fight.
Bokuto aveva più volte augurato il peggio a quel professore.
L'aveva fatto quando lo richiamava non appena distoglieva lo sguardo dalla lavagna, l'aveva fatto quando sembrava complicare assurdamente le spiegazioni solo per mettere loro poveri ragazzi in difficoltà, l'aveva fatto quando aveva fallito l'esame di matematica.
Nonostante ciò, mai l'aveva detestato come quel giorno freddo, in cui gli aveva vietato di assicurarsi che Akaashi stesse bene. Sentiva come se, se quell'uomo non fosse intervenuto, le cose sarebbero andate diversamente.
In modo irrequieto ed agitato dovette attendere il cambio dell'ora per chiedere di andare in bagno, muovendosi invece verso la classe del riccio. La loro porta era chiusa.
Con un crescente senso di frustrazione, il liceale dovette ritornare sui suoi passi, rassegnandosi ad aspettare la fine della giornata.
Il tempo parve non voler passare, pigro e dispettoso.
Non appena anche l'ultima campanella suonò, Kōtarō scattò fulmineo verso l'uscita, quasi dimenticandosi persino di cambiare le proprie scarpe. Non doveva sprecare tempo, oppure avrebbe rischiato di mancare Keiji all'uscita.
Quel giorno comprese particolarmente quanto l'uscita potesse essere affollata: tutti e quattro i licei aprivano le proprie porte, facendo riversare in strada scolaresche dalle dimensioni immense. Bokuto si accostò di fianco al cancello, cercando di individuare quegli occhi dal colore smeraldo o quei ricci così scuri e scomposti, ed eventualmente incrociando lo sguardo con figure anonime, poco importanti in quel momento.
Incontrò Kuroo e Kenma, che chiacchierando stavano tornando a casa, poi un paio di ragazzi del Karasuno ed alcune liceali di cui non ricordava nemmeno il nome. Di Akaashi non intercettò nemmeno l'ombra, e ciò lo agitò notevolmente: non era venuto a scuola? O si era mescolato alla folla, avendolo notato?
Mentre girava i tacchi, con le mani in tasca e la borsa a tracolla, mise su un'espressione crucciata.
Nonostante fosse stato il più attento possibile, la possibilità di non aver notato il riccio nella folla non poteva essere considerata nulla, dato il numero di persone e la capacità del minore di passare inosservato. Avrebbe dovuto controllare a casa sua? No, sembrava troppo.
Una fredda ed improvvisa folata di vento fece rabbrividire il ragazzo dai capelli bicolore.
Doveva chiamarlo, non aveva scelta: questa fu la conclusione cui arrivò, camminando lentamente per quella strada isolata e triste.
Rimase qualche secondo in sospeso, preparandosi ad affrontare qualsiasi cosa gli sarebbe venuta incontro. Per Akaashi.
Poi, si disse, non era nemmeno detto gli rispondesse: forse non aveva il telefono vicino, o non voleva parlare col maggiore.
Mentre pensava ciò, quel tu...tu di sottofondo cessò, sostituito da una voce femminile e stanca: Machiko. Bokuto corrugò la fronte: perché aveva risposto la madre del ragazzo?
«Bokuto-kun?» aveva pronunciato lei.
«Oh, ehm, salve Akaashi-san.» rispose lui, colto di sorpresa.
«Stai chiamando per sapere di Keiji, tesoro?» domandò, e la sua voce tremò «Credo tu non lo veda da un po', ormai.»
«Sì, esatto. Volevo solo assicurarmi stesse bene.» rispose, sentendo in sottofondo il battito accelerato del proprio cuore. Se il corvino avesse visto chi lo stava chiamando e non avesse voluto rispondergli, allora non avrebbe spinto la madre a farlo al posto suo. Ciò poteva solo significare che il riccio non sapeva della telefonata. Tuttavia, il tono distrutto della donna lo preoccupava infinitamente.
Lei emise una risatina a metà tra un singhiozzo ed un sospiro, parlando subito dopo:
«Keiji è così fortunato ad avere un amico come te, oh.» fece una breve pausa, nella quale la parola "amico" parve rimbombare nella testa del maggiore «Non credo ti abbia detto nulla, giusto Bokuto-kun?»
Egli sobbalzò: «Detto cosa?»
Un sospiro spezzato e trattenuto fu ben esalato: «Keiji sta male, molto male.»Nonostante fossero passate alcune ore da quella telefonata con la donna, Bokuto pareva non riuscire a non pensarvi. Il mondo si era bloccato, scandalizzato e terrorizzato, attorno a quelle spezzate e sofferenti parole, pronunciate da una madre distrutta. Il ragazzo non era riuscito a dire molto, in quella chiamata. Machiko gli aveva detto che Akaashi era al momento ricoverato per una malattia mortale, della quale però non aveva citato il nome:
"Questi dettagli credo sia meglio te li dia lui stesso" aveva spiegato.
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Sweet death. /BokuAka/
Fanfiction"Cosa si scrive, quando non si ha più tempo per farlo? Cosa si dice, sapendo che quelle saranno le ultime parole che potrai mai pronunciare? Cosa si pensa dell'amore, quando questo diviene la causa della tua fine?„ Il giovane liceale Akaashi Keiji...