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Lydia's pov

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Lydia's pov.

Stavo camminando in una stradina buia e desolata da almeno tre quarti d'ora. Ero quasi arrivata al punto più alto di New York. Avevo ancora qualche lacrima che scendeva, nonostante non stessi più piangendo a dirotto. Erano lacrime silenziose, che scendevano lungo il mio viso, e si fermavano sulle mie labbra che ancora tremavano, un po'. Ero visibilmente scossa. Non riuscivo a capacitarmi di tutto quello che era appena successo. Daniel, io e Lucas. Sembravamo il triangolo delle Bermuda. Un piccolo accenno di sorriso mi si increspò tra le labbra quando feci quel pensiero così sciocco. Mi ci volle tutta la forza di questo mondo per non scoppiare in lacrime ancora una volta. Dovevo solo riuscire a salire in cima. Mancava poco per vedere il meraviglioso panorama mozzafiato di New York. E poi quello era il mio posto preferito da bambina. Mi ci portava sempre Mrs. Morrison. Mi si aggrovigliò lo stomaco e, il cuore mi pesò sul petto quando pensai a lei. Mi mancava così tanto. Non era giusto quello che le era successo. Qualche minuto dopo, mi trovai a fissare incantata New York. C'era ancora la mia tovaglia da picnic nascosta sotto il tronco di un albero. Era colorata di verde e rosso, e aveva moltissimi ghirigori argento. Era la classica tovaglia che si usava per Natale; certo, era un po' impiastricciata e completamente sporca di erbacce, ma poteva andare. Odiavo le feste! Si fingeva di essere felici in orfanotrofio, si fingeva che tutto andasse per il verso giusto. Si fingeva che non fossimo stati abbandonati dalla famiglia come se fossimo carne da macello, ed io questa cosa non la potevo sopportare. Insomma, perché fingere? Perché inscenare qualcosa che poi due giorni dopo sarebbe scomparso? Poi tutto sarebbe tornato alla normalità ed io odiavo quella normalità. Cercai di pulire la tovaglia come meglio potevo e la stesi lungo il prato verde che affacciava su tutta la bellissima New York. Mi sedetti con le gambe incrociate e mi lasciai andare, completamente, fino ad addormentarmi.

***

Ore: 03:37

Mi svegliai di soprassalto quando un dolore lancinante alla testa mi fece gridare. Intorno a me era tutto buio, tutto spento. Sembrava di essere in un film dell'orrore.
Ci risiamo, pensai.
Una risata piuttosto stridula ma allo stesso tempo cupa, mi fece gelare sul posto. Che diamine stava succedendo? Dov'ero? Un'ondata di panico mi travolse in pieno.
<< Non ti facevo così sciocca, ragazzina. >> disse una voce alle mie spalle. Al solo sentire quel soprannome mi vennero i brividi. Di solito lo usava Daniel, e la sua voce era sempre dolce quando lo diceva; mentre quella volta no. Quella volta era carica di odio e disprezzo.
<< Chi sei? Dove mi trovo? >> dissi, con la voce piuttosto bassa, quasi minacciosa.
<< Quante domande ragazzina >> disse, ridendo ancora una volta. Quella, forse, era la prima volta in cui non avevo paura di morire. Avevo un asso nella manica, ma lui non lo sapeva.
<< Io sono Daw e lui è Joe. >> disse indicando il ragazzo di fianco a lui. Joe mi sembrava un agnellino ferito in confronto a Daw.
Poi che razza di nomi avevano?
Daw? Joe?
Probabilmente erano nomi inventati per non far scoprire le loro vere identità.
<< Bei nomi. >> dissi camuffando una risata.
Vidi Daw trasalire per il mio intervento un po' sciocco dato che potevo tranquillamente rimanere uccisa, e poi avanzò verso di me. Strinse le sue luride dita intorno alla mia gola e mi alzò di qualche centimetro da terra. Provai a liberarmi, ma la sua presa era estremamente forte e tenace, così iniziai a scalciare. Lo colpì con forza lì dove non batte il sole. Mollò immediatamente la presa e lo vidi atterrare per terra sofferente Probabilmente sarebbe rimasto fuori gioco per un paio di minuti. Era il mio momento per scappare, ma davanti a me si parò Joe.
<< Lo so che non vuoi farmi del male, lo vedo dai tuoi occhi, quindi ti conviene lasciarmi andare prima che le cose si mettino male. >>
La mia voce era minacciosa, estremamente dura.
Joe sfilò una pistola dai pantaloni e me la puntò contro.
Sorrisi.
Non avrebbe sparato, ne ero certa. Si vedeva da come la impugnava e da come le sue mani tremavano. Aveva paura, lo lessi nel suo sguardo. Feci qualche passo in avanti e feci scontrare il mio petto contro la pistola. Vedendola da vicino potei supporre che fosse una Beretta 9x21. Alzai la mano e l'afferrai, togliendola dalle sue mani. La presi tra le mani e poi feci un sorriso rassicurante. Si fece da parte e mi lasciò scappare da quel posto.
Erano le quattro e venticinque di notte, ed io mi trovavo letteralmente in mezzo al nulla. Non avevo neppure il telefono, mi avevano tolto tutto. Stavo decisamente impazzendo.

***

05:11

Non sapevo quanto tempo fosse passato da quando ero riuscita a scappare, ma stavo camminando a vuoto, ne ero sicura. Camminavo e camminavo.
Ero praticamente in mezzo ai campi e la cosa mi inquietava parecchio.
Oh merda.
Rumore di passi, pesanti.
Una mano forte e vagamente familiare mi afferrò per il braccio e mi strattonò leggermente. Provai a gridare, ma un'altra mano finí sopra le mie labbra tappandomi la bocca. Ero di nuovo in trappola. Il mio cuore batteva veloce, pensavo che mi stesse per uscire dal petto.
<< Shh, sono io. >>
Non appena udì quelle parole, il mio corpo si rilassò all'istante, il mio cuore si calmò lievemente e alcune lacrime scesero silenziose. Mi affrettai a cacciarle via. Ero stufa di piangere, ne ero davvero stufa.
<< Come sei riuscito a trovarmi? >> chiesi.
Daniel mi fece un sorriso che mi fece battere il cuore e alcune farfalle impazzite presero a svolazzare nel mio stomaco.
Com'era possibile che un sorriso, potesse cambiare tutto?
<< Io ti troverò sempre Lilly. >>
<< Sempre. >>

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V.

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