Capitolo 12

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Sabato 20 ottobre

Tre anni prima

Remington quel giorno era a lavoro assieme a James. Non sarebbe potuto uscire con Eleonor, e gli dispiaceva non poter usufruire della sua compagnia.

<<Mi passi la levigatrice?>> gli chiese James. Il suo amico gli passò l'oggetto. <<Mi spiace che tu debba fare il doppio turno, ma non sarei mai riuscito a finirle tutte da solo>> indicò le tre auto che stavano aggiustando. <<No figurati. Ti devo così tanti favori che questo è il minimo>> sorrise Remington passandosi un braccio scoperto, sulla fronte impregnata di sudore.

<<Ieri a pranzo è andato tutto bene?>> chiese inginocchiandosi. <<Tutto bene, mi ha portato in un ristorante messicano niente male>> sorrise, ricordando quanto fosse stata insistente nel scegliere lei il ristorante in cui mangiare.

<<Sai che ti vedo più allegro?>> James iniziò a levigare le portiere. Con il rumore che l'oggetto provocava, era impossibile continuare la conversazione; ciò permise a Remington di pensare. Doveva ammetterlo, era più raggiante del solito. La compagnia della ragazza lo faceva stare bene.

<<Cioè sì, ti ho rivisto così felice, ma mai per una ragazza>> alzò le spalle, era al settimo cielo nel vederlo così preso da una ragazza. <<E' una persona molto carina, lo ammetto>> acconsentì Remington. <<Il primo appuntamento è andato bene mi pare. Pranzate assieme quasi ogni giorno, perché non chiedergli un altro appuntamento?>> propose l'amico. <<Forse glielo chiederò. Non so se è pronta lei>>

<<Se vuoi una chiave da venti in testa basta dirlo>> lo minacciò James. <<Se non voleva uscire con te, adesso saresti a piangerti addosso>> James aveva ragione. Il suo amico lo guardò con un sopracciglio alzato. <<Deve comunque essere lei ad accettare, io sono solo quello che glielo chiede>> con l'ausilio della carta vetrata continuava a levigare lo sportello.

<<Se ti dicesse sì dove avresti intenzione di portarla?>> gli chiese James posando l'oggetto che stava usando. <<Non lo so, la prossima settimana papà andrà ad una cena con colleghi: mi ha chiesto di andare con lui>> James lo guardò stupito. <<Vuoi davvero portarla ad una cena con dei vecchi attorno ad un tavolo, che non fanno altro che discutere di affari? Fratello così è sicuro che ti pianta in asso>>.

James continuava ad avere ragione. Come poteva chiederle di andare ad una cena di affari, per il loro secondo appuntamento?. <<Papà dovrà conoscerla prima o poi>> mormorò. <<Sì, ma non così. E' brutto, non credo si troverà a suo agio fra tutti quei figli di papà>>.

<<Chi non si troverà a suo agio con i figli di papà?>> una voce femminile fece distrarre i due dal lavoro che stavano portando avanti. <<Ehi bellezza!>> esclamò James felice di vederla. <<Ciao anche a te>> gli sorrise. <<Tu come mai così taciturno?>> si rivolse al suo amico speciale. <<Ciao Els>> rimase per un po' ad osservare la figura della ragazza.

Il suo corpo era contornato da una felpa grigia, estremamente grande per lei, ed un jeans nero. I capelli erano raccolti in una treccia che le contornava la testa, qualche ciuffo rosso era troppo corto per essere inserito nell'intreccio. Dietro la schiena teneva ancora il suo zaino, segno che era uscita da poco dall'istituto.

<<Vi ho portato il pranzo, sapevo che oggi facevate il doppio turno, così ho pensato di farvi una piccola sorpresa>> alzò in alto la busta in cartone, con il logo della paninoteca a pochi passi dall'officina. <<Grazie mille. Sono onorato che tu ti sia fatta quindici minuti di camminata per noi>>.

<<Se prima non vi lavate le mani ve lo scordate il pranzo>> li rimproverò lei. James si affrettò a raggiungere il bagno per lavarsi le mani, ma Remington rimase con la ragazza. <<Com'è andata a scuola oggi?>> le chiese mostrando un sorriso. <<Stressante, ma tutto sommato direi bene. Tu con il lavoro?>> chiese a sua volta. <<Stiamo finendo, lunedì le verranno a prendere>>.

