VII

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Gayaniya Preobrazhensky, Villa Ivanov, Mosca-Russia.

"Quindi fatemi capire," disse Mikhail con enfasi. "Il Papa decide di schiaffeggiare una signora orientale e scoppia una pandemia, un gruppo di ragazzi gioca con la scopa e il virus dilaga, io mi sposo e devo stare chiuso in casa con questi zucconi per un tempo imprecisato?" Prese al volo Vanja che cercò di sollevarsi in piedi dalle ginocchia di Ariel, per allungarsi verso suo padre. "Che anno da dimenticare, tranne per te carotino."

"Mik." Lo riprese Ariel con espressione sognante. "Per favore."

"Dimmi, rossa."

"Chiamalo Vanja."

Ascoltavo quelle conversazioni con scarsa attenzione, perché ero così ammaliata dall'atmosfera che regnava nella casa, da non riuscire a concentrarmi su altro: i due bambini, Gennady e Ella, erano sdraiati sul tappeto e giocherellavano con qualche pupazzo; Aleksei si era seduto tra Dimitri e Ivan, accartocciandosi su quest'ultimo; Fillip era in braccio a Maria, ma costantemente controllato dallo sguardo premuroso di Dimitri, che lo solleticava e Andrej, quello strano fratello Ivanov che sembrava scolpito nel ghiaccio, stava intrecciando i capelli di Erin con un sorrisino da ebete stampato sul viso.

"Ma per quanto?" Domandò Ariel a Lily.

"Non lo so," rispose intenta a studiare lo schema che era stato proiettato in televisione.

"Che ne dici, Elle?" Mikhail si girò verso di lei con un sorriso da bambino combinaguai. "Occupiamo il tempo in maniera proficua?"

"Con il cavolo, Mikhail." Rise la rossa con gusto. "Un solo figlio mi basta."

Andrej sghignazzò e Dimitri si passò una mano tra i capelli.

"Che non vi venga in mente di aggiungere pannolini alla tribù."

"Parli tu." Maria gli diede una gomitata e sorrise ai suoi figli. "Non sei credibile."

E tutti scoppiarono a ridere, ma fu solo molto tempo dopo che mi ritrovai di nuovo da sola nella stanza di Ivan.

"Dovrei tornare a casa." Sospirai e persi lo sguardo oltre alla finestra. "Non posso stare qui."

"No."

"Ivan, non è giusto che i tuoi fratelli si prendano anche me a carico, con tutti quei bambini piccoli sarebbe uno sbaglio. Io stessa non so se sono stata contagiata." Scossi la testa. "Non è giusto e lo sai."

"Tutti noi siamo usciti in questo periodo, Gaya." Ivan si sistemò la felpa bianca e mi guardò. "Saremmo comunque a rischio a giudicare dal quadro in televisione."

"Ma sono un'estranea," borbottai. "Non faccio parte della famiglia."

Si accasciò sul materasso e mi guardò con un sopracciglio sollevato.

"Siamo andati a letto insieme."

Roterai gli occhi al cielo. "Sì, lo so, Ivan, eravamo in due." Corrugai le sopracciglia. "Ma cosa c'entra questo?"

"Gaya"—si stropicciò il viso a disagio—"per la nostra società ti ho già spiegato che i ragazzi vanno a letto solo se intenzionati a sposarsi."

"Sì." Scrollai le spalle. "E allora?"

"E allora"—disse con estrema calma, quasi per non farmi spaventare—"noi due, secondo la nostra società, dovremmo sposarci."

Lo fissai a bocca spalancata: giusto e chi ci aveva più pensato?

"Ma, ma abbiamo solo diciotto anni, e, e non abbiamo nemmeno terminato la scuola e ..."

"Mikhail e Ariel sono andati a letto insieme e due settimane dopo si sono sposati, nonostante Ariel non fosse stata molto contenta all'epoca. Per dovere di cronaca, avevano anche loro diciotto anni."

Resilienza | THE NY RUSSIAN MAFIA #4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora