cicatrici e fossette.
Non appena i polpastrelli del riccio rientrarono a contatto con il materiale soffice della palla da pallavolo, egli si sentì colpito da un irrefrenabile moto di nostalgia, muoventesi dal fondo dello stomaco sino a colpire il suo cuore.
Il sorriso emozionato del brizzolato gli alleggerì il petto.
Così, con calma, lentezza ed infinita gioia nel tornare a fare quei movimenti così familiari, i due giovani intrapresero un cauto allenamento. Akaashi alzava il pallone, indirizzandolo verso il compagno, che lo schiacciava e rimandava al riccio, il quale lo rispediva in bagher. Quindi si intercambiavano, in un gioco nettamente più soffice e meno intenso rispetto ciò a cui erano abituati. Bokuto era infatti ben consapevole della necessità del minore di riprendere il ritmo, passo dopo passo.«Ahhh, mi era mancato così tanto!» esclamò ad un certo punto lui, schiacciando energeticamente ma in modo preciso un ennesimo pallone.
Keiji sorrise sincero a quel commento, indirizzandogli il colpo successivo.
Il ragazzo dagli occhi dorati non tardò a notare il lieve fiatone prendente possesso del minore man a mano che questi si chinava per effettuare quello o quell'altro bagher, quindi seguito da qualche lieve tepore di sudore sulla sua fronte. Nonostante il caldo, tuttavia, egli non accennava nemmeno minimamente a togliere quella felpa che lo copriva, che lo proteggeva.
Dopo un po', Bokuto afferrò la palla con entrambe le mani quando gli fu ritirata, bloccandola e notando un sole di prima estate spendere vanitoso in cielo. Erano le tre di pomeriggio, ed il caldo iniziava a farsi sentire.
«Pausa? Fa troppo caldo per giocare adesso.» commentò quindi, ottenendo un annuire sommesso da parte dell'altro.
Riposero l'oggetto al suo posto e rincasarono, silenziosi.«Keiji, tesoro, non stai morendo di caldo con quella felpa addosso?» gli chiese la madre, vedendoli passare per dirigersi in camera, dopo aver offerto ad ambo i giocatori dell'acqua.
Nonostante le gote lievemente arrossate, il corvino scosse il capo, iniziando a salire le scale:
«Sto bene.»
Machiko comprese il problema, aggrottando le sopracciglia. Bokuto rimase pensieroso, ma lo nascose velocemente seguendo il compagno fin nella sua stanza con il proprio usuale entusiasmo.
I due si chiusero dentro, accomodandosi sul letto.
Ad Akaashi non andava di parlare, era esplicito. Qualcosa lo turbava, o forse era solo stanco. O giù di morale. O estremamente annoiato. O solo troppo pigro per pensare a cosa dire.
Kōtarō quasi era irritato dall'impossibilità di leggere il piccolo quando si chiudeva in se stesso.Steso sul letto, gli fece cenno di accoccolarsi a lui: se non poteva consolarlo con le parole, o commuoverlo con chissà quale metafora d'amore o giro di termini assurdo, almeno voleva far sentire la propria presenza, permettergli di risposarsi, di far cadere quella maschera di marmo, tagliente e pesante, davanti a qualcuno.
Keiji si stese al suo fianco, con il capo posato sul suo petto ed un braccio che gli stringeva il busto. Prese a giocare con una piega della maglietta che lui portava, arrotolandola attorno alle proprie dita mentre pensava.
Non poté negare di sentirsi nettamente meglio circondato da quell'odore così caratteristico, così dolce. Ne era cullato, con il battito del cuore di lui a suonare come una ninna nanna.
Una mano di quest'ultimo finì tra i suoi capelli, che furono accarezzati e con delicatezza, spostati per poi esser rimessi al loro posto. Gli lasciò dei lievi grattini sulla cute, rilassandolo completamente.
Entrambi i giovani erano completamente assolti in pensieri differenti, soli ma rallegrati l'uno dalla compagnia dell'altro.Kōtarō sospirò profondamente, ripensando agli ultimi giorni, le ultime ore, gli ultimi mesi.
La lettera che aveva letto ancora gli pesava sul cuore, essendo ella pura e disperata manifestazione di quel dolore che aveva attanagliato il minore, che ora risposava tranquillo sul proprio corpo, eventualmente strusciando il naso in un gesto di tenerezza estrema.Aveva toccato il fondo, vi si era disteso, ma fortunatamente era riuscito ad essere ripreso per mano, trascinato verso l'alto.
Stampò un bacio tra quelle ciocche nere, in un gesto d'affetto.
Scampato il pericolo, ora Bokuto doveva preoccuparsi di tutto ciò che lui, personalmente, aveva causato: doveva chiarire la questione con Konoha, accusato in una disparata ricerca di colpevolezza, chiedere scusa a Nishida e Sato, con cui se l'era presa ingiustamente, e chiudere definitivamente la "storia" con Heather.
Il ricordo di quella ragazza gli tuonò improvvisamente in mente, ricordandogli di come non la sentisse da ormai due o tre giorni di fila. Lei l'aveva contattato, ma Kōtarō aveva ben altro a cui pensare.
E quel "ben altro" gli si era ora appisolato sul petto.
Le sue mani erano immobili e morbide, il suo respiro lento. Bokuto lo strinse maggiormente a sé, come a proteggerlo da qualcosa, da qualsiasi cosa.
Con la mano libera afferrò il proprio cellulare, che aveva in tasca, aprendo l'applicazione di chat. Sotto il contatto della ragazza, cinque messaggi spiccavano non letti.
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Sweet death. /BokuAka/
Fanfiction"Cosa si scrive, quando non si ha più tempo per farlo? Cosa si dice, sapendo che quelle saranno le ultime parole che potrai mai pronunciare? Cosa si pensa dell'amore, quando questo diviene la causa della tua fine?„ Il giovane liceale Akaashi Keiji...