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Lydia's pov

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Lydia's pov.
Una settimana dopo..

Era passata esattamente una settimana dall'ultima volta in cui avevo impugnato una pistola. Ciò significava che per il momento nessuno sarebbe venuto ad uccidermi, almeno credevo. Stavo cercando di capire cosa diamine volesse dire quella frase, ma per il momento non avevo ancora trovato nessuna risposta. Non avevo più visto Daniel, se non a lavoro. Il problema era che non facevamo altro che evitarci, credevo che mi stesse dando del tempo per metabolizzare la cosa, e per questo lo ringraziai infinitamente. Una parte del mio cuore c'è l'aveva ancora con lui per non avermi detto niente, la restante parte era certa che avesse voluto dirmelo, prima o poi. Bevvi un sorso di caffè e quasi mi affogai non appena lo vidi apparire a meno di qualche metro da me, in tutto il suo splendore. Indossava una camicia bianca che non faceva altro che risaltare i suoi tatuaggi e dei jeans scuri con delle scarpe nere lucide. Mi soffermai a fissarlo, ed una serie di ricordi mi strinsero il cuore e lo tennero stretto. Nella mia mente si palesò un Daniel con i jeans, e la giacca nera di pelle. I suoi capelli scompigliati ed il suo sorriso mozzafiato.

Diamine Lydia, riprenditi.
Probabilmente condividevamo lo stesso sangue, ed io non potevo permettermi do provare quel genere di emozioni per lui.

Era da malati.

Era intento a parlare con qualcuno ed io, una volta finito il bicchierino di caffè, avanzai lentamente fino a vedere la persona che era presente al suo fianco. Era una ragazza. Un senso di nausea mi pervase ed una sensazione apparentemente simile alla gelosia mi attorcigliò lo stomaco, facendomi indietreggiare. Urtai con la spalla la macchinetta del caffè ed il rumore lo fece girare verso di me.

Dio, avevo proprio la sfiga attaccata al culo.

Una smorfia sofferente comparve nel suo volto, che però, venne sostituita da un sorriso forzato. Rimasi lì, immobile a fissarlo come una stupida ragazzina. Il suo sguardo percorse ogni curva del mio corpo fino a risalire. Incastrò i suoi occhi nei miei e dopo avermi fissata, puntò lo sguardo su quella ragazza. Distolsi lo sguardo ferita dai miei stessi sentimenti e gli voltai le spalle non appena li sentii ridere.
Cos'avevano da ridere?
Non seppi neanche perché mi interessasse così tanto, arrivati a questo punto. Lui si stava facendo una nuova vita, dovevo fare lo stesso anch'io. Sai bene che non è così.
Sta zitta!
Bene, dopo questo stupido dialogo con la mia coscienza, visualizzai Lucas tra le persone. Con il cuore che batteva più del normale, mi avvicinai a lui, e non appena mi vide liquidò i suoi colleghi per avvicinarsi a me. Lucas era davvero un ragazzo d'oro.

<< Ciao Lucas. >> mormorai, forzando un sorriso.
<< Ciao Lydia. >> rispose con tono monocorde. Sembrava quasi un robot. Con dei movimenti meccanici sorrise leggermente.
C'era dell'imbarazzo nell'aria, lo percepivo.
<< Senti, io volevo... >> provai a dire, ma lui mi fermò subito dopo.
<< Non ti devi preoccupare né scusarti. Hai fatto la tua scelta e va bene così. Devi essere felice, e se lo sei lo sono anch'io. >> affermò, sorridendomi. Mi si appannarono gli occhi quando vidi che anche i suoi occhi diventavano lucidi.
<< Io non voglio perderti. >> riuscii a dire tra un singhiozzo e l'altro. Scosse la testa e contro ogni aspettativa mi strinse in un abbraccio. Ricambiai subito dopo, e dopo qualche secondo ci staccammo.
<< Non mi perderai mai. E sai perché? >> domandò sorridendo appena. Scossi la testa e feci un piccolo sorriso.
<< Perché ti voglio bene.>> ammise, dandomi un buffetto sulla guancia.
<< Anch'io Lukino. >> mormorai, per poi tirare su con il naso.
Era la verità.
Non avevo mai amato Lucas, ma gli avevo voluto bene come un fratello. Non mi aveva mai fatto mancare niente e perderlo sarebbe stato devastante. Chiacchierammo per altri dieci minuti e dopo mi avviai in ufficio pronta ad una nuova pila di email da compilare e spedire al mio capo. Mi sedetti sulla poltrona ed accesi il computer. Quando stetti per iniziare a compilare le email, la porta del mio ufficio venne letteralmente spalancata. Alzai lo sguardo e davanti a me trovai Daniel, su tutte le furie. I suoi occhi neri erano, se possibile, ancora più scuri, ed emanavano delle sensazioni che mi chiuderò il cuore in una stretta che mi opprimeva. Le mie mani istintivamente si strinsero in due pugni ; credetti fosse una sorta di sfogo.
<< Cosa vuoi, Daniel? >> pronunciai il suo nome lentamente, e lo feci solo perché sapevo quanto questo lo facesse incazzare. Mi riservò un'occhiata gelida ed un sorriso carico di rabbia.
<< Cosa stai facendo, Lydia? >> domandò, emettendo quasi un ringhio. Inarcai un sopracciglio e rilasciai i pugni, incrociando le braccia al petto.
<< A cosa ti riferisci? >> lo sollecitai, facendo un ghigno. Ero consapevole che non mi sarei dovuta comportare così, ma era una reazione a catena.
<< Cosa c'è tra te e quel tipo? >> pretese di sapere, per poi sedersi sulla poltrona di fronte alla mia. Un altro piccolo ghingno apparve sulle mie labbra.
Era geloso.
Daniel Parker, l'uomo più arrogante di questo mondo, era fottutamente geloso.
In quel preciso istante decisi di pianificare una sorta di vendetta per non avermi detto prima del nostro legame di parentela. Sapevo che non era minamente un comportamento maturo, ma arrivati a questo punto, non mi importava più.
<< A quale tipo ti riferisci? >> domandai, facendogli sgranare gli occhi. Una scintilla piena di gelosia e altri sentimenti, apparve nei suoi occhi.
Quasi ne fui felice.
<< Devo controllarne più di uno? >> chiese, stringendo i pugni. La sua mascella si tese così come le spalle.
<< Perché dovresti controllare gli uomini che mi stanno intorno? >> pronunciai, sorridendo leggermente. Mi costrinsi ad eliminare immediatamente quello stupido sorriso ed alzai gli occhi al cielo quando riprese a blaterare cose senza alcun senso.

