Regrets and thoughtful silences

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Attention please: questo capitolo contiene allusioni a violenza domestica. Non è nulla di troppo forte, ma, per favore, non leggetela se non ve la sentite.
Mi dispiace. Sono terribile. Arrivederci.

Una vera idiota. Sei stata una vera idiota. Un'imbecille, una deficiente. Ma cosa mi è venuto in mente? Perché ho detto tutto quello schifo? Dio, non ha fatto altro che essere gentile con me ed aiutarmi, e io l'ho trattata così. Ci credo che poi mi ritrovo da sola. Sono orribile. Mi merito tutto quello che ricevo.

Queste le voci nella testa di Lena, quella sera, dopo che la rabbia l'aveva abbandonata.

Era tardi.

La situazione peggiorò ulteriormente quando sentì la porta di casa sbattere con violenza, a segnalare l'arrivo a casa di Lionel.

Ubriaco.

Lena iniziò a tremare.

Stava già male di suo, e non aveva bisogno di altro dolore.

Soprattutto non fisico.

Ma purtroppo aveva già vissuto molte volte questa situazione.

Era da un po' che non succedeva... la sua fortuna prima o poi doveva esaurirsi.

Sentì Lionel salire le scale a passi pesanti.

Pum, pum, pum.

Non distingueva più se fossero i battiti del suo cuore o i passi del suo padre adottivo in corridoio.

Aveva poca importanza.

Nulla avrebbe fermato quanto stava per succedere.

Lionel entrò nella stanza.

La sua grottesca figura si stagliava sulla porta, illuminata dal lampadario.

Lena tentò di ritrarsi sotto le coperte.

Cercò in tutti i modi di nascondersi alla sua vista, ma la voce di Lionel era imperativa come al solito.

"Vieni fuori e prenditi quello che ti spetta."

E Lena non ci pensò neanche a disubbidire, perché sapeva - per esperienza- che se ci avesse provato sarebbe andata solo a finire peggio.

Strisciò fuori dal letto, in piedi nella luce della stanza.

Tremante.

Lionel si slacciò la cintura.

Lena stava vivendo quelle settimane col rimorso di quanto aveva detto quel pomeriggio a Kara.

Da allora la bionda non l'aveva più cercata, probabilmente a causa delle sue stesse parole, e Lena non aveva il coraggio né la forza di provare a fare lei il nuovo passo.

Si trascinava nei corridoi, subendo i soliti scherzi, sentendo i soliti insulti ed avendo le solite reazioni, mentre la fine di ottobre scivolava via nella nebbia e lasciava il posto a quello che si preannunciava come un novembre piovoso.

Lena non poteva fare a meno di cercarla nei corridoi tutte le volte che ne aveva la possibilità.

L'avvistava spesso mentre correva da un'aula all'altra.

Più di una volta Lena si era segretamente infiltrata in palestra per assistere a qualche minuto di allenamento, ma poi se ne andava sempre, prima che la notassero.

Il 5 novembre sentì dire che Pete, Roger e Albert erano stati cacciati dalla squadra di basket, e che, tra l'altro, Pete era anche stato sospeso.

Aveva il forte sospetto che Kara fosse dietro a tutto questo.

Non dire sciocchezze Lena, perché mai dovrebbe essere opera di Kara? E poi, se anche lo fosse, di certo non l'ha fatto per te. Tu l'hai rifiutata, lei non ti deve niente, anzi, al massimo sei tu che devi qualcosa a lei. Se veramente è stata lei a farli espellere dalla squadra, l'avrà fatto per senso del dovere.

Il che era in parte vero, anche se in effetti Kara aveva messo nelle sue accuse un po' più veemenza del necessario, che se la vittima fosse stata qualcun'altro probabilmente  non ci sarebbe stata.

Ma questo Lena non lo sapeva.

La mora continuava a limitarsi a guardarla di soppiatto a scuola, o in palestra.

Non riusciva a togliersi dalla testa i riflessi del sole su quei capelli d'oro.

Erano una delle poche cose che le permettevano di non cadere a pezzi in quel periodo particolarmente brutto che stava vivendo a casa.

Lionel la picchiava spesso, fortunatamente non sempre con la cintura.

A ogni colpo, Lena immaginava di riceve un abbraccio di Kara.

A ogni schiaffo, una carezza.

A ogni calcio, un bacio.

In fronte o sulla guancia, ovviamente...

Poi si riscuoteva, e pensava ai vestiti migliori da mettersi per coprire i segni.

In compenso, nonostante tutto, le sue costole stavano meglio.

Era tornata una volta dal dottor Arias, da sola stavolta, a farsi controllare.

Aveva rubato dei soldi dal portafoglio di Lillian.

Era quasi guarita, era solo questione di ripresa ormai.

Non portando più quella sorta di armatura sotto la maglia, Lena si sentiva molto più libera.

Se soltanto si fosse sentita ugualmente libera di fare quello che voleva disperatamente fare....

Finché accadde qualcosa, che le avrebbe cambiato la vita.

'cause darling, you fit just perfectly here in my arms.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora