XVII

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Gayaniya Preobrazhensky, Istoricheskaya Akademiya, Mosca-Russia.

"Su, Gaya! Su quella punta!" Urlò il maestro dalla platea. "Sì, così, più lunghe le braccia quando tieni lo Schiaccianoci, esatto." Applaudì con foga. "Esatto, così e pirouettes, di nuovo su e poi posa."

E la musica terminò. Presi un grosso respiro di sollievo. Quella variazione era davvero impegnativa. Andai dietro le quinte e mi asciugai il sudore dalla fronte.

"Signorina Preobrazhensky?"

"Sì?" Mi voltai verso un signore che era presente in platea, ma che non avevo riconosciuto. "Ha bisogno di qualcosa?"

Il signore si sistemò la giacca e notai la spilla con la scritta visitatore. Sfarfallai le palpebre e lo guardai con curiosità.

"Sono uno dei maestri del Bolshoi."

Impallidii e d'istinto mi sistemai il gonnellino. L'uomo scoppiò a ridere visibilmente divertito.

"Oh, signorina Preobrazhensky, non c'è bisogno, ho visto come ha lavorato sodo, non saranno di certo due ciocche fuori posto a farmi cambiare idea."

"A farle cambiare idea?" Mormorai, avvicinandomi al signore dai capelli scuri un po' intimorita. "In che senso?"

"Oh, sì, signorina, posso sicuramente dirle che se continua così il Bolshoi sarà interessato a lei."

"C-Come?"

L'uomo corrugò le sopracciglia. "Lei vuole ballare nella sua vita, no?"

"Oh, ma certo, certamente, non desidero altro per la verità." Esalai un grosso respiro e lo guardai in trepidante attesa. "Ho lavorato tantissimo per questo." Allungai un braccio verso il palco ancora illuminato dalle luci. "Per me sarebbe un sogno."

La sua espressione si addolcì un pochino e mi diede una pacca sulla spalla.

"Saprà farsi valere, signorina." Si tastò le tasche della giacca e ne estrasse una lettera. "Tenga questa." La presi con delicatezza e me la portai al petto. "È una lettera per un corso pre-selezioni della futura stagione. Spero di vederla presto, potrebbe partecipare come ospite a qualche rappresentazione." Mi strinse la mano. "Arrivederci signorina."

"A-Arrivederci," sussurrai sconvolta.

Attesi lì dietro fino a quando le luci sul palcoscenico si spensero e la porta si chiuse; respirai profondamente nel silenzio del teatro vuoto.

"Sei bellissima."

"C-come?" Mi voltai verso i gradini in legno che portavano alla platea e sorrisi ad Ivan. "Sei ancora qui? Pensavo che avessero chiuso."

Mi avvicinai.

"Hanno chiuso." Stirò le belle labbra in un ghigno compiaciuto. "Ma a quanto pare ho scoperto che ti piace rimanere sul palco dopo l'ora della chiusura." Mi accarezzò le braccia con i palmi delle mani. "È un'abitudine?"

Corrugai le sopracciglia e pensai a ciò che mi aveva appena riferito, e la mia bocca si spalancò all'istante quando compresi.

"Eri tu alla sala macchine?" Sollevai il mento ed incontrai i suoi due occhi azzurri. "Eri tu quella sera."

"Ero io." Annuì e con un sorrisino mi prese la mano destra. "Vieni." Mi feci trascinare al centro del palco con un punto interrogativo stampato a caratteri cubitali sulla fronte. "Che vuoi fare?" Mi allascai quando sollevò il copri tasti del bel pianoforte a coda. "Ivan?"

"Suonare." Scrollò le spalle e si accomodò sullo sgabello.

"Sai suonare?" Ero al centro del palco e lo fissavo con puro sgomento. "Tu sai suonare il pianoforte?"

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora