Capitolo 8

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Martedì 19 gennaio

<<Ti ho mentito Endrick. Fui partecipe ad un suo suicidio, poco prima l'incidente. Ma non capii di cosa si trattasse>>. Aveva chiesto a Lizzy se potevano prendere un caffè insieme prima di andare a lavoro. Quel giorno non aveva molte energia.

<<Sai questo anello nel bene e nel male non lo ha mai tolto. Per andare a scuola lo girava, così che la gemma fosse nascosta. Lo amava da impazzire, proprio come lui>> sorrise al ricordo felice che aveva della sua amica.

<<I suoi genitori mi avevano detto che non ti conoscevano>> ammise l'uomo, ricevendo in cambio un sorriso divertito. <<Scommetto che è stata sua madre a dirtelo. Che ipocrita. Te l'ho detto stai cercando la verità dietro anni di menzogne>>.

<<Neppure i suoi amici sapevano chi tu fossi>> iniziò a ridere. <<Perché la cosa ti diverte tanto?>> le chiese lui. <<Chi mente non è realmente tuo amico>> disse divertita. Ma quella frase fece gelare il sangue ad Endrick.

<<Cosa hai detto?>> le fece ripetere. <<Chi mente non è realmente tuo amico>> ripeté seria. <<Me lo ha detto anche Eleonor, stesse parole, più di una volta. Dio sono così stupido>> ma la ragazza scosse la testa.

<<L'altra volta hai sbagliato. Lei non comunica tramite la paura: lei comunica con la paura. Ella si trasforma in un fantasma che solo lei può vedere, e parla con la rispettiva figura>> le voleva ancora bene, lo si notava da come parlava di lei.

<<Che cosa sono le sue memorie?>> chiese Endrick. <<I suoi manoscritti. Lei scriveva>> una lampadina si accese sopra la testa dell'uomo. <<Una persona che scrive memorie solitamente ha poco da vivere>> rifletté lui ad alta voce. <<Ma Eleonor aveva solo diciotto anni>> concluse.

<<Scriveva libri Endrick. Le sue memorie, i suoi scritti: sono i suoi libri>> lo fece riflettere. <<Dovremmo cercare in camera sua, non c'è altra soluzione>> le annuì. <<Sua madre rimarrà sorpresa nel vedermi>> finì di bere il suo caffè macchiato. <<La conosci bene?>> chiese Endrick.

<<So con chi ho il dispiacere di parlare>> rispose alla domanda a modo suo. <<Avevi detto che ti ha trattata male>> ripercorse i ricordi nella sua testa. <<Mi cacciò via subito dopo l'incidente, quando Eleonor tentò il secondo suicidio: quando la trovò al lampadario>> qualcosa non quadrava più, e solo ora ci aveva fatto caso.

<<Un attimo, questo è il secondo suicidio. La madre crede sia il primo>> anche Lizzy sembrò capire. <<Scusa quanti suicidi ti risultano?>> chiese la ragazza. <<Dodici in due anni, e di recente ci ha riprovato. Quindi tredici>> qualcosa non tornava nei loro calcoli. <<Sono quattordici: lei odiava i numeri dispari>>.

<<E' stupido se inizio a spaventarmi?>> chiese l'uomo. <<No, fa paura anche a me>> acconsentì la ragazza. <<Thomas potrebbe aiutarti ad entrare in casa: non ti faranno entrare se con te ci sono io>> sospirarono assieme. <<Non mi importa, se rivogliono la figlia a casa dovranno ascoltarmi>> era sicuro delle sue parole; avrebbe impedito qualsiasi mossa contraria.

<<Chiama Thomas, domani faremo visita a due vecchie conoscenze>> la ragazza si alzò prendendo la sua giacca. Uscì dal bar lasciando l'uomo da solo. Era pensieroso, più del solito.

Troppi accorgimenti stavano salendo a galla. Accorgimenti a cui non aveva mai fatto caso; aveva bisogno di persone buone di cui Eleonor si era circondata. C'erano più menzogne di quante se ne potessero immaginare; ed Endrick non aveva idea di che terreno si trattasse. Scavare nel passato non era facile, il terreno era arido.

Lasciò il denaro contato sul tavolino, ed uscì anche lui. Si diresse verso il manicomio, voleva osservare i comportamenti di Eleonor. Guardarla per ore se fosse stato necessario, per osservare qualche comportamento nuovo da parte sua.

Ma quando arrivò la trovò in piedi in un angolo della stanza, proprio dove l'aveva lasciata ieri. Un urlo squarciò l'atmosfera calma che per una volta si riusciva a respirare. La guardò ancora, stava urlando contro qualcosa all'interno della stanza; stava implorando quella cosa di lasciarla in pace. Stava piangendo disperata.

<<Dottor Richards!>>chiamò il dottore, che si trovava poco distante da lui. <<Mi dica>> ogni qual volta che parlavano, aveva sempre un'espressione scocciata in volto. <<Apra la porta di Eleonor>> ordinò con calma. <<Perché dovrei?>> chiese inarcando un sopracciglio. <<Sta urlando contro il niente ha bisogno d'aiuto>> indicò davanti a se.

<<Tutti i pazienti qui urlano, perché non hanno le rotelle al loro posto. Quindi non si agiti per una ragazzina che urla>> era spregevole, pronunciò quelle parole con un ghigno soddisfatto in volto. <<Apra quella porta immediatamente. Non starò ai suoi giochetti>> lo guardò furente, fino a quando non lo vide avvicinarsi.

<<Se l'aggredisce resterò a guardare>> infilò la chiave nella serratura, ed aprì la porta. Lo psicologo si avvicinò alla ragazza, che protese le mani in avanti. <<Mi uccida!>> gli urlò contro. <<Lo faccia, o lo faranno loro!>> urlò ancora una volta.

Sotto ai suoi occhi, le macchie violacee si stavano facendo sempre più scure. <<Eleonor chi c'è davanti a voi?>> chiese, ripensando alle parole della sua amica. <<Uccidetemi dottore>> non aveva alcuna intenzione di torcerle un capello, figuriamoci di ucciderla. <<Chi vi sta parlando?>> chiese alzando la voce. <<Remington no!>>.

Il dottor Marks venne violentemente spinto alla parete. La ragazza corse fuori dalla stanza, la cui porta era rimasta aperta. Davanti a lei vi era una figura che la invitava a seguirla; ed ella non aveva perso tempo. <<James aspettami!>> urlò.

<<Qualcuno la fermi!>> urlò il Dottor Richards vedendola correre via. Due infermieri iniziarono ad andarle dietro. A loro si era aggiunto lo psicologo, che era uscito dalla stanza.

Fermarono la ragazza, che vide la figura entrare nell'ascensore, per poi dissolversi nel niente. Si dimenava nel sentire le mani di quelle persone attorno alle sue braccia. Fu portata ancora una volta in quella stanza, e lo psicologo non poté chiedere niente: era giusto così.

Eleonor si avvicinò al vetro, e ci poggiò sopra la mano destra. In qualche modo sapeva che Endrick era lì davanti a lei. <<Mi porti a casa>> mormorò. <<Ho bisogno di lui>> disse ancora.

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