XVIII

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Gayaniya Preobrazhensky, Istoricheskaya Akademiya, Mosca-Russia.

"Pronto?" La voce maschile mi rispose quasi subito; ero riuscita a contare circa due squilli, forse uno, prima di ricevere una risposta. "Pronto?"

Il tono si fece più rigido e duro.

"No, mi scusi, ho-ho sbagliato, io-

Ero già decisa a mettere giù, quando l'uomo riuscì a riconoscere la mia voce.

"Gayaniya Preobrazhensky?"

A questi Ivanov non sfugge mai nulla pensai colta da un'ansia improvvisa.

"Sì"—sospirai e caddi sul materasso—"sono io, signor Ivanov." Deglutii un boccone amaro quando lo sentii ridacchiare. "Ho bisogno di parlare con lei."

"Chiamami Andrej, Gayaniya e dammi del fottuto tu." Ridacchiò ancora per qualche secondo, ma poi divenne serio ed iniziai ad innervosirmi. "Come fai ad avere il mio numero, te l'ha dato Ivan?"

"No," ammisi. "In realtà gliel'ho rubato, cioè, era nella mia stanza ed io, okay, lo so che non si fa, ma avevo bisogno di parlare con te, o uno dei tuoi fratelli, per una questione delicata e -

"Calmati, Gayaniya."

Quella voce abituata a dare ordini mi fece rilassare all'istante e indurre a rispondere.

"Okay," presi un grosso respiro. "Non sa nulla."

"D'accordo, avevi bisogno di me?"

E in verità mi sorprese che non chiese nessuna spiegazione.

"In realtà, è una questione un po' delicata, preferirei parlarne a voce." Incrociai le dita della mano destra e mi morsicai il labbro inferiore, ma all'altro capo del telefono per un po' mi rispose solo un profondo silenzio. "Mi piacerebbe fare la mia proposta di persona."

"Ma devo avvertirti, Gayaniya, una volta che ti leghi a noi dovrai ripagare il tuo debito."

Lì per lì mi spaventai, ma poi acconsentii senza ripensamenti, perché era molto tempo che desideravo quel tipo di liberazione e forse solo con loro sarei riuscita a togliermi quel grande peso dal petto.

"Certo, sì, sicuramente." Annuii con foga. "Sì, lo so."

"Gayaniya, non è uno scherzo."

"Nemmeno il mio problema lo è," ribattei a tono. "Non vi avrei mai chiamato per un motivo futile."

"Un conto è che tuo padre faccia parte di questo mondo, un conto è che -

"Sappiamo benissimo entrambi che potrebbe vendermi come una bestia da macello al primo offerente."

"Okay." Udii il suo respiro farsi pesante. "Vedo che non c'è nulla che potrebbe farti cambiare idea."

"Nulla." La mia voce non tremò nemmeno per un istante. "Ne ho davvero bisogno," ammisi.

"Allora sarò da te questo pomeriggio."

"Non voglio che Ivan lo sappia."

"Hai la mia parola." Chiuse il telefono.

Come Andrej mi aveva riferito al telefono, nel pomeriggio me lo trovai a bussare alla porta della mia camera, ma quello che non mi aspettai, fu la presenza del secondo fratello, quello biondo, che sembrava un bambino perennemente in overdose di zucchero.

"Prego." Cercai di sorridere e pregai che la mia espressione fosse seria e al tempo stesso convinta. "Entrate pure."

Andrej mi scrutò per un istante in più, ma poi entrò nella mia piccola stanza e così fece il biondo, che senza molte cerimonie si abbandonò sul mio letto. I dormitori e le stanze del dipartimento di arte non erano all'ultima moda come nel dipartimento di legge e la sua semplicità quasi strideva al confronto con i loro completi, i cappotti e le scarpe costose di cui i due Ivanov erano vestiti.

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora