IX

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Gayaniya Preobrazhensky, Istoricheskaya Akademiya, Mosca-Russia.

La mafia. La mia famiglia faceva parte della mafia e secondo il ragazzo di fronte a me era colpa della mia matrigna: la donna che aveva rubato il posto a mia madre in tutti i sensi. Lo fissai stralunata e quasi incapace di proferire parola.

Non vi era bisogno di altro, a dir la verità. Non si poteva dire nulla perché era già tutto deciso.
Eppure, non volevo far parte di quella società, non volevo nel modo più assoluto essere collegata a dei criminali.

Mi studiai le dita e le contai con scrupolosa attenzione; Ivan era appena uscito dalla stanza ed era andato a riferire qualcosa ad Anatol, Sacha e Ruslan, mentre mi aveva momentaneamente lasciata da sola all'interno di essa e non era stata per niente una bella idea.

Già, mi trovavo nella sua stanza per la seconda volta in meno di una settimana ed in quel momento lo schermo del suo cellulare si illuminò, due volte, sul comodino a lato del letto e tentai con tutta me stessa di non sbirciare, ma era una tentazione davvero troppo forte. Allungai il collo di qualche centimetro, solo un pochino, un altro po', ancora pochissimo per leggere i due messaggi.

Spero stia bene, suo padre non sarà più un problema, ma ho bisogno di parlarti.

Quel messaggio era arrivato da un certo Andrej, ma dei due che avevo conosciuto non riuscii a dire chi fosse e poi lessi quello sotto:

Fai tremare l'Accademia, fratello.

Mi sollevai di scatto come se fossi stata punta da un numero infinito di spilli e mi scapicollai verso la porta. Avevo bisogno di tornare al sicuro nelle quattro pareti della mia stanza, ma quando spalancai il grosso tassello in legno andai a sbattere contro un Anatol decisamente assonnato.

"Ehi, bellezza, torna dentro o Ivan mi farà saltare le palle." Sbadigliò così forte, che pregai nessuno fosse attirato da quel rumore. "Su, fragolina, entra dentro."

Mi spinse all'indietro e lo fissai derisoria. "Fragolina?"

"Fragolina." Un po' più sveglio si stropicciò il viso e mi fissò con un sopracciglio inarcato. "Faccio colpo quando le chiamo fragoline."

Roterai gli occhi al cielo. "È disgustoso, lo sai?" Mi accomodai di peso sul materasso e lo guardai con stizza. "Vorrei tornare nella mia camera."

"Non puoi." Poi scrollò le spalle, continuando con il suo discorso. "Per loro non è disgustoso, per non parlarti di come si sciolgono quando gli chiedo se posso abbeverar-

"Santo Dio, Anatol!" Scandalizzata ricambiai il suo sguardo con gli occhi fuori dalle orbite. "Per l'amor del cielo." Mi sistemai meglio l'abitino e provai di nuovo a dirigermi verso l'uscita. "È disgustoso."

"E non hai ancora sentito nulla." Si posizionò proprio di fronte all'unica via d'uscita e non potei far altro, se non tornare di nuovo sul letto con la coda tra le gambe. "Ti apro in due come un imputato durante un processo. L'udienza è tolta, ora apra la bocca. Per i poteri conferitomi da me stesso, adesso può anche spogliarsi."

"Anatol, sono seria, hai davvero qualche problema." Mi accasciai contro la parete e feci dondolare la gamba sul ciglio del letto. "Anzi, credo abbiano più problemi le ragazze che si fiondano nel tuo letto."

"Punti di vista, fragolina."

"Ne sono sicura, Toly cetriolino." Sorrisi alla sua espressione allibita. "Che c'è? Credevi che una ballerina non sapesse rispondere a tono?"

Mi ci volle tutto il mio autocontrollo per non scoppiare a ridergli in faccia quando cercò di articolare un pensiero, ma senza successo.

"No, ma adesso sono costretto a dimostrarti due cose."

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora