32

550 14 7
                                    

Lydia.

4:09, due ore all'alba .

Ero ancora in ospedale, Julie e Thomas si erano addormentati sulle sedie della sala d'aspetto; io non riuscivo a dormire. I miei pensieri vagavano e non riuscivo a chiudere occhio. Avevo ancora moltissima adrenalina che mi scorreva nelle vene, le mie gambe tremavano. Avevo paura; avevo paura di perdere la mia costante in una vita di variabili, avevo paura di non poterlo riabbracciare, avevo paura di non poterlo mai più toccare, o sfiorare. Avevo paura di non ascoltare le sue pessime battute, e avevo paura di non poterlo baciare, di non poterlo vedere crescere, litigare con i passanti perché era burbero con gli altri, ma con me era dolce in un modo impossibile da spiegare a parole. Mancavano pochissime ore all'alba, ed io sentivo il mio cuore pompare forte nel petto, avevo la vista sfocata per via delle lacrime che scendevano e non si fermavano. Non passava nessuno da lì, c'eravamo solo noi, ad aspettare che qualcuno si facesse avanti, e qualche anziano che fissava ininterrottamente la porta della sala operatoria. Non me lo facevano vedere, non sapevo se stesse bene, oppure se stesse male. Questa cosa di non sapere nulla da oltre due ore mi stava infastidendo. Mi alzai da quella sedia maledettamente scomoda e mi avviai a passo deciso verso la porta della sala operatoria, pronta a sfondarla. Sentii delle urla provenire da quella porta e mi si gelò il sangue:
<< Lo stiamo perdendo, vi date una cazzo di svegliata?>> urlò un uomo.
Con un calcio potentissimo sfondai la porta e li per li pensai che se mi avesse vista Daniel, tra le sue sopracciglia si sarebbe formata una ruga d'espressione; proprio come quando sei orgoglioso di qualcuno ma non vuoi farlo notare. Poi però, quella sensazione, quell'immagine sfocata di Daniel che avevo davanti agli occhi, scomparve e ciò che vidi mi lasciò completamente pietrificata. Daniel era completamente intubato, sulla ferita vi era un divaricatore ed il suo cuore non batteva più. Avete presente quando fate degli incubi che sembrano davvero reali? Ecco, pensavo fossi dentro ad un incubo, pensavo che mi sarei svegliata, urlando ovviamente, ma che alla fine mi sarei svegliata e tutto era tornato normale.
Mi diedi un pizzicotto.
Sentii male, quindi questo voleva dire che era tutto vero e che non stavo facendo un incubo. Lì ebbi paura, ebbi davvero paura. Il suo cuore non batteva; quel fastidioso e costante bip che segnava il battito cardiaco non c'era. I medici mi guardavano e ordinarono di portarmi via con la forza. Opposi resistenza, e urlai. Non avevo mai urlato in quel modo; davanti ai miei occhi lo vedevo, con un sorriso felice e spensierato, con quelle fossette bellissime che tanto amavo, e continuavo a scalciare. Diedi un pugno ad un medico e quando provai ad avanzare mi bloccarono ancora una volta. Chiusi gli occhi, e iniziai a marciare verso di loro, spedendoli dall'altra parte della stanza. Mi avvicinai al chirurgo che mi fissava completamente impaurito, sia da me che dalla situazione e gli dissi:
<< Voglio solo vederlo. >> sussurrai.
Annuì, si fece da parte ed io iniziai a piangere, a singhiozzare.
<< Ti prego Daniel, ti prego.>> sussurrai,
<< Non mi puoi lasciare sola capisci? Io ti amo, va bene? Non mi puoi fare questo, lo capisci? Ho perso tutto, non ho una famiglia, non ho nessuno. Tu sei la mia unica famiglia, la famiglia che mi sono scelta è che sceglierò sempre, al di là di tutto. Ti prometto che sarà più semplice d'ora in poi, ma ti prego, ti prego non andare via anche tu. >> dissi, mentre il mio corpo tremava, avevo degli spasmi, le lacrime stavano inzuppando il mio maglione, e si fusero con il suo sangue depositato tra i vari ricami.
<< Mi dispiace signorina, il suo cuore non batte più da dieci minuti.>> mi disse il medico. Lo guardai e scossi la testa. Era impossibile, non era vero. Stavo sognando, mi sarei svegliata da quell'incubo senza fine. Come potevo aver perso l'unica persona che avrei amato per sempre? Non era una cosa possibile, non era reale. Sapete cosa mi aveva detto una volta Mrs. Morrison?

Non è vero che il dolore passa, il dolore si trasforma e ti trasforma. Ti marchia a fuoco e mai più niente sarà come prima.

Era vero, io avevo paura del dolore, avevo paura di soffrire e di stare male. Avevo paura di provare qualcosa di reale perché sapevo che prima o poi sarebbe sparito, come spariscono tutti. Tutti se ne vanno, tutti muoiono, tutti mi abbandonano. La mia famiglia mi aveva lasciata, Mrs. Morrison mi aveva lasciata, e adesso anche Daniel. Non era una cosa che potevo sopportare. Il dolore che provavo in quel momento superava tutto, mi stava spezzando in due, ancor di più di quando non lo fossi già prima. Mi stava lentamente consumando, mi stavo afflosciando come quando ad un fiore viene tolto il gambo. Mi stavo riducendo in polvere, e per un istante pensai di volerla fare finita. Non volevo più vivere, non volevo più andare avanti. Stavo smettendo di combattere perché non avevo più la forza di combattere, di alzare i guantoni e continuare a colpire il sacco. Poi però, tre parole pronunciate da uno sconosciuto, mi fecero tornare alla realtà, e pensai che forse, dopotutto, mi meritavo di vivere, di essere felice. Mi meritavo anche io qualcosa di buono, dopo una vita in cui mi avevano tolto ogni cosa.
<< Ora del decesso...>> stava per dire, fin quando non sentii lievemente dei bip..
Spalancai gli occhi ormai ricolmi di lacrime, era vivo. Daniel era vivo. Forse la vita, Dio, Buddha, Gesù, insomma, qualcuno che sta nei piani alti, aveva sentito i miei pensieri, le
mie urla, il mio dolore, le mie preghiere e mi aveva accontentata.
<< È letteralmente impossibile. Il suo cuore è ripartito da solo. >> disse il medico che era di fianco a me. Guardai il chirurgo e dissi:
<< Lo sapevo. Lui non mi avrebbe mai lasciata.>> sussurrando. Tutti erano sconcertati, io ero un po' più tranquilla, e quando uscii dalla sala operatoria, fissai Julie e Thomas. Mi guardavano con le lacrime agli occhi, e in quell'istante, mi lasciai un po' andare. Mi sedetti vicino a loro e scoppiai in un pianto silenzioso. Julie mi circondò le spalle con le sue braccia, mentre Thomas si sedette dietro di me, e lentamente mi accarezzava la mano. Era il mio migliore amico, e Julie era letteralmente mia sorella. Li, su quelle sedie scomode della sala d'attesa di cardiochirurgia, mi lasciai andare. Deposi le armi e mi ritrovai a singhiozzare, con la consapevolezza che ne saremmo usciti. Saremmo usciti da quella situazione, sarebbe andato tutto bene, perché non era quello che il destino aveva in mente per noi.

•••

Angolo autrice:
ho aggiornato, spero ne siate felici. Tra mille cose che ho da fare non trovo mai il momento per scrivere, quindi scusatemi per l'attesa.🦋

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 13, 2023 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

DarknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora