Ivan Matvej Ivanov, Villa Ivanov, New York.
Era il venti dicembre, quasi un mese dopo il mio ultimo incontro clandestino; quasi un mese che non dormivo con Gayaniya, quasi un mese che non la sentivo: se ne erano occupati i miei fratelli, le avevano spiegato tutto e mi vergognavo come un ratto, ma Dimitri mi aveva assicurato che lei aveva compreso e che mi aveva augurato una pronta guarigione.
Ma io non volevo nessun augurio da lei, io volevo la sua fottuta presenza nella mia nuova stanza vuota, volevo abbracciare il suo corpo in quella casa piena di urla giocose; avevo bisogno del suo calore, della sua dolcezza e della sua positività in quella villa che mi faceva male al petto, perché per colpa della dottoressa Lily Rose era una settimana che quei dannati sentimenti continuavano a bussare incessantemente alla mia cassa toracica ed iniziavo a comprendere come un essere umano potesse arrivare a percepire più sentimenti contrastanti alla volta.
Un totale spreco di energie. Un doloroso spreco di energie a quel punto del mio percorso.
"Avanti," riposi dal letto, quando due secchi colpi si riverberarono contro la porta.
"Ivan, sono Andrej, posso?"
Ma ormai aveva già schiuso la porta e mi bastò annuire. Ero sdraiato nel letto con le tapparelle leggermente sollevate, per evitare che luce del giorno entrasse ad illuminare la mia stanza, ma almeno ero riuscito a crearmi una discreta penombra.
Ero stato così tanto tempo nell'oscurità, che abbandonarla istantaneamente mi provocava quasi un dolore fisico e quindi avevo optato per andare per tappe.
"Volevo solo chiederti come andava."
Fissai mio fratello quasi sbigottito: Andrej era l'uomo dei gesti pericolosi e impulsivi, della freddezza e letalità, non della comprensione; quello era Dimitri, forse in parte Mikhail, anche se lui era più da gesti eclatanti e overdosi di caffeina, ma non di certo il freddo Andrej.
"Meglio," mugugnai girandomi su un fianco ed avvertendo un ennesimo tuffo al cuore. "Ma ho deciso di non vedere più Lily Rose."
Mi spostai sul cuscino e udii un sospiro provenire da mio fratello.
"Sai che non puoi."
"Sta diventando difficile," sputai fuori. "Inizio a sentire... troppo... e non voglio."
Andrej si avvicinò e mi accarezzò la schiena; per la prima volta mi lasciai consolare e un potente sentimento caldo e confortante dilagò nel mio cuore dilaniato dalla paura di provare, sentire e soffrire ancora, ma cercai di contrastarlo con forza.
"È normale, Iv." Con estrema cautela si sdraiò di fianco a me e, ancora una volta, lasciai che Andrej penetrasse nella mia bolla di solitudine. "È normale."
"Non voglio sentire, Rej." Mi sentii un bambino che si era appena svegliato da un incubo e correva nella camera dei propri genitori per illudersi di avere una qualche protezione contro il mostro. "Non voglio, sentire fa soffrire, ed io non voglio più soffrire." Chiusi gli occhi con forza e deglutii il pianto che mi raschiava la faringe con prepotenza. "Ho... paura."
E Andrej, l'Ivanov dal cuore di ghiaccio, non riuscì più a mantenere salda la sua maschera, mi abbracciò di slancio e mi strinse a sè.
"Non permetterò mai più a nessuno di farti del male, Ivan, nemmeno a te stesso. Tutti noi abbiamo sbagliato una volta e non lo faremo mai più, che tu ci creda o no siamo distrutti anche noi da tutto questo."
Mi aggrappai alla felpa di mio fratello e mi crogiolai nel suo calore.
"Non è stata colpa vostra, Rej. So che non ero semplice da trattare, ma-
STAI LEGGENDO
Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4
ChickLit[COMPLETAMENTE REVISIONATA✨] Ivan Matvej Ivanov. Un ragazzo salvato per miracolo, una vita spezzata dalle oppressioni della propria società, uno spiraglio di luce in due occhi scuri.