Capitolo 10

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Venerdì 3 novembre

Al Manhattan Psychiatric Center regnava uno strano silenzio, il Dottor Marks ne rimase alquanto stranito. Come al solito prese l'ascensore per raggiungere il quinto piano. In un religioso silenzio percorse il corridoio.

Trovò la ragazza seduta a terra, le gambe stese dinanzi a lei, i capelli umidi e lo sguardo perso come al solito. Fece cenno ad un dottore di aprire, e con titubanza l'uomo rispose alla richiesta.

<<Buongiorno Eleonor, come state oggi?>> posò lo sguardo su di lui in risposta. <<Posso sedermi accanto a voi?>> chiese nuovamente. La ragazza non dette alcuna risposta. Si avvicinò con cautela, e si sedette distante da lei; non voleva invadere il suo spazio.

<<Vi va di raccontarmi della vostra storia d'amore? Un vostro amico mi ha detto che avevate un ragazzo>> aprì il taccuino, aspettando una risposta. <<Il vostro vecchio compagno di scuola: Max>> Eleonr si ritrasse al suono di quel nome.

<<Come si chiamava il vostro ragazzo?>> scosse la testa. <<Non voglio parlare>> sussurrò voltandosi. <<Perché non volete parlare con me?>> cambiò domanda. <<Voi non siete mio amico. Volete aiutarmi solo perché è il vostro lavoro>> la voce le si stava incrinando. Varie lacrime abbandonarono i suoi occhi.

Non era facile parlare del ragazzo che da anni continuava ad amare.

<<Sono vostro amico Eleonor, sono qui solo per voi>> cercò di rassicurarla. <<Lasciatemi in pace dottore. Non voglio più ricordare>> stava implorando l'uomo, i ricordi le distruggevano la testa ogni giorno sempre di più. La stavano consumando, prosciugavano ogni centimetro di lei.

<<Perché non compiamo insieme questo viaggio? Poco alla volta>> propose lo psicologo. <<Perché non voglio morire di nuovo>> si voltò verso l'uomo. <<Eleonor, potete dirmi cortesemente perché vi trovate qui?>> un singhiozzo abbandonò le labbra di lei, che continuavano a tremare.

<<Volevo porre fine a tutto>> lui annuì. <<Come mai?>> chiese ancora. <<Perché quando non hai niente, la vita è inutile>> rimase stupito dinanzi a quelle parole. <<Avete un ottima famiglia, e avevate degli ottimi amici>> negò con la testa. <<Gliel'ho detto: chi mente non è realmente tuo amico>> gli occhi dell'uomo iniziarono ad illuminarsi.

Eleonor stava collaborando, lo stava aiutando a capire. <<Che cosa vi hanno fatto?>> si avvicinò di poco. <<La prego chiami Lizzy, non voglio parlare se non c'è lei con me>> un masso enorme gli schiacciò la schiena.

<<Eleonor ve l'ho detto, Lizzy è solo frutto della vostra immaginazione. Non esiste, nessuno la conosce>> le lacrime smisero di scenderle. <<Tutti la conoscono, stanno solo fingendo dottore. E' circondato da menzogne, proprio come me>> mormorò.

<<Le ho detto dove si trova ma vedo che non mi ascolta>> lui sospirò. <<Thomas lo sa>> disse. <<Vostro fratello? Aveva solo undici anni>>. <<Ma farò comunque un tentativo. Ve lo prometto Eleonor, vi tirerò fuori da qui>> si alzò dal pavimento imbottito, ed uscì da quella stanza.

Un urlo agghiacciante gli colpì le orecchie, quelle urla provenivano dalla stanza da cui era appena uscito. Eleonor si stava disperando, e nessuno le era corso in aiuto. Quella stanza la stava rendendo pazza, le mancava l'aria ad ogni ora.

Endrick Marks non perse tempo a dirigersi verso casa Cliver. Salì le scale per raggiungere il terzo piano. Bussò alla porta dell'appartamento. <<Salve Signora Cliver, mi scusi se le piombo così a casa, ma vorrei parlare con Thomas>> respirava pesantemente, aveva l'affanno per la corsa sulle scale.

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