<< Perché ti amo. >> disse di getto. Il mio stupido cuore batteva all'impazzata, e le mani presero a sudare. Non me lo aspettavo, eppure una parte del mio stupido cuore lo voleva sentire ardentemente. Voleva sentire quelle due parole, che non facevano altro che ripetersi nella mia testa. Scossi la testa e cercai di ignorare le sue parole, che ormai erano impresse dentro di me.
<< Dovresti usare meglio queste parole. Magari potresti riservarle a quella ragazza che tu stava attaccata come una sanguisuga, che ne pensi?>> quelle parole uscirono incontrollate dalle mie labbra. Nell'istante in cui le pronunciai, tra le sue labbra apparve un sorriso, uno vero, capii che avevo appena fatto il suo gioco. Ci ero cascata come una mela marcia.
<< Sei gelosa, Lydia? >>
Alzai le spalle e feci un sorriso tirato, simile ad una smorfia.
<< Io? Pff, neanche se fosse la ragazza più bella dell'intero pianeta. >> mentii , forzando un sorriso neutro. Ero gelosa, eccome se lo ero, eppure non volevo ammetterlo a me stessa, perché questo significava che avevo qualcosa da perdere, ed io ero decisamente stanca di avere paura. Il suo sorriso si espanse, ed ebbi un tuffo al cuore.
<< Tu sei gelosa! Chi lo avrebbe mai detto, eh, Lydia?! >> esclamò, aprendo le braccia con fare teatrale. Nel mio volto apparve una smorfia e distolsi lo sguardo dal suo.
Ad un tratto però il mio cellulare squillò.

Lucas.

Avevamo deciso che a fine turno saremmo andati a bere una birra al bar qui di fianco.
<< Ehilà, Lucas. >> risposi sorridente, mentre il sorriso di Daniel si reprimeva velocemente.
<< Hai finito di lavorare, oppure vuoi rimandare la nostra uscita? >> domandò Lucas.
<< No, al momento c'è un cliente piuttosto antipatico. >> sussurrai, facendolo irrigidire. La risata di Lucas mi alleggerì il cuore.
Uno stupido sorriso apparve nel mio volto.
<< Sto arrivando Lucas. Ci vediamo tra cinque minuti, okay? >> domandai, sorridendo a trentadue denti.
<< Certo, a dopo! >> rispose, e subito dopo attaccò. Non feci in tempo a voltarmi che trovai Daniel ad un millimetro dal mio volto. I suoi occhi erano letteralmente fuori dalle orbite.
<< Non andarci. >> mormorò, sfiorandomi il volto. Istintivamente socchiusi gli occhi e mi beai del suo profumo. Subito dopo i ricordi tornarono a galla e come se una molla fosse scattata in me, mi allontanai, interrompendo ogni contatto.
<< Non puoi chiedermelo. Tu non puoi farlo. Non puoi venire qui e chiedermi questo come se avessi il diritto di farlo! >> sbottai, mentre una rabbia cieca iniziò a scorrermi nelle vene.
<< Non ne hai il diritto Daniel!>> dissi.
<< In ogni caso io ci andrò. >> mormorai, voltandogli le spalle. << Anche se a te non dovrebbe interessare affatto, dato che sei mio cugino! >> sibilai duramente. Afferrai dall'attaccapanni il giubbino e lo infilai velocemente. Gli rivolsi un ultimo sguardo, per poi superarlo. Aprii la porta ed uscii, senza rivolgergli la parola. Percorsi il piccolo corridoio e prima di svoltare l'angolo, come mia consuetudine, lanciai un'occhiata al mio ufficio. Il rumore di una sedia che cadeva mi fece sobbalzare leggermente.

Infondo me l'ero cercata.

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