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Gli ultimi capitoli della parte 1, NON USCITE DI TESTA PER COSÌ POCO🤣, saranno estremamente pesanti, quindi, se siete molto sensibili, vi chiedo cortesemente di non leggere.

***

Ivan Matvej Ivanov, Istoricheskaya Akademiya, Mosca-Russia.

Respirai affannosamente contro la gabbia di
metallo e lanciai un'occhiata all'entrata del locale, al tavolo in cui era seduto Anatol insieme ai due gemelli: tutto tranquillo, mio zio sembrava essersi volatilizzato nel nulla.

Ritornai con l'attenzione a scrutare il mio avversario, sudato e con un occhio pesto.

Quella sera se la stava cavando meglio di me, che invece perdevo sangue dal labbro e avevo ricevuto due ginocchiate alle costole, ma furono le acclamazioni della folla in quel locale putrido e fatiscente a farmi perdere completamente il controllo e mettere ko il mio avversario dopo un'altra sudata mezz'ora.

Non appena l'arbitro mi proclamò vincitore, saltai giù dal ring e lasciai ai miei compagni il compito di racimolare il denaro vinto con le scommesse: ormai ero diventato il 'the underworld King' e non erano più in molti a puntare contro di me. Mi diressi ai bagni e mi sciacquai la faccia con foga, per poter analizzare i danni al mio povero naso.

"Complimenti."

La voce di mio zio mi fece rizzare i peli sulla nuca, ma rimasi concentrato sul mio compito e sulla scia di sangue che scorreva sopra al marmo bianco del lavello.

"Grazie, zio." Mi sollevai e lo fissai oltre lo specchio. "Le quote le hanno i miei amici, se è per questo che sei qui."

Senza dire nulla mi passò un asciugamano con il quale mi detersi sangue, sudore e acqua, ma rizzai le antenne: mio zio non era mai stato molto gentile con me ed ero più che certo che ci dovesse essere un qualche motivo dietro quel suo gesto.

"Io e te dobbiamo parlare."

Ingoiai cubetti di ghiaccio ma rimasi impassibile.

"Di cosa esattamente?"

Mi adagiai con nonchalance sul lavello ed incrociai le braccia davanti al petto nudo e colmo di tatuaggi, come quesi ogni ragazzo appartenente alla mafia.

"Eh, nipotino caro." Mi picchiettò l'indice sul pettorale destro, proprio dove l'ago aveva inciso il motto della Drakta, proprio dove io avevo cercato di strapparmi la carne. "Vedo che non hai preso bene questo tatuaggio."

Sorrisi forzatamente e gelido.

"In realtà mi ha dato qualche problema l'inchiostro, ma, come vedi, il tutto si è risolto con un paio di cicatrici." Era l'unico modo che avevo avuto per deturpare quello schifo di marchio senza strapparmi totalmente la carne. "Di cosa volevi parlarmi?"

Mi avvicinai al mio armadietto e indossai una maglietta attillata a maniche lunghe.

"Kalisa."

Rizzai la schiena e mi sfuggì un gemito di dolore a causa delle botte. "Kalisa?"

"La conosci?"

Sapeva benissimo in che rapporti fossi stato con Kalisa fino ad un mese e mezzo prima, la sua finta ignoranza sull'argomento mi diede il voltastomaco.

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora