III

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I congiuntivi dei bambini sono sbagliati apposta :D

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Ivan Matvej Ivanov, Istoricheskaya Akademiya, Mosca-Russia.

Da quando ero tornato in camera mia fissavo quel maledetto cellulare senza agire e stavo perdendo la testa; dopo il mio crollo, Lily Rose mi aveva spiegato che, se avessi voluto, sarei stato pronto per poter affrontare anche Gayaniya e onostante la gioia iniziale, avevo scoperto essere un codardo.

In quelle settimane non l'avevo lasciata in disparte, non l'avevo dimenticata, perché avevo saputo che prima sarei dovuto venire a patti con me stesso e poi interfacciarmi con un'altra persona; quindi avevo rispettato la sua vita in Accademia, perché non avrei potuto decidere di impegnarmi con una ragazza, quando a stento riuscivo a non annegare io stesso.

Era stato proprio per questo motivo che non l'avevo più sentita e adesso non sapevo che diamine scriverle: ciao come stai? Sembrava fin troppo patetico; tutto bene? Nemmeno due adolescenti al primo ballo; spero che tutto stia andando per il meglio, patetico come Vasiliy.

Sbuffai e appoggiai il telefono sul comodino, per poi riafferrarlo velocemente.

Ti penso.

Lo scrissi così di getto, che quando lo inviai sull'applicazione di messaggistica istantanea dovetti fissarlo per un paio di minuti come uno stoccafisso. In un moto di codardia, disattivai i dati al telefono e mi buttai sul letto. Non avrei mai atteso come una femminuccia attaccata al telefono e per questo lo spensi.

"Ziooo!"

E fortunatamente non avrei dovuto pensarci granché, perché Aleksei si lanciò con uno scatto fulmineo sul letto. Lui ed Erin erano gli unici bambini che scorrazzavano attivamente e senza tregua nella villa; per la verità, erano dei veri combina guai, a volte non riuscivo a capire come Reginald potesse anche solo mantenere la calma per più di due ore consecutive e per fortuna che gli altri avevano solo tre anni e alle nove crollavano come dei sassi, se no questa casa sarebbe sicuramente esplosa.

"Aleks?" Lo presi al volo per la collottola prima che potesse rotolare giù dal materasso. "Sono le dieci, perché sei ancora sveglio?"

Si intrufolò dentro le coperte con qualche sghignazzo e poi riemerse con i capelli tutti spettinati ed un ghigno degno di Dimitri.

"Perché mamma e papà pensano che io dormo." Si appoggiò bene sul cuscino e mi sorrise. "Ma io non ho sonno."

"Dovresti dormire, Aleks." Gli pettinai i capelli all'indietro. "Se no come fai a diventare grande e forte?"

"Nooo." Scosse la testa con forza. "Io voglio stare con zio!" Sorrise con entusiasmo. "E sono già molto grande e forte."

Sollevò un braccino e glielo taccai.

"A me sembri debole come una mozzarellina."

"Nooo, non ho sonno io."

"Ma lo zio deve dormire però," sospirai e lo abbracciai. "Allora, visto che sei così deciso a farmi stare sveglio, almeno dimmi perché eri in giro?"

"Shhh."

Si sollevò a sedere come se stesse aspettando qualcuno, e con estrema puntualità la porta della mia stanza si spalancò per la seconda volta, dando spazio ad Erin con un tenero pigiama azzurro e i capelli biondi tutti arruffati sulla testa.

"Avete preso la mia stanza per un pigiama party?" Mi lamentai soffocando una risata. "Vieni anche tu, Erin."

Ed anche l'altra mia nipote si nascose tra le coperte, iniziando a confabulare con il cugino.

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora