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Gayaniya Preobrazhensky, Istoricheskaya Akademiya, Mosca-Russia.

Ero accaldata, bollente, imbarazzata, ma non mi importava; volevo che mi baciasse e mi toccasse, volevo che la mia audacia fosse ricompensata e quando le labbra di Ivan si appoggiarono sulle mie, esplosi. Il mio corpo si frantumò per poi ricomporsi, mescolarsi e unirsi in maniera differente dal precedente. Ero un caleidoscopio di emozioni e sensazioni. I fuochi di artificio a capodanno. Polvere da sparo pronta ad incendiarsi.

"Gaya," sussurrò sulle mie labbra prima di prendermi il viso tra le mani e ricominciare a baciarmi.

Lentamente e senza urgenza.
Mi aggrappai alla sua maglietta e lui mi baciò il labbro superiore.
Il labbro inferiore.
L'arco di cupido.
Gli angoli delle labbra.
Senza mai lasciare il mio viso, senza lasciare che andassi incontro all'autocombustione e all'oblio.

Era delicato, così delicato che aveva paura di rompermi; così delicato che sembrava pensare fossi costruita da piccoli pezzetti di vetro prezioso.
E io faticavo a pensare.
Faticavo a respirare.
E poi cambiò.

"Oh, cielo," mormorai senza fiato.

Mi baciò di nuovo, ma questa volta con più urgenza, più intensità, come se morisse dalla voglia di avermi e a me sembrò così impossibile, così surreale, che persi completamente la cognizione di me stessa.

Percepii le sue labbra sul mio collo e le sue braccia mi cinsero la schiena, mi avvicinò più a lui, al suo petto e all'improvviso me lo trovai sopra di me. Fui schiacciata contro il materasso, ma non mi importò. Feci vagare le mani sui suoi addominali, al di sotto della maglietta del pigiama ed Ivan mi bloccò.

"Gaya." La sua voce era roca: un sussurro estremamente caldo contro il mio padiglione auricolare. "Gaya."

"Mh?" Mormorai con le labbra in fiamme e gli occhi semichiusi.

"Gaya, Gaya, non posso." Si abbandonò con una parte del peso sopra di me e la sua fronte si appoggiò contro la mia spalla. "Non posso," mormorò e poi mi regalò un piccolo bacio sul collo.

"Non puoi?" Domandai instupidita e bloccata dal suo caldo peso; per niente infastidita dalla sua presenza sopra di me e non sapendo quale comportamento assumere, lo abbracciai con le mani tremanti. "E perché?"

"Non sarei meglio di tuo padre."

"Non saresti meglio di mio padre?" Ripetei come un pappagallo con la bocca secca e la mente ancora ferma ai suoi baci. "Che vuol dire?"

"No." Mi accarezzò le guance bollenti e avvertii il suo sorriso contro la stoffa della maglietta che mi aveva prestato per quella notte. "Per niente meglio di tuo padre."

"E perché mai?"

"Perché nella società in cui sei entrata a far parte, se un ragazzo dovesse..." Lasciò la posizione sopra di me e si spostò di lato, riprendendo fiato. "Averti per la prima volta, dovrebbe sposarti."

"Che cosa?!" Mi sollevai di scatto dal letto e per poco non lo feci cadere dal materasso. "Mi stai dicendo che se dovessi andare a letto con un ragazzo per la prima volta, dovrei sposarlo?"

Parlai con così tanta fretta che mi chiesi come non mi accartocciai la lingua.

"È esatto," rispose Ivan con cautela. "Proprio così."

"Sì, ma ho quasi diciotto anni potrebbe anche essere che non sia più vergine."

"Non sei vergine?" Mi si avvicinò quasi con sgomento. "Gaya, non sei vergine?"

"Non credo siano affari tuoi." Dalla mia posizione seduta, incrociai le braccia sotto al seno irritata. "Cosa succederebbe se non lo fossi?"

"Te l'ho detto, dovresti sposarti con il ragazzo, che ovviamente dovrebbe far parte della mafia."

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora