più duratura.

Sweet death. /BokuAka/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora