VIII

7.4K 291 39
                                    

Gayaniya Preobrazhensky, Villa Ivanov, Mosca-Russia.

Continuavo a fissare al buio il soffitto e con lievi carezze pettinavo i capelli di Ivan, addormentato sul mio petto. Era così bello averlo vicino, così favolosamente appagante e confortante, che avrei firmato subito per rimanere in quella posizione a vita.

Scompigliai di nuovo quei soffici capelli castani dorato e mentre persi le dita tra i capelli, mi persi nel pensare a noi due: davvero sarei dovuta diventare la moglie della mia più grande cotta? Ero davvero promessa in sposa a questo bellissimo ragazzo?

Sospirai, incredula su come la fortuna avesse potuto girare dalla mia parte per una volta. Ivan, che fino a tre, quattro mesi prima lo ammiravo da lontano, ora dormiva beatamente tra le mie braccia come un bambino; un bambino che provava troppo e soffriva troppo per qualcosa di cui non aveva colpa e che -

"Gaya?" Borbottò contro la mia cassa toracica. "Sei ancora sveglia?" Biascicò sollevando la testa e sfregandosi gli occhi, per allontanare un po' il sonno dal suo cervello.

Nonostante la penombra, rimasi incantata a guardare quel ragazzo; quel ragazzo che sarebbe diventato, presto o tardi, speravo tardi ma solo per una questione di praticità, mio marito.

"Sì," ammisi con un sospiro e mi abbracciò ulteriormente, come se volesse appiccicarsi alla mia pelle, quasi fondersi con essa. "Sono sveglia."

"Ma, ma perché? Malishka?" Piccola.

Il mio cuore perse un battito per poi iniziare a tamburellare come un matto nella cassa toracica. Mi infusi un po' di tranquillità, perché se davvero fossi dovuta diventare sua moglie, non è che sarei potuta sobbalzare ad ogni diminutivo.

"Stavo pensando," sussurrai al buio. "Pensavo a tutto quello che è successo."

Gli accarezzai la schiena e mi ricompensò con un verso roco e basso, simile a quello di una pantera appagata; colpita, tolsi la mano immediatamente.

"No," mugolò e me la riposizionò sulla sua schiena, ma questa volta al di sotto della sua maglietta. "Continua."

Appoggiai il palmo sulla sua schiena bollente e iniziai a strusciargli le punta delle unghie dall'alto verso il basso; il corpo di Ivan si rilassò immediatamente e respirò con profondità.

"A cosa pensavi?" Mi sussurrò mezzo addormentato, appoggiando la testa tra il mio collo e la spalla, e incarcerandomi con la sua gamba destra contro di lui.

"Mh." Tentennai un po' prima di rispondere. "Il fatto che ci dobbiamo sposare, presto o tardi." Rimasi in silenzio per un secondo. "Diciamo che non era questo il futuro che mi sarei attesa per il duemilaventi." Lo sentii irrigidirsi e mi affrettai a continuare: "non è che ti stia dicendo che non voglio. Saranno due anni che ti sbavo dietro senza ritegno"—ridacchiò contro il mio corpo ed anche a me si aprì un sorrisino—"quindi, credimi, il farmi mettere l'anello al dito da te non è il problema principale, assolutamente, ma non me lo sarei mai aspettata, tutto qui. Voi siete una vera famiglia, io non l'ho mai avuta e non so come comportarmi, che cosa va fatto, quali siano i com-

"Pensi troppo," mi bisbigliò con un bacio sul collo. Il suo calore mi trasmise una scarica di adrenalina e senza pensarci mi avvicinai un po' a lui per trovare sollievo. "Un po' troppo, Gaya." Con lentezza il sonno stava abbandonando la sua voce e la sua mente iniziò a concentrarsi su un altro obiettivo. "Cosa ne dici di spegnere quella testolina?"

La sua mano giocherellò con l'orlo della maglietta che mi aveva dato in prestito come pigiama e risalì fino al mio ombelico.

"Mh." Sussultai quando il suo palmo si aprì e tutto il calore si trasferì sulla mia cute sensibile. "Mhmh."

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora