Gayaniya Preobrazhensky, Villa Ivanov, Mosca-Russia.
Avevo concluso la serie di addominali e gli esercizi per le gambe con le macchine da un po', ed era da ormai dieci minuti che tentavo di catturare l'attenzione di Ivan, concentrato a correre come un indemoniato sul tapis roulant: ecco dove si era andata a cacciare la colazione e le quattro mila calorie ingurgitate alle otto del mattino, ma vi era qualcosa che non andava, era troppo sulle nuvole.
Mi aveva sì e no spiegato gli esercizi al ritorno della sua seduta e tutto quello che avevo pensato di fare era stato concedergli un po' di spazio, perché non sapevo quali dettagli, ricordi o emozioni scaturissero da una seduta psichiatrica, ma più che triste o sofferente, mi sembrava stupito e quasi alienato.
Come se fosse successo... qualcosa? Come se avesse scoperto qualcosa di nuovo su se stesso.
"Ivan?" Mi avvicinai con lentezza, per evitare di farlo spaventare visto che aveva ancora gli auricolari nelle orecchie e la musica a palla. "Ivan?"
Sventolai una mano di fronte al suo viso e quando mi notò bloccò il tapis roulant tutto in una volta, rimase fermo a fissarmi con il fiatone e la carotide che pulsava così forte, che avevo paura gli scoppiasse il cervello, ma sembrò non curarsene.
"Tutto bene?" Balbettai perché d'un tratto non mi sembrava più una buona idea essere così vicina a lui. "Iva-
Saltò giù dall'attrezzo e si avvicinò a me senza parlare. Fui un tantino intimorita da quello sguardo determinato, ma cercai di rimanere salda con i piedi per terra, perché era Ivan e Ivan non mi avrebbe mai trattato male o fatto del male o chissà quale altra possibile stronzata il mio cervello avrebbe potuto immaginare.
Il suo movimento successivo mi colse assolutamente alla sprovvista, mi caricò sulle spalle e si fiondò nella parte della palestra in cui c'era la piscina, chiuse l'unica porta di accesso a chiave e mi riposizionò con i piedi per terra.
"Ivan, che diavolo stai facendo?"
Mi prese il viso tra le mani e si avvicinò così tanto, che fui in grado di vedere le stelle negli occhi azzurri.
"Avevo voglia di venire qui, perché quando lo faremo sul pavimento della piscina e ti dirò che ti amo"—mi toccò il labbro inferiore con le labbra e sorrise al mio stupore e shock—"voglio sentire la tua risposta rimbombare tra queste pareti non una volta, ma per tutto il tempo che sarai tra le mie braccia."
Rabbrividii dal desiderio e mi morsicai il labbro inferiore.
"M-Mi hai detto che mi ami?" Sussurrai incredula al ricordo della sua voce bassa e baritonale pronunciare proprio quelle due paroline.
"Già è così," mormorò sulle mie labbra. "Ma adesso non parlare o rovinerai la mia geniale idea partorita nella mezz'ora sul tapis roulant."
Sghignazzai e poi mi morsicai il labbro inferiore in trepidante attesa.
"Okay."
Non riuscii a smettere di sorridere e nemmeno lui quando si avvicinò con lentezza al mio viso e me lo prese a coppa, per poi chiudere definitivamente le distanze.
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Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4
ChickLit[COMPLETAMENTE REVISIONATA✨] Ivan Matvej Ivanov. Un ragazzo salvato per miracolo, una vita spezzata dalle oppressioni della propria società, uno spiraglio di luce in due occhi scuri.