<<Mi piacerebbe abbracciarti, ma preferisco farlo quando a fine lavoro ti sarai cambiato>> gli sorrise lei. <<Sì direi che sarà il caso. Vado a lavarmi le mani>>.

Pranzarono tutti e tre assieme in un angolo dell'officina. Per educazione avevano fatto sedere la ragazza sopra ad un panchetto in legno, e i due amici sul pavimento. <<I panini sono ottimi>> si complimentò James. <<Sì, devo ammetterlo ho fatto bene a prenderli>> sorrise. <<Comunque tornando a prima, chi non andrebbe d'accordo con i figli di papà?>> ancora ricordava quel discorso che i ragazzi avevano intrapreso.

<<Nulla di importante, solo un stupido discorso>> le sorrise Remington. <<Suo padre ha una cena tra colleghi sabato prossimo. E ci saranno anche i figli>> iniziò James, ricevendo uno sguardo colmo d'odio da parte dell'amico. <<Non ci vedo niente di male, anche mio padre ne organizza sempre qualcuna>> alzò le spalle, non capendo dove fosse il problema.

<<Ha bisogno di qualcuno che vada con lui, ed io ho già un impegno che non potrò disdire>> lo odiava: aveva continuato a ripetergli che fosse sbagliato, che non sarebbe stata a suo agio, e adesso la stava invitando per lui.

<<Okay James hai tre secondi di vantaggio>>alzò il tono della voce. <<Scusa capo>> il ragazzo si allontanò, ma era orgoglioso di se stesso; ci aveva ripensato su mentre si lavava le mani, ed aveva capito che lei, con affianco Remington, non si sarebbe mai annoiata.

<<Non vuoi che venga con te?>> chiese lei. <<No, solo che prima mi ha fatto riflettere, che magari, una cena fra colleghi non è il miglior secondo appuntamento della storia>> guardò i suoi occhi castani, erano attenti ad ogni suo movimento. <<Meglio così, vuol dire che non saremo una coppia cliché>> non aveva dosato bene le parole. Aveva detto coppia, ma nessuno dei due sembrava averci fatto caso.

<<Non mi va di costringerti. Puoi dire di no, non per forza ho bisogno di qualcuno>> cercava di non obbligarla. <<Tranquillo, anzi mi fa piacere. Vorrei conoscere tuo padre, sembra ottimo>> sorrise, lasciando penetrare una scia di gioia nel corpo del ragazzo.

<<Resti qui?>> gli chiese lui alzandosi. Lei annuì <<sì, so come tenermi impegnata>> aprì il suo zaino, estraendo un enorme libro di letteratura. <<Io non mi ricordo neppure come si studia>> mormorò Remington tornando a lavoro.

Quel pomeriggio Eleonor lo passò a studiare in compagnia; ogni tanto conversava con i ragazzi unendosi alle loro discussioni. Aveva imparato come si cambiava un paraurti ed una ruota. <<Noi andiamo a cambiarci, tu intanto vai in auto>>.

Remington le fece ricevere un occhiolino, prima di dirigersi verso il bagno. Eleonor si incamminò fuori, depositando lo zaino sul cassone del mezzo. Lì vicino vi si trovava ancora la coperta di lana rossa. Un sorriso le spuntò in viso. I ragazzi non ci misero molto a cambiarsi gli indumenti. <<Io sono distrutto>> si lamentò James. <<A chi lo dici>>.

<<Eccoci principessa>> James aveva uno strano modo di approcciarsi con lei. Fin da subito le aveva dimostrato confidenza, come se si conoscessero da molto tempo. <<Ceni con noi o vuoi tornare a casa?>> gli chiede Remington accogliendola fra le sue braccia muscolose. <<Ho detto a mia madre che sarei andata in biblioteca, quindi devo tornare a casa>> era dispiaciuta, non avrebbe mai voluto declinare l'invito, ma non poteva fare altrimenti.

<<Va bene, tanto ci vediamo lunedì>> sorrise in modo alquanto furbo il ragazzo. Salirono nel retro, lasciando a James il compito di guidare. <<Come dovrò vestirmi per sabato?>> chiese la ragazza stringendosi la coperta sulle spalle. <<Elegante, ma niente di troppo esagerato>> annuì, vagando nel suo armadio con la memoria. Da quello che ricordava, teneva un vestito mai indossato. <<Va bene, ho già l'abito pronto. Adesso devo solo imparare cinque squadre di baseball>> iniziarono a ridere per la pessima battuta.

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