Capitolo 3

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Domenica 17 dicembre

<<Salve Signor Cliver. Mi scuso per essere venuto di domenica, magari avevate progetti per il weekend>> il Signor Cliver gli sorrise facendolo entrare. <<Non si preoccupi, questo weekend abbiamo deciso di riposarci dal lavoro restando a casa>> spiegò brevemente.

Lo fecero accomodare in salotto, dove già erano seduti sul divano la donna con accanto il figlio. <<Prego si sieda pure>> gli indicò la poltrona davanti al divano. Endrick si sedette, e con tutta la calma che possedeva iniziò a parlare.

<<Signora Cliver, avrei una domanda abbastanza delicata per lei>> la donna sembrò preoccuparsi. Guardò il marito che alzò di poco le spalle non sapendo di cosa volesse parlare Endrick.

<<Volevo solo chiederle se sapeva il motivo preciso per cui vostra figlia tentò il primo suicidio>> la donna si portò una mano al petto. <<No, purtroppo lei non mi ha mai parlato dei suoi problemi. E di questo me ne faccio una colpa>> strinse gli occhi, ed una lacrima scivolò rapida sul suo volto.

<<Dunque non sapeva neppure che i suoi compagni la prendevano in giro>> sembrò sorpresa. <<No, noi non ne sapevamo nulla>> guardò il compagno come segno di conferma. Thomas era rimasto in silenzio ad ascoltare la domanda.

<<Thomas, sapevi niente tu?>> si rivolse al giovane. <<Era solo un bambino>> ruggì il padre. <<Lo comprendo, ma quando si cresce tendiamo a dimenticare varie vicende accadute. Se Eleonor gli ha detto qualcosa potrebbe ricordarselo, come non potrebbe>> spiegò. Il ragazzino alzò la testa <<lei, non me ne ha mai parlato. Anzi tornava da scuola sempre con il sorriso>> congiunse le mani poggiando la schiena sul grande cuscino del divano.

<<So di avervelo già chiesto tempo fa, ma qualcosa non mi quadra. Siete sicuri che vostra figlia non abbia mai avuto un ragazzo?> chiese ai due adulti presenti nella stanza con lui. Le mani della donna iniziarono a sudare, il suo corpo si stava irrigidendo agli occhi di tutti i presenti.

<<Sì, sono sicurissima del fatto che mia figlia non avesse un ragazzo. Ce lo avrebbe fatto conoscere>> la sua voce era infastidita. Probabilmente si sentiva attaccata personalmente. <<Alcuni suoi compagni le dicevano che era incinta, continuando a prenderla in giro sempre più pesantemente. Davvero non ne eravate al corrente?>> il Signor Cliver scosse la testa.

<<Lo dicevo che dovevamo mandarla in una scuola privata>> affermò la donna inveendo contro il marito. <<Ma no, tutti dovevate darmi torto. Era troppo intelligente per permettersi quella scuola>> era arrabbiata, lo si percepiva dal tono di voce che usava.

<<Una scuola privata?>> chiese lo psicologo. <<Sì. Eleonor è sempre stata molto intelligente, avevamo pensato ad una scuola privata. Ma lei voleva a tutti i costi andare in una comune>> spiegò il padre della ragazza. <<Voleva passare gli anni del liceo come chiunque, con amici ed uscite nel weekend>> continuò gesticolando in modo alquanto nervoso.

<<Abbiamo sbagliato. Già sapevo che qualcosa sarebbe andato storto>> disse la donna sempre più sconvolta dalle sue stesse parole. <<Sa, una madre sa sempre tutto. Lo chiami pure intuito, sesto senso femminile. Ma a noi non ci sfugge niente>>.

<<Che rapporto aveva con i suoi amici?>> chiese il dottore. <<Buono, nessuno si è mai lamentato di lei. Alcune volte portava a casa Sam e Max>> spiegò il padre. <<Gli amici erano pochi ma buoni>> concluse. <<Non avete mai notato niente di strano?>> i due adulti negarono con un cenno della testa. <<Era sempre chiusa nella sua stanza. Studiava giorno e notte>> continuò a spiegare l'uomo.

<<Se non studiava scriveva. Aspirava a diventare una scrittrice; custodiva i suoi scritti con grande gelosia>>. <<Thomas tu non ricordi un particolare giorno in cui era triste?>> il ragazzino negò. <<No mi dispiace, aveva sempre il sorriso sulle labbra. Piangeva solo durante qualche film drammatico; ogni venerdì sera facevamo la serata cinema>>.

<<Ti ricordi qualche titolo?>> chiese nuovamente, ma ricevette una risposta negativa. <<Va bene lo stesso>> acconsentì a dire. <<Sapete per caso, per quale motivo reale, lo abbia fatto per altre undici volte?>> era un duro colpo parlare di ciò, ma era necessario.

<<No, non sappiamo niente. D'un tratto è come impazzita, non smetteva di urlare la notte, e il giorno a stento mangiava. Il suo bellissimo sorriso scomparve. Abitavamo con un fantasma>> altre lacrime giunsero lungo il volto della donna. <<Dopo due anni ho dovuto fare qualcosa, non potevo lasciarla morire così. L'ho fatta trasferire nella struttura, dove si sta riprendendo notevolmente>> ad Endrick sorse un pensiero, che dovette rivelare.

<<Non sa niente?>> chiese, quasi enigmatico. <<Cosa dovremmo sapere?>> porse una nuova domanda. <<Vostra figlia, ci ha provato ancora, giorni fa>>. <<Cosa? Come è possibile? E' sorvegliata giorno e notte>> il padre della ragazza era incredulo. <<Una mattonella rotta della doccia, ma sta bene>>.

<<Inizio a pensare che non voglia più stare in questo mondo>> mormorò la madre massaggiandosi la fronte. <<Ma non capisco il perché, adesso è in un posto sicuro, nessuno può farle del male>> ed è qui che si sbagliava.

<<Credo possa bastare così>> si alzò dalla comoda poltrona in pelle rossa. Thomas si offrì di accompagnarlo alla porta dell'appartamento. <<Hai trovato Lizzy?>> chiese sussurrando. <<Sì, ma non mi ha detto niente>> Thomas parve confuso da quella risposta. <<Non è possibile, erano molto amiche>> affermò sicuro.

<<Non so cosa sia successo Thomas, ma Lizzy non vuole più avere a che fare con tua sorella>> il ragazzino si fece pensieroso. <<Posso farti avere il numero di Lizzy, così potrai convincerla>> l'uomo annuì. <<Grazie Thomas, il mio numero potrai trovarlo su internet>>.

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