RACCONTALE DI TE

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JASON
Mi chiede come mai non vivo più con i miei e in un attimo mi crolla addosso tutto il mio passato, mi ricordo di quanto io non sia stato d'aiuto per mio padre e dell'impotenza di aiutare mia madre nella sua malattia. Ho solo bisogno di accendermi una canna e di svuotarmi la testa. È stato un errore venire qui, sarei dovuto rimanere in camera e avrei dovuto evitare tutto questo. Non sono in grado di aiutare nessuno, nemmeno lei. Non ho bisogno di addossare altre persone sul mio senso di colpa. Devo andarmene. Poso una banconota sul tavolo e la guardo a malapena dicendole di andarcene. Ci mettiamo in macchina, la radio sta passando Becouse of you di Kally Clarkson, se non fosse per la canzone quest'auto sarebbe persa nel silenzio, lei non dice una parola e neanch'io lo faccio, è uno di quei momenti in cui ti chiedi esattamente: cosa ci faccio qui? Vorrei tanto riuscire a dire qualcosa, ma ho il fottuto terrore di dire troppo o di sbagliare in qualcosa come faccio da sempre. Dopo aver imboccato la statale, mi faccio dare le indicazioni per arrivare a casa sua e una volta arrivati sotto casa scende ringraziandomi e chiude la portiera, gli faccio un cenno con la mano continuando ad essere muto come un pesce, inserisco la prima e sfreccio verso casa, ho come la sensazione che questa sarà l'ultima volta che la vedo e se da una parte mi spiace da morire dall'altra non faccio altro che sperare che sia realmente così.

DOHA
Apro gli occhi e un mal di testa prepotente mi trivella le tempie, ho sicuramente bevuto troppa Tennent' s ieri sera e questo non mi aiuta affatto, rigrazio il cielo per avere il turno di sera oggi al Sun, recupero un aspirina dal comodino pregando che dia in fretta il suo effetto. Resto a letto per non so nemmeno quanto tempo, poi controvoglia decido di alzarmi.
Mi infilo sotto la doccia, contrariamente alle altre volte mi da un senso di tranquillità. Ieri è stata una serata strana, come ogni volta stava andando tutto a rotoli, se non fosse per Jason che si è preso la briga di darmi una mano calmandomi e facendomi sfogare, se solo non gli avessi fatto quella domanda sui genitori magari in qualche modo sarei riuscita a farmi raccontare qualcosa di più sul suo conto, suppongo non abbia un buon rapporto con loro, ho visto il repentino cambio di umore non appena ho provato a parlarne.
Non mi ha rivolto la parola per tutto il tragitto verso casa e io non ho aperto bocca per evitare magari di sbagliare dicendo qualcosa per cui se la sarebbe presa.
Chiudo la doccia e mi vesto, oggi opto per un vestitino fino al ginocchio color senape, un paio di stivaletti dorati e ci abbino su un giubbotto dello stesso colore.
Il mio frigo è completamente vuoto e inizio a chiedermi da quanto tempo non faccia un pranzo decente.

JASON
Ieri sera appena tornato mi sono chiuso in camera. Stanotte ho dormito poco e nulla, ho pensato e ripensato a Doha, mi sento uno schifo per l'atteggiamento che ho avuto ieri, ma resto della convinzione che devo stargli lontano. Ha già sofferto molto e credo che l'ultima cosa buona per lei sia avere un tipo come me intorno. Non mi farebbe bene vederla una seconda volta, non mi serve una relazione ora come ora e so per certo da quello che sento quando la guardo che non potrei mai fermarmi solo ad essergli amico.
Mi infilo una maglietta e scendo in salotto, l'appartamento è sottosopra, ci sono bottiglie e bicchieri sparsi per il pavimento, Olliver è collassato lì sul divano con una bionda di fianco, Dio solo sa quanto ha bevuto e fumato ieri. Vado in officina, sperando che il mio turno finisca in fretta e possa tornare a casa a fumarmi uno spinello, l'unica cosa che allevia il mio senso di ansia dal petto.

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