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Daniel Parker

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Daniel Parker.

Io la ragazza che amavo eravamo cugini. Eravamo sangue dello stesso sangue dato che ero il figlio del fratello di suo padre. Questo non faceva altro che aumentare la paura fottuta che avevo di perderla. Io l'avevo visto il suo sguardo quando l'avevo saputo. Era pieno di odio e disgusto.
<< Cosa diamine vuol dire? >> domandai, riferendomi a quella frase.
''Cura ut valeas, et matrem tuam.''
Tentai, per il momento, di cacciare via quelle stupide paranoie e mi inginocchiai sul corpo di quel bastardo. Le spalle di Lydia erano rigide e con movimenti meccanici alzò le spalle per poi rivolgermi un'occhiata gelida. Tutto il suo trascorso, la perdita di Mrs. Morrison, il suo passato, ed ora anche questo, l'avevano devastata. Lo vedevo dai suoi occhi, non erano più splendidamente puri ed innocenti; bensì macchiati di sangue e di una stupida corazza che contornava le pareti del suo cuore.
<< Abbi cura di te, e di tua madre. >> mormorò sottovoce, mentre la sua fronte si aggrottò pensierosa. Volevo dirle di smetterla di pensare, che ormai era finita, ma sapevo per certo che non era proprio così. Finché noi saremmo stati insieme, e finché non fossimo andati avanti, loro ci sarebbero stati alla calcagna e non ci avrebbero permesso di vivere senza avere costantemente paura.

<< Ma mia madre è morta, lo ha detto mio padre prima che tu lo uccidessi. >> mi fulminò con lo sguardo ed incrociò le braccia al petto. Il silenzio regnò per qualche minuto, si sentivano solo i nostri cuori battere allo stesso ritmo. Anni orsono, si diceva che il battito cardiaco battesse allo stesso ritmo della persona amata. In qualche modo, credevo fosse vero.
<< Oddio >> esclamò, d'un tratto. I suoi muscoli si tesero e le sue mani si strinsero in due pugni.
<< Devo trovare Julie e Thomas. >> disse, guardando verso l'uscita. Annuisco e silenziosamente le faccio un cenno. Camminavamo verso l'uscita e lei silenziosamente mi seguì. C'era imbarazzo, lo percepii dal modo in cui mi stava distante, chilometri; come se fossi malato di una qualche malattia contagiosa. Aprii la portiera dell'auto ed entrai, per poi mettere in moto una volta aver sentito lo sportello del passeggero chiudersi.
Le lanciai una piccola occhiata e involontariamente mi fermai a guardarla incantato da tale bellezza. La sua pelle era straordinariamente liscia ed illesa, era morbida e sembrava...vellutata. I suoi capelli rossi e ricci, incoronavano il suo volto, ed erano legati in una coda alta. Nonostante avesse combattuto, non aveva neppure un capello fuoriposto.
<< Possiamo controllare nel suo appartamento. >> disse, smorzando leggermente la tensione che i nostri corpi emanavano.
<< No, Thomas non farebbe andare Julie proprio lì. >> affermai, per poi scuotere la testa.
<< Potremmo andare al mio appartamento, sicuramente Thomas le avrà detto di andare lì. >> continuai, mentre stringevo con forza il volante per fare inversione.
Annuì, e subito dopo si voltò verso il finestrino interrompendo il nostro contatto. Esattamente dieci minuti dopo, eravamo all'interno del mio appartamento.
Notai subito la mia moto parcheggiata ed a fianco vi era l'auto di Lydia. Non fecimo in tempo a suonare che la porta si spalancò. Davanti a me trovai Julie, con le mani macchiate di sangue; parecchio sangue..
Si fiondò su Lydia che le diede un piccolo e tenero abbraccio. Si staccò subito dopo e si schiarì la voce, mentre le sue guance si accesero di un rosa pallido.
Era maledettamente bella.
<< Come sta Thomas? >> domandai, interrompendo il loro momento. Julie puntò lo sguardo sul mio e dopo avermi fissato con circospezione ci fece entrare. Attraversammo il corridoio e subito dopo svoltammo a destra. Il salone ci accolse, e notammo immediatamente Thomas. Era disteso sul divano. Non sembrava sofferente, anzi. Quel pensiero mi fece fare un grosso sospiro di sollievo.
<< Ho disinfettato la ferita. Fortunatamente il proiettile ha solo sfiorato la gamba, si rimetterà presto. >> annunciò Julie, mentre io e Lydia annuimmo silenziosamente. Nella casa regnava il silenzio, poi però, ad un tratto, tutta la tranquillità venne spazzata via da un mio gemito di dolore.
Mi accasciai sul pavimento e posizionai la mano sul fianco destro. La felpa che indossavo, grondava di sangue.
Diamine, mi ero completamente dimenticato di essere ferito. Lydia si voltò verso di me ed alla velocità della luce si inginocchiò, con gli occhi sgranati. Alzò piano la mia maglia, e quando sfiorò una porzione di pelle, una scarica elettrica percorse i nostri corpi.
<< Cos'è successo? >> domandò, mentre impartiva ordini a Julie, che ritornò con alcool e del filo. Avevo la bocca serrata, non riuscivo a trovare le parole per parlare. Averla così vicina, mi mandava in tilt il cervello e dimenticavo persino di essere ferito. Quando lei era con me, tutto sembrava ovattato. Schioccò le dita davanti al mio viso e subito dopo ritornai con i piedi per terra.

<< Non mi hai davvero scioccato le dita davanti al viso, vero? >> domandai cercando di avere un tono minaccioso. Un piccolo sorriso spuntò tra le sue labbra, ma non appena se ne accorse si affrettò ad eliminarlo. Con le mani che le tremavano leggermente, inserì il filo nell'ago sterile. Presi un respiro profondo quando puntò nuovamente i suoi occhi nei miei. Sapevo cosa stava per fare, così annuii.
<< Smettete di parlare con lo sguardo e ditemi cosa posso fare! >> sbottò Julie, facendo sobbalzare Lydia.
<< Lo devi tenere fermo. Devo ricucirlo io, non abbiamo tempo per portarlo in ospedale. >> asserì Lydia, mentre Julie sgranò gli occhi e lentamente annuì. Presi un respiro profondo e subito dopo me ne pentii immediatamente. Un dolore lancinante mi perforò il fianco. Incontrollato, emisi un gemito di dolore quando infilzò la mia pelle per ricucire la ferita.
<< Mi dispiace. >> mormorò, mentre continua a suturare il mio fianco. Le feci un sorriso forzato e provai a parlare per tranquillizzarla.
<< Non parlare, okay? Andrà bene, ma devi restare con me ancora un po'.>> sussurrò.
<< Non ti preoccupare, continua. >> mormorai, stringendo la mano in un pugno. Le nocche mi si sbiancarono ed i miei occhi si chiusero, per poi riaprirsi lentamente.
Emise un sospiro di sollievo. Cinque minuti dopo aveva finito.
<< Hai fatto un bel lavoro, ragazzina. >>
Quelle parole uscirono incontrollate dalle mie labbra e sembrarono colpirla con forza.

Subito dopo i miei occhi si chiusero, e mi lasciai trasportare dall'oscurità, pur sapendo che una volta sveglio, la mia vita sarebbe stata diversa. Nonostante ciò, promisi a me stesso che non avrei mai dimenticato i sentimenti che avevo provato per lei. Sarebbero rimasti incisi nel mio cuore proprio come quella stupida cicatrice.
Per tutta quanta l'eternità.

 Per tutta quanta l'eternità